BRINDISI – (da il7 Magazine. Foto repertorio) L’obiettivo è quello di ridurre le forniture di gas da Mosca, e aumentare l’autonomia energetica. Il governo nazionale nei suoi ultimi giorni in carica studia le strategie per affrontare la crisi del gas, che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese italiane. La situazione per l’imminente inverno si prospetta alquanto critica. Si va verso un aumento della produzione nazionale di energia, e di ripresa dell’estrazione di gas naturale. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sta lavorando ad un provvedimento in cui sono previsti incentivi alle aziende per estrarre più gas. Questo per favorire l’estrazione in mare aperto, tra Mar Adriatico e canale di Sicilia, dove sono presenti almeno la metà delle riserve nazionali di idrocarburi. In poche parole si pensa a degli incentivi per facilitare e invogliare gli operatori delle trivelle. Gli incentivi sarebbero destinati a giacimenti già attivi da potenziare, o quelli che potrebbero essere riattivati. Al momento sembra esclusa l’ipotesi di permessi per nuove esplorazioni. Per nuove perforazioni ci vorrebbe troppo tempo, i tecnici parlano di almeno 3 anni, mentre per riattivare un pozzo esistente si impiegherebbe al massimo 8 mesi. In questa ottica potrebbe essere riattivata la piattaforma di estrazione di Eni, a largo di Brindisi, l’unica autorizzata in Puglia. In Italia i giacimenti di gas naturale si troverebbero nel Mar Adriatico, ma la maggior parte delle piattaforme autorizzate si concentrano al nord e al centro. Da anni anche la Puglia è interessata all’attività di ricerca di idrocarburi in mare. E sono in corso alcune operazioni a largo della sua costa. Sino ad oggi una sola piattaforma risulta autorizzata, ed è l’unica che ha la concessione per l’attività di estrazione. Questa si trova a largo di Brindisi, a 50km dalla costa. Si tratta di campo Aquila, una piattaforma risalente al 1995, gestita da Eni che ha ottenuto la concessione per la coltivazione (estrazione) di olio greggio. Rientra nella tipologia “testa pozzo sottomarina”. È un pozzo produttivo, ma non erogante. Eni, nella stessa zona gestisce anche 2 pozzi per l’estrazione di olio greggio, non allacciati e non eroganti, ma comunque produttivi. Secondo i tecnici regionali la Puglia non sarebbe particolarmente coinvolta dal nuovo provvedimento del governo visto che l’unica concessione è quella di Eni. Ma questa potrebbe comunque decidere di riattivare i tre pozzi autorizzati con il funzionamento della piattaforma di campo Aquila. I nuovi incentivi potrebbero essere appetibili per la società. Che a Brindisi ha già importanti investimenti.
La Regione Puglia in merito alle trivellazioni in mare si è sempre opposta, impugnando anche in tribunale le autorizzazioni ottenute da alcune società per l’attività di ricerca. L’assessorato regionale all’Ambiente, guidato dall’assessora Maria Grazia Maraschio (vendoliana), punta sulle rinnovabili, e in particolare sull’eolico off-shore. L’assessora chiede al ministero di regolamentare e governare questa fase. <Riteniamo che anche solo l’attività di ricerca per il nostro mare sia dannosa – spiega l’assessora regionale all’Ambiente, Maria Grazia Maraschio – Comprendiamo che questo è momento di transizione, ma va governato. Serve un piano industriale sulle rinnovabili, oggi assente a livello ministeriale. Il ministro deve individuare delle aree idonee per gli investimenti. Ora stiamo assistendo alla semplificazione delle procedere ma senza un indirizzo>. Negli ultimi sei mesi in Italia sono stati prodotti 1.703.812.019 smc di gas naturale, la metà provenienti da pozzi a mare. Per ora la Puglia ha contribuito solo in pochissima parte con i propri pozzi a terra che si trovano nel Foggiano.
Nel dettaglio oltre alla piattaforma Eni, in Puglia sono stati rilasciati 4 permessi di ricerca: due nel mare Adriatico e due nel mar Ionio. Le attività di ricerca nell’Adriatico sono di Northern Petroleum, mentre Global Med ha i permessi nello Ionio. Le istanze di ricerca presentate, che non hanno ancora ricevuto l’autorizzazione, sono invece cinque: quattro nel mare Adriatico, e uno nel Golfo di Taranto. In Adriatico l’operatore è Global Petroleum, nel Golfo di Taranto è Aleanna Italia.
Intanto la Puglia sta già fornendo un grande apporto contro la crisi energetica attraverso il gasdotto Tap, che approda sulla spiaggia di Melendugno a San Foca, e attraverso la rete Snam arriva in contrada Matagiola, tra Brindisi e Mesagne, dove avviene l’immissione nella rete nazionale. Dopo il conflitto in Ucraina il trasporto di gas da parte di Tap è aumentato. La società prevede di chiudere il 2022 con 2miliardi e mezzo di metri cubi in più rispetto alla scorso anno, quando il gas trasportato è stato di 7miliardi di metri cubi. In base all’andamento di un market test (incrocio tra domanda e offerta) che è stato avviato nel 2021 Tap deciderà se ampliare l’infrastruttura. E visto l’attuale andamento è molto probabile che si procederà verso questa politica. L’ampliamento non prevede la realizzazione di una nuova tubazione, ma l’aumento della capacità di compressione del gas all’interno dello stesso tubo, che ora può trasportare al massimo 10 miliardi di metri cubi all’anno. Se si dovesse realizzare il famoso raddoppio, caldeggiato da una parte della politica, questo comporterebbe la costruzione di due centrali di compressione, uno in Grecia, e l’altro in Albania, che si aggiungerebbero alle due già esistenti nella stessa zona. In Italia a Melendugno non sono previste nuove costruzioni, le modifiche si concentrerebbero nello stesso attuale perimetro dell’impianto, dove sarebbero realizzati degli adattamento all’attuale terminale che dovrebbe aumentare la sua capacità per accogliere nuovi volumi di gas.
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