(PAROLE A LAVORO) di Alessandra Amoruso. “Esiste tutta una fascia di giovani, tra i 15 ed i 24 anni, che per l’Istat sono un numero (a dicembre 2019 il 28,9 del totale della relativa fascia di età) e per l’Europa e le politiche attive del lavoro nazionali sono i c.d. NEET (Not in Education, Employment or Training). Il Neet è un giovane che non studia, non lavora e soprattutto non cerca lavoro. In poche parole è un giovane che ha smesso di sognare e che, tuttalpiù, ha paura di rimanere disoccupato a vita. Soprattutto se proviene da aree geografiche e famiglie svantaggiate.
I NEET, in tutta Europa, sono destinatari principali delle misure previste dal programma GARANZIA GIOVANI che finanzia, con fondi europei, azioni di orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro e tirocini. Un intervento dedicato che tuttavia, almeno in Italia, ha tardato, ancor prima del Covid, a tradursi in un efficace azione di riduzione della distanza tra i giovani ed il lavoro. Fallendo in particolare proprio sui due obiettivi principali:
- Consentire ai giovani coinvolti di recuperare la consapevolezza di sé e del proprio futuro (cosa voglio fare da grande), obiettivo di una qualsiasi attività di orientamento;
- Diffondere l’altrettanto fondamentale consapevolezza di “potercela fare” in Italia, nella propria regione, se non addirittura (per estremizzare il concetto) nel proprio quartiere.
Cosa ha impedito questo risultato?
Non la partecipazione giovanile al programma, che pure ha registrato una importante crescita, quanto la mancanza diffusa, tra tutti gli operatori del programma, di una precisa e forte volontà di protagonismo nella progettazione/programmazione degli interventi. Programmazione e programmazione che avrebbero dovuto svolgersi in linea con le potenzialità, ricchezze e prospettive di sviluppo di un’area geografica piuttosto che di un’altra.
Certo, questo avrebbe comportato gradi più alti di interlocuzione tra tutti i soggetti, attuatori e realizzatori, del Programma, ma di contro avrebbe reso gli interventi coerenti con i bisogni professionali delle economie territoriali, avrebbe portato ad una maggiore partecipazione ai tavoli di progettazione e di decisione, inevitabilmente avrebbe spinto in su l’asticella dell’efficacia di questo tipo di azioni.
Senza la declinazione locale delle misure di cui disponiamo si corre il rischio, a parità di spesa dei fondi europei, di replicare modelli del tutto avulsi, se non addirittura contrari, in alcuni casi, alle necessità dello sviluppo locale.
La situazione è tanto più attuale in questo post covid (sperando che il post non si ritrasformi), che ha portato e porterà profondi cambiamenti nella composizione e definizione della forza lavoro che strategicamente dovrebbe accompagnare le imprese nella ripartenza.
L’auspicio sarebbe quello che in questa fase, che vedrà chiudersi in Puglia tra qualche mese la prima importante “sperimentazione “ della misura GARANZIA GIOVANI, nel tentativo di rilancio di questo strumento importantissimo per i nostri giovani ma anche per le nostre imprese, si ripensasse anche all’importanza di un dialogo tra le parti interessate ed a loro modo destinatarie di questi interventi, utile a ridefinire l’utilità e l’efficacia delle azioni di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro in essa previste.
Bisogna spingere i nostri giovani a seguire i propri percorsi, che non necessariamente devono essere di studio, immaginandosi che il lavoro possa stare anche dietro l’angolo. E restituire dignità al sogno tanto più se legato, a doppio nodo, al desiderio di non abbandonare la propria terra.
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