PAROLE A LAVORO (di Alessandra Amoruso) – Avevo immaginato altre parole a lavoro per questo secondo pezzo, ma qualsiasi parola in questo momento sembra fuori luogo.
Questa emergenza sanitaria ha rotto tutti gli schemi, ha infranto le nostre certezze e cancellato quelle abitudini che in fondo donano alla vita serenità. Ci impedisce di guardare con tranquillità al futuro e rende difficili nella quotidianità anche le cose più semplici o quelle che davamo come assolutamente certe
E ci costringe a chiederci continuamente cosa possiamo fare per resistere a questo straordinario, nel senso di enorme, cambiamento.
Da due giorni hanno chiuso le scuole. Da ieri mia figlia, e io con lei, è alle prese con pc, app, google mail, classroom, password, codici, videochiamate …. e tutto il resto dell’armamentario necessario a continuare a frequentare la scuola, seppur in modo virtuale.
Si, la tentazione di arrabbiarti, soprattutto quando capisci che non capisci niente, è forte. Poi, sarà lo spirito materno, l’ostinazione, il fatto che comunque tocchi a te… fatto sta che dopo 48 ore posso dire che so molto di più su come organizzare una lezione on line di quanto avessi mai desiderato saperne. E potrà decisamente essermi utile anche nel lavoro questa cosa.
Già il lavoro. Fino a qualche tempo fa il pensiero di rimanere a lavorare a casa mi faceva sentire quasi una ladra di stipendio (non sei controllata e quindi automaticamente ne puoi approfittare no?!!?!), oggi mi sento dire che farlo è un gesto di grande responsabilità oltre che un segno di grande civiltà (proteggiamoci l’un l’altro anche isolandoci).
Si, è vero, è come se tutto fosse ribaltato, se non addirittura sospeso, ma finalmente trovo il tempo di leggere quel libro che ho da mesi sul comodino. E a lavoro potremmo decidere che qualche ora la dedichiamo a migliorare le nostre competenze, mettendoci anche noi finalmente in formazione…. on line, s’intende. Internet è pieno di opportunità e ora ne abbiamo anche il tempo.
Farò quella telefonata che ho rimandato tante volte. E non avrò scuse per rimandare la camminata…
E se poi questi cambiamenti fossero tali da non consentirmi più di fare le cose come le facevo prima? Allora forse è meglio che cominci a pensare subito all’alternativa…
In fondo, se mi fermo e mi guardo, quello che sto facendo da un po’ di tempo in qua è esercitarmi, sempre e comunque, ad accogliere il cambiamento, per non esserne sopraffatta.
E come se il cambiamento fosse una competenza, che, per essere tale, deve essere esercitata continuamente. Tutte le volte che le nostre vite subiscono una deviazione inaspettata, dolorosa, positiva, definitiva o momentanea. E forse prima ancora che chiedercelo, se ne valga la pena, se sia giusto, quanto sia facile o difficile, ci siamo imposti di adattarci al cambiamento, per sopravvivere.
Ed in effetti è cosi, il cambiamento, la capacità di gestirlo, è veramente una competenza, una di quelle cosi dette “competenze sociali” che fanno la cassetta degli attrezzi di ogni buon lavoratore. “Non è la più intelligente delle specie quella che sopravvive; non è nemmeno la più forte; la specie che sopravvive è quella che è in grado di adattarsi e di adeguarsi meglio ai cambiamenti dell’ambiente in cui si trova.
E la necessità di intraprendere un cambiamento si giustifica con l’utilità che a quel cambiamento attribuiamo, nel momento in cui ci accorgiamo che è per il bene nostro e di chi ci sta intorno.
Dunque al lavoro, esercitiamoci. Anche se per cause di forza maggiore. Sarà anche questa una cosa da raccontare.
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