BRINDISI- (Da Il7 Magazine ) Bimbo di tre mesi con febbre alta e positivo al Covid lasciato per oltre dieci ore nel parcheggio del pronto soccorso in attesa di una visita. E’ stata costretta a telefonare ai carabinieri e alla Questura la mamma di un bimbo di appena tre mesi, che dalle 11 del mattino sino alle 20 di sera ha atteso in macchina nel parcheggio interno dell’ospedale Perrino, prima di ricevere assistenza. Senza un biberon di latte o un termometro per misurare la febbre, è rimasta con il suo piccolo tra le braccia sino a sera. La sua odissea è cominciata alle 10 di martedì mattina, 4 gennaio, quando ha portato il figlio al drive in dell’ospedale Perrino di Brindisi. “ Poco prima avevo chiamato la pediatra perché mio figlio non stava bene- racconta- aveva la febbre alta ed era insofferente. Con il medico abbiamo valutato molto attentamente la situazione. A settembre il bambino aveva avuto una brutta bronchiolite e temendo il peggio mi è stato detto che la soluzione migliore era portarlo in ospedale per fare il tampone e verificare lo stato dei polmoni. Così ho fatto”. La donna arriva nel drive in dell’ospedale alle 10 del mattino ed attende più di un’ora prima di poter fare il tampone. “Sono andata da sola, con la mia auto- racconta- perché mio marito era a casa con un altro bimbo di sei anni. Quando sono arrivata i medici che erano alla porta mi hanno fatta aspettare oltre un’ora per il tampone perché dicevano che c’erano problemi. Hanno fatto il test alle 11.30 ed ho avuto il risultato alle 12.49”. Il tampone risulta positivo, il bimbo ha il Covid e come protocollo prevede, la madre viene invitata ad entrare nel parcheggio interno dell’ospedale e a sostare in un’area adibita ai pazienti positivi. Qui resta in auto dalle 13 sino alle 21. “E’ stato un incubo- dice- in auto da sola con un bimbo di tre mesi. Non avevo il biberon per il latte, un termometro per misurare la febbre”. Passano così le ore e la cosa più grave è che nessun sanitario si affaccia nel parcheggio a monitorare le condizioni del piccolo. “Ho aspettato con mio figlio tra le braccia e man mano la temperatura fuori scendeva e l’umidità si faceva sentire -dice la donna- ho chiamato con il cellulare più volte l’ospedale per ricordare a qualcuno che noi eravamo fuori ad aspettare. Ma nulla, non mi rispondevano. Ho chiamato anche a casa per farmi portare un termometro e del latte per il bambino. E’ stato scoraggiante perché non sapevo cosa fare e temevo che mio figlio potesse stare male. Se avessi potuto me ne sarei andata a casa ma il protocollo, mi avevano detto, prevedeva che una volta entrati con il bambino positivo non potevo andare via se non mi davano le dimissioni e la terapia. Peccato che per oltre dieci ore nessun pediatra si è fatto vedere ed ha visitato mio figlio”. La donna resta così nel parcheggio talvolta seduta in auto, talvolta in piedi davanti all’ospedale cullando il bambino che piangeva nel passeggino. “Ad un certo punto non ce l’’ho fatto più- dice- ho chiamato i carabinieri. Ho chiesto aiuto, dicendo che mio figlio stava male ed eravamo in un parcheggio da ore senza in medico disponibile a visitarlo. I militari mi hanno risposto che non potevano fare altro che sollecitare con una telefonata il pronto soccorso”. Nel frattempo accanto a quella mamma si accodano altre auto con bambini piccoli che come suo figlio erano risultati positivi al Covid. “E’ stato uno strazio- racconta- c’erano altri bimbi in auto che attendevano da ore come me. Un papà per tener caldo la figlia in auto ha tenuto acceso il riscaldamento sino a quando la batteria della vettura non si è scaricata. E’ stato assurdo. Nessuno ci ha considerato e dire che avevamo tutti bambini molto piccoli con febbre. Mai e poi mai mi sarei aspettata di restare lì in quelle condizioni se avessi potuto mi sarei rimasta a casa ma temevo che mio figlio, visti i trascorsi, potesse avere delle complicanze”. La donna chiama ben due volte il centralino dei carabinieri e un’altra volta anche la Questura nell’estremo tentativo di fare intervenire qualcuno. “Sarebbe bastato che ci avessero messo in una stanza qualsiasi, al caldo- dice-piuttosto che lasciarci fuori all’aperto con l’umidità della sera”. Dopo mille segnalazioni e telefonate alle 21 nel parcheggio dell’ospedale si affaccia un’infermiera che invita i genitori e i bambini ad entrare in una piccola stanza del pronto soccorso. “Mi hanno detto che non dovevo muovermi, che stavano lavorando e che dovevo stare a posto mio perché mio figlio aveva il Covid- dice- il bambino era irrequieto e continuava a piangere. Dopo tante ore era impossibile calmarlo. Avrei buttato giù le porte se avessi potuto, è stato uno strazio vedere mio figlio in quelle condizioni”. Una volta chiusa in quella stanzetta la mamma e suo figlio sono stati sottoposti nuovamente a tampone. Solo dopo cinque ore , a mezzanotte e cinquanta, per la precisione, si presenta il medico per visitare il bambino. “Ha letto il referto, ha controllato i parametri vitali dopo di ché mi ha proposto il ricovero- dice- ma ho rifiutato. Trattandosi di Covid non mi ha dato alcuna terapia, ho firmato i documenti e ci hanno dimesso”. Dall’arrivo in ospedale, alle 10 del mattino, sino all’ora delle dimissioni, 1.40 della notte, sono trascorse quasi diciassette ore, dieci delle quali, tra l’altro, trascorse in un parcheggio senza alcuna assistenza medica. Una storia che ha dell’incredibile se si pensa che nel frattempo in quell’auto poteva davvero accadere di tutto. Un bimbo di soli tre mesi in balia della febbre alta e del Covid, lasciato da solo con la sua mamma nella speranza che qualcuno potesse occuparsi di lui. “La cosa assurda è che nessuno in tutte quelle ore, nonostante i miei solleciti, si sia preoccupato anche solo di vedere se avevamo bisogno di qualcosa. Nessuno è venuto mai a controllare i parametri vitali del bambino o a misurare la febbre- dice- mi sono sentita abbandonata. Non sono una mamma particolarmente apprensiva o fissata con il medici. Ma capisco quando c’è bisogno di un intervento sanitario. Se non avessi valutato la situazione con la mia pediatra non sarei mai andata in ospedale con tanta leggerezza. So bene che siamo in un periodo di emergenza e sicuramente ci sono tanti casi gravi nel pronto soccorso senza contare la presenza del virus, ma mio figlio stava male ed era necessario un consulto medico serio, mai mi sarei aspettata di restare tante ore così senza alcuna assistenza”. La donna ha annunciato che denuncerà quanto accaduto al Tribunale per i Diritti del Malato.
Il bello di tutto che l’efficienza di nn organizzato, viene promosso!!!
I carabinieri che rispondono così ne vogliamo parlare ? Avrei voluto vedere se poco si trattasse di un figlio loro
Mi lascia basito questa notizia! Provo indignazione e rabbia per i medici e gli infermieri del nosocomio brindisino. L’organizzazione è pessima nonostante due anni di convivenza con il covid. È pura cattiveria lasciare bambini malati al freddo!!! Mi hanno commosso le parole e il coraggio di quella madre e degli altri genitori ai quali va tutti il mio apprezzamento. Deve intervenire la Procura della Republica! Ci sono, a mio avviso, gli estremi di reati penali. Immaginiamo cosa sarebbe successo se solo un bambino fosse venuto anmancare. Nemmeno un po’ di pietà in questo mondo di “welfare state”…
Fa benissimo!!!!!!! E che adesso hanno anche la “scusante” covid …come se non fosse sempre stato così!!!!! Però gli applausi come piacciono ai signori… peccato che nessuno riprenda tutto ciò che accade davvero e che fanno ” gli angeli” dell’ospedale!!!! Aver paura che ci succeda qualcosa per dover andare al PS…. ASSURDO