“La sfida della “democrazia” non è quando si fa il bene di una maggioranza, ma di tutta la collettività”

INTERVENTO/ Democrazia. Il ‘male’ dei nostri tempi. Ovunque si vada, chiunque si incontri, in ogni discussione, il termine DEMOCRAZIA viene abusato, distorto, a volte sopravvalutato, soprattutto quando si esordisce come segue: ‘Abbiamo democraticamente deciso […]’. Il plurale maiestatis è d’obbligo. Ma in quale misura è il gruppo che decide? Questo, a mio avviso, lo sa solo chi è al capo di quel gruppo, nel pubblico e nel privato. A decidere in realtà è uno e uno soltanto. Ma la faccia ce la mettono tutti.

Il termine DEMOCRAZIA è assoluto ma non sinonimo di assolutismo. Facile da definire. Difficile da applicare. Impossibile da esportare. Di recente ho visto un film in cui, nella scena finale, il discorso tenuto da un giovane cadetto dell’esercito britannico di ritorno dalla guerra in Sudan alla fine dell’800, mi ha particolarmente colpito e non posso non riportarlo per intero: “Si può essere perduti ma non dimenticati. Coloro che hanno viaggiato lontano per combattere in terre straniere sanno che il più grande conforto per un soldato è avere gli amici a portata di mano. Nel fervore della battaglia cessa di essere un’idea il motivo per cui combattiamo, o una bandiera. Invece combattiamo per l’uomo alla nostra sinistra e combattiamo per l’uomo alla nostra destra. E quando gli eserciti sono dispersi e quando gli imperi si corrodono quello che rimane è la memoria di quei preziosi momenti, passati fianco a fianco”.

Non dovrebbe essere questo, oggi, la DEMOCRAZIA in politica? Ossia operare con onestà per la ‘cosa pubblica’ e non per se stessi o per la propria maggioranza. Quando si viene eletti si lavora per l’intera popolazione non per la parte che con il proprio voto ci ha sostenuti. Si lavora a dimostrazione che, parafrasando la battuta del film sopracitato, il programma della propria parte politica cessi di essere un’idea o un simbolo di partito. Una buona amministrazione si adopera per il cittadino alla propria destra e per il cittadino alla propria sinistra. E questo perché ogni potere si può corrompere. La maestria di un buon governo è lasciare memoria di sé che rimandi a ciò che di buono si è realizzato, a qualunque livello: comunale, provinciale, regionale e nazionale.

Diamo il giusto peso alle parole. Pensiamoci bene quando scegliamo da chi vogliamo essere rappresentati, a chi affidiamo le nostre speranze non per un futuro migliore, perché sarebbe troppo da ottimisti, ma affinché ogni giorno sia un po’ più propositivo e meno una lotta per la sopravvivenza. Cerchiamo, in poche parole, di fare in modo che ciò che ha sinteticamente detto Charles Bukowski non si avveri, ovvero che “La differenza tra Democrazia e Dittatura è che in Democrazia prima si vota e poi si prendono ordini; in una Dittatura non c’è bisogno di sprecare il tempo andando a votare”.

Angelo Rizziello

2 Commenti

  1. Penso che il riferimento al PLURALE Maiestatis non sia più un obbligo.Era riservato ad atti ufficiali di altissime autorità e oggi,tranne l’ambito universitario,se usato rimane solo un espediente retorico.Per il resto l’articolo meglio non poteva descrivere come vorremmo che fosse la democrazia,perchè quella in cui viviamo è morta per colpa dei partiti,delle costituzioni imperfette,dei corrotti e delle lobbies.Da più di 70 anni abbiamo creduto di dover costruire governanti e amministratori che,eletti dalla maggior parte dei cittadini,dovevano servire il POPOLO ed esaudire i suoi bisogni.Invece abbiamo prodotto l’Italia di oggi con tutta la sua corruzione etica e morale,con una CASTA politico-affaristica ormai difficile da sradicare.

  2. Lei ha messo in pratica i bei principi che enuncia in questo encomiabile articolo? Li ha REALMENTE e FATTIVAMENTE fatti suoi lei e sopratutto la consorteria politica di cui faceva, o non so, fa parte? Se vuole rispondere,ma non è tenuto, pensi bene prima di farlo. Un cordiale saluto.

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