BRINDISI- Trentotto gare truccate per un complessivo di 34 milioni di euro, di soldi pubblici a disposizione della sanità brindisina che secondo gli inquirenti della Procura di Brindisi sarebbe stati indirizzati a ditte compiacenti secondo un sistema di malaffare. Gara d’appalto truccate dal 2006 al 2011, venute alla luce dopo numerosi esposti anonimi. Il tutto si sarebbe consumato all’interno dell’area gestione tecnica dell’Asl di Brindisi. Arrestate 22 persone tra dipendenti Asl quindi pubblici funzionari e imprenditori brindisini, 11 in carcere e 11 ai domiciliari. Tra gli arrestati anche il consigliere comunale di Brindisi Antonio Ferrari di Centro democratico, dipendente dell’area tecnica della Asl
In carcere sono finiti Vincenzo Corso, Antonio Ferrari (difesi dall’avvocato Rosario Almiento), Giovanni Borromeo, Roberto Braga e Emilio Piliego (difesi dall’avvocato Massimo Manfreda), Vittorio Marra, Adolfo Rizzo, Cesarino Perrone, Antonio Camassa, Giuseppe Rossetti, Tommaso Vigneri.
Mentre ai domiciliari: Armando Mautarelli, Gianluca Pisani (difeso dall’avvocato Roberto Cavalera), Giovanni De Nuzzo e Cosimo Bagnato ( difesi dall’ avvocato Rosario Almiento), Mauro De Feudis, Claudio Annese, Grazia Cito, Daniele Di Campi, Francesco Perrino, Salvatore Perrino, Ivo Grifoni.
Il pm Nicolangelo Ghizzardi aveva chiesto ordinanze di custodia cautelare per 36 persone, 16 in carcere e 20 ai domiciliari, il gip Fracassi ne ha disposto 23, uno degli accusati è deceduto.
Una maxi inchiesta che vede indagate 133 persone, tra dipendenti dell’azienda sanitaria, politici locali, vecchi direttori, e imprenditori. Spulciando le 400 pagine dell’ordinanza spicca all’attenzione la richiesta di arresto ai domiciliari del consigliere comunale del pdl Cosimo Elmo e dell’ex direttore generale della Asl Rodolfo Rollo. Per Elmo il giudice ha ritenuto che il suo apporto è stato secondario e circoscritto al reato di turbativa d’asta già prescritto. Per le altre richieste a quanto pare non c’erano esigenze cautelari.
Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti e rivelazione di segreti d’ufficio per aver manomesso fraudolentemente le buste contenenti le offerte economiche delle ditte concorrenti, prima della loro apertura ufficiale, al fine di rilevarne il contenuto e comunicarlo poi alle imprese prescelte per l’aggiudicazione; falso ideologico commesso da pubblici ufficiali in atti pubblici, per aver falsamente attestato, nei verbali di gara, di aver verificato l’integrità dei plichi risultati, in verità preventivamente aperti; falso ideologico per induzione commesso da pubblici ufficiali in atti pubblici, per aver redatto false relazioni istruttorie, relative al regolare espletamento delle gare risultate turbate e proponendo l’assunzione dei relativi atti deliberativi, traendo così in inganno il direttore Generale dell’Asl di Brindisi, che adottava le false ed illecite delibere di aggiudicazione definitive; corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio commessa al fine di favorire l’aggiudicazione di alcune gare risultate turbate, percependo utilità varie.
Le indagini condotte dalla polizia Tributaria della guardia di finanza di Brindisi e dai carabinieri dei Nas di Taranto si sono concentrate sulle gare d’appalto gestiti tra gli anni 2006-2011. A supportare le accuse della procura riprese video e intercettazioni ambientali e telefoniche.
Vincenzo Corso, capo dell’area ufficio tecnico, è stato definito dagli inquirenti il “regista” di tutto il sistema. Avrebbe creato a uso e consumo una rete di convivenze con i collaboratori della gestione tecnica per indirizzare le gare verso ditte compiacenti. Un ruolo importante nel truccare le gare d’appalto lo avrebbe avuto Giuseppe Borromeo. Ripreso anche nelle telecamere nell’ufficio della Asl mentre manometteva le buste consegnate con le offerte per le gara d’appalto. Eppure Borromeo non era dipendente della Asl.
Il modo di operare era sempre lo stesso, molto simile a quello già scoperto nella vecchia inchiesta di mani pulite. Per gli appalti inferiori a 50 mila euro avveniva l’apertura segreta e la successiva chiusura delle buste contenenti le offerte da parte di un esperto faccendiere( per gli inquirenti Borromeo). Così si prendeva visione delle offerte presentati dai concorrenti in modo da individuare e suggerire al vincitore predeterminato quale avrebbe dovuto essere la sua offerta per conseguire l’aggiudicazione. Per verificare questo gli investigatori hanno fatto anche particolari accertamenti sulle buste.
Per le gare di valore inferiore ai 50.000 euro venivano invitate a partecipare 5 ditte amiche, 4 delle quali, però, fungevano da mere comparse, in quanto, seguendo le istruzioni ricevute dall’Area gestione tecnica, non presentavano offerte, oppure presentavano offerte superiori a quella del vincitore predeterminato, in attesa che venisse il loro turno per l’aggiudicazione di altri lavori. Per agevolare il buon esito dell’illecito la commissione aggiudicatrice delle gare era composta dagli stessi appartenenti all’Area gestione tecnica, alcuni dei quali avevano anche costituito delle imprese (di cui erano titolari parenti o prestanomi) per poter partecipare alla spartizione con le forme apparenti del sub-appalto. Insomma a giro si vincevano le varie gare.
In cambio, quindi la tangente, non corrispondeva in vere e proprie somme di denaro, ma in quote societarie di un albergo, affidamento di lavori in sub – appalto a ditte intestate a familiari e prestanome. Come nel caso del consigliere Ferrari o dello stesso Corso, il quale figlio aveva creato un’azienda. Ma anche con posti di lavoro per parenti. C’è anche un caso di proprietà di un’ agenzia immobiliare, ma anche mobili, viaggi e preziosi.
Tra gli indagati per turbativa d’asta appaiono anche nomi legati alla vecchia politica come l’ex consigliere regionale Vincenzo Cappellini e Carmine Dipietrangelo da tempo ormai lontano da ruoli politici-amministrativi. Per lo stesso reato è indagato l’ex direttore della Asl di Brindisi Guido Scoditti e l’ex direttore amministrativo dell’azienda sanitaria brindisina Alfredo Rampino.
Un sistema collaudato che sarebbe andato avanti per anni, con il compiacimento di molti, che continuava ad alimentarsi nonostante si sapesse dell’attenzione della magistratura. Lo ha definito così il procuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli. Il gip ha parlato della punta di un icerberg.
Lucia Portolano
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