
BRINDISI – Un buco di circa 200mila euro è emerso, nei mesi scorsi, nei conti del laboratorio analisi d’urgenza dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi. La scoperta dei presunti ammanchi risalirebbe a qualche tempo fa e da allora l’azienda sanitaria locale, l’eventuale parte lesa nella vicenda, ha aperto un’inchiesta interna per capire le possibili responsabilità e tutelarsi da ogni punto di vista. A finire nel mirino dell’indagine è stato Antonio Monetti, ex consigliere comunale del Partito Democratico, fresco di nomina a titolare dell’assessorato all’ambiente e direttore del laboratorio analisi d’urgenza dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi. In pratica, l’unità presso cui Monetti presta servizio avrebbe effettuato esami clinici a pazienti che non possedevano i requisiti per ottenerli.
Il laboratorio d’urgenza, infatti, è titolato a effettuare esami e analisi solo da richieste provenienti dal pronto soccorso o dai reparti e, quindi, da pazienti ricoverati le cui condizioni determinano l’urgenza dei tempi brevi e brevissimi. La situazione emersa dalle segnalazioni, invece, vedrebbe un canale parallelo che garantiva a un nutrito gruppo di persone, di cui si conoscerebbe anche l’identità e le varie provenienze geografiche e non solo, che non risultava né in transito al pronto soccorso, né in un letto di uno dei reparti dell’ospedale. «Siamo a conoscenza della faccenda – spiega Stefano Rossi, direttore amministrativo dell’azienda sanitaria locale – per questo abbiamo aperto da tempo un’istruttoria mirata a fare luce su questo aspetto, con tutti i controlli necessari in queste situazioni, e, in più, abbiamo chiesto i dovuti chiarimenti al dottor Monetti. Al momento stiamo attendendo gli esiti della procedura interna e la ricostruzione del direttore, fino ad allora, però, non potremo trarre alcuna conclusione».
Garantismo, dunque, dettato anche da un precedente che si è chiuso con un esito diverso da quello ipotizzato: in passato, un’altra volta si sarebbe verificato un simile episodio, pur dalle dimensioni, almeno numeriche, decisamente inferiori. A seguito, anche in quel caso, dei controlli, emerse che era stato il sistema informatico a rendicontare male gli esami erogati e che i pazienti che comparivano nella lista erano tutti in diritto di ricevere le prestazioni cui si erano sottoposti. Questa volta, vista l’ingente somma in ballo, la cautela è d’obbligo e nessuno vuole sbilanciarsi sul possibile epilogo professionale, giudiziario e politico della questione. Oltre l’istruttoria in corso disposta dai vertici Asl, eventuale parte offesa, ci sarebbe, infatti, anche un esposto depositato presso la Procura del Tribunale di Brindisi che sarebbe già al lavoro sul caso.
Anche la tempistica con cui si è resa nota la notizia potrebbe celare più d’un tranello teso al dottor Monetti. Se qualcuno sapeva, ha tenuto ben nascosta la cosa per diverso tempo prima di farla trapelare, qualche ora dopo la nomina della nuova giunta di cui Monetti fa parte, nei corridoi di Palazzo di Città. L’ultimo spunto di riflessione del direttore amministrativo dell’Asl, comunque, è dedicato alla proverbiale “altra faccia della medaglia”. «Volendo prendere quel che di buono può venire da questa storia – chiosa Rossi – con i provvedimenti che abbiamo adottato si è posto un argine a eventuali, simili, comportamenti che non dovrebbero trovare mai e in nessun modo asilo in un’azienda sanitaria pubblica come l’Asl di Brindisi».
Maurizio Distante
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