INTERVENTO/ Si prova un certo fastidio a leggere la piega che ha preso,dopo il voto,il dibattito tra i partiti e quello in atto nel PD. Si continua con recriminazioni,rivalse,ricerche di responsabilità.Eppure di valutazioni da fare e di insegnamenti da ricevere il risultato elettorale è ricco. Il voto di Brindisi,innanzitutto,pur nella sua specificità,non può essere valutato aldifuori del contesto nazionale.
Astensionismo e fluidità del voto sono elementi che possono aiutare una corretta lettura del voto del 19 giugno anche a Brindisi e che nessuna forza politica o movimento può pensare di rimuovere o di sottovalutare.
Innanzitutto l’astensionismo. Al ballottaggio a Brindisi è andato a votare un po’ più del 41%,quasi la stessa percentuale(42%) dei votanti alle ultime elezioni regionali. In due tornate elettorali a Brindisi quasi il 60% degli elettori ha deciso di non votare. Astenersi è diventato anche un modo per far pesare il proprio voto? Penso di sì.Quando si raggiunge un livello tale di astensione non è solo un problema di quantità e di qualità, e’ soprattutto una questione democratica.
La politica,cioè,non riesce non solo ad essere attrattiva a causa delle sue presunte malefatte,ma non è capace di garantire più un’offerta politica in grado di incontrare i sentimenti,le aspirazioni,gli interessi della maggioranza degli elettori.
Nelle ultime regionali del 2015 a Brindisi voto’ solo il 42% degli elettori la cui maggioranza si espresse a favore del candidato presidente Emiliano,del Pd e dei candidati delle liste del “sistema” Emiliano.
Al ballottaggio del 19 giugno si è registrato un altro forte astensionismo e un chiaro “travasamento” di elettori. Rispetto allo stesso primo turno solo il 41% è tornato a votare e una risicata maggioranza ha scelto di votare Angela Carluccio.
Da questi dati emerge come l’astensionismo a Brindisi come in altre realtà e in Italia sia diventato un modo per votare non votando. Non è solo indifferenza,protesta. Esso,ormai,in molti casi fa la differenza. E non lo si può giudicare con categorie vecchie. Le analisi del voto devono aggiornare i propri schemi e giudizi.
L’astensionismo come il populismo sono in occidente fenomeni ormai strutturali e indicano e/o vanno di pari passo con la reazione verso la formazione di culture politiche ormai omologate al centro e tutte tarate verso le compatibilità imposte da soggetti extraistituzionli o dettate dal principio astratto della governabilità a tutti i costi.
Le alleanze per governare si decidono non per realizzare programmi differenti e alternativi ma solo per gestire presente e potere. E quando si afferma che sinistra e destra sono superate o che non sono più attuali ed efficaci si aiuta o il populismo e l’antipolitica o l’astensionismo consapevole. A pagarne le conseguenze sono le forze della sinistra i cui elettori sono più esigenti e,per sentimenti e visioni del mondo, anche più inclini ad avere punti di vista critici e di contrasto allo status quo.
Le coalizioni allargate oltre ogni confine e perimetro stanno penalizzando sempre di più la sinistra. Funzionano solo se sono a termine ed hanno obiettivi limitati e condivisi. Le coalizioni poi che si formano contro qualcuno non hanno futuro. Servono solo per distruggere e per dar fiato ai risentimenti. In questi casi un numero ristretto di elettori possono decidere le sorti di una Nazione o di una città.
A Brindisi al ballottaggio,a fronte di 74.500 elettori,solo 14.800 di essi hanno votato a sindaco della città, Angela Carluccio,altri 14.150 hanno votato Nando Marino. Una minoranza si è contesa l’elezione del sindaco.
Al ballottaggio,a differenza del primo turno dove pesa di più il voto organizzato dei candidati consiglieri, vince la personalità e l’offerta politica e amministrativa più credibile,affidabile,più rappresentativa degli interessi di chi ha deciso di andare a votare in quel determinato momento e contesto. E quando la platea di chi va a votare si restringe,a Brindisi in maniera omogenea in tutti i quartieri,e quando lo scontro si articola e si caratterizza rinfacciandosi il passato o la presenza nelle medesime liste di candidati più o meno obsoleti o di consiglieri uscenti di vecchie maggioranze e di vecchie opposizioni, vince paradossalmente quello che appare più debole e più lontano dai poteri che contano.
A Brindisi, in questo contesto ed anche per queste ragioni, la proposta di una donna come Angela Carluccio e’ apparsa più convincente oltreché sostenuta da “motivazioni” più organizzate.
Si tratta di prendere atto e di augurarsi che questa scelta fatta da una minoranza di brindisini possa aiutare la città a liberarsi di un passato che potrebbe condizionare ancora quel bisogno di buona amministrazione che la città attende da tempo.
Vorrei,umilmente, dare un suggerimento a tutti quei vecchi e nuovi politici e ai miei coetanei che ho conosciuto negli anni passati come avversari e che hanno sostenuto Marino e a tutti coloro che da fuori Brindisi,come si dice adesso,vi hanno messo la faccia (Emiliano prima di tutti) di riflettere su questo voto. Lasciate stare il voto nei quartieri popolari,evitate di criminalizzarlo secondo le convenienze. Quel voto in ogni campagna elettorale e’ da tutti cercato. E a Brindisi, come a Bari o a Lecce quei voti “popolari” sono ricercati e da tutti richiesti.
Fate un’analisi del voto serena e approfondita,per valutare,per esempio, se al ballottaggio non abbia contribuito alla sconfitta di Marino anche l’aver ostentato sicurezza, l’essere apparsi, per strada e per ristoranti,in quanto purificati in una specie di fonte della legalità,i terminali di un nuovo e vincente potere regionale e nazionale.
Il voto in questo giro e’ stato dato contro il cosiddetto esthablishment. A Torino contro Fassino,a Brindisi contro Marino e i suoi accompagnatori!
Un po’ di umiltà e di opposizione farebbe certamente bene a chi,mettendoci la faccia,è stato,purtroppo, sconfitto. Di impegno e di proposte ce n’è per tutti. Il lavoro che manca,la prospettiva è la valorizzazione dei nostri giovani,il disagio sociale diffuso,la confusione istituzionale e amministrativa,il futuro del porto, dell’industria e dell’agricoltura. Le periferie e non solo esse (ci sono i nuovi e i vecchi esclusi) richiedono attenzioni e iniziative coerenti.
La sinistra ritorni ad essere sociale e popolare,riscopra i valori dell’unità,della lotta alle ingiustizie e del conflitto. Sia se stessa e non si vergogni di richiamarsi ai valori di umanità e di uguaglianza che ancora oggi sono quelli del socialismo e di quel cristianesimo a cui Papa Francesco richiama credenti e non credenti con convinta e appassionata determinazione.
Una sinistra di trasformazione,di proposta e di critica al capitalismo e allo status quo. Non una “coperta di Linus” per qualche nostalgico o un circolo ristretto di testimonianza. Si può ripartire di qua’?
I vecchi elettori del PD in queste elezioni si sono sentiti confusi e hanno reagito non votando o distribuendo i loro voti per molti rivoli. Quei voti non si possono recuperare ricorrendo ai soliti portatori di voti. Hanno bisogno di politica,di passione e di speranza. Altrimenti a vincere sarà sempre,come è successo a Brindisi,quella coalizione di moderati e di centrodestra allargata che sa tanto di vecchia democrazia cristiana e che è apparsa più convincente, perché più vicina all’originale, rispetto a quella in cui era impegnato il PD ufficiale.
Carmine Dipietrangelo
Presidente LeftBrindisi
Certo, ora ha vinto ( pure se di stretta misura) questa coalizione ( che definiamo tale per non usare un termine più adeguato ma alquanto, diciamo, irriverente…..). Non vi erano alternative ( la controparte era la stessa cosa). Ma attenti politici e politicanti tutti: vi è una massa nel Paese di oltre il 50% che diserta le urne. E non le diserta perchè è andata a mare, ma perchè questa politica e chi la rappresenta sono solo materia e popolo da Suburra.Quindi, occhio ragazzi: se questo 50% troverà un punto di riferimento ( che per ora non c’è), voi andate tutti a casa.E poi tolga la parola “presunte” dalle malefatte della politica, e sostituisca il tutto con : certe , evidenti, inconfutabili, incontrovertibili e decennali porcate della politica.