“Io ho votato Consales, ma perchè non riusciamo mai a votare “i migliori di tutti”

BRIDISI- Dopo  gli ultimi accadimenti con l’arresto del sindaco di Brindisi Mimmo Consales accusato di corruzione sono tanti i commenti dei cittadini, per strada, su facebook ed anche sugli organi di informazione  che si interrogano sul futuro di questa città, cercando di fare delle analisi di trovare un perchè Brindisi resta al palo. Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di un nostro lettore Andrea Pezzuto:

“Una comunità, di norma, dovrebbe eleggere come suo rappresentante la personalità che ritiene migliore tra quelle disponibili e che meglio possa interpretarne i sentimenti, le caratteristiche, le esigenze, insomma, l’animo della stessa. Accade così di scoprire che a Brindisi, nel nuovo millennio, i cittadini abbiano avuto la sfortuna di scegliere, come propri rappresentanti, individui (sindaci, assessori, consiglieri) il cui mandato è stato brutalmente falciato da pesanti accuse ed indagini penali. La comunità lo fa scientemente? La risposta è si e no.

Il sottoscritto si ritiene una persona per bene, che, fino a prova contraria, non ha mai fatto del male ed è repellente alla illegalità; eppure mi sono macchiato anche io della indelebile colpa di aver dato la mia fiducia, e quindi il mio voto, ad una persona che ritenevo per bene come Consales. Ebbene, sono stato un idiota, però al di là di questa doverosa ammissione che poco interessa, ciò mi aiuta a capire come la popolazione brindisina elegga persone poco trasparenti e dedite agli imbrogli (Consales non è stato ancora condannato e quindi esula al momento dal discorso) non necessariamente perché dobbiamo ritenerci la Gomorra del nostro millennio, i cui cittadini sono per la maggior parte avvezzi al malaffare, ma forse anche perché siamo costretti a fare delle scelte in costante emergenza e senza la possibilità di optare sempre per il meglio, vista anche la pochezza umana che si materializza spesso davanti ai nostri occhi. Insomma, forse con il senno di poi si sarebbe potuto scegliere meglio, ma anche il 72,4% dei brindisini che nel 2002 elessero per il secondo mandato consecutivo l’ex sindaco Antonino si era rimbecillito completamente e rappresentava un indicatore del senso e della voglia dilagante di illegalità che la città chiedeva a gran voce? Non crediamo. Allora cosa porta i brindisini a ritrovarsi rappresentati ogni 3×2, al posto del “migliore di tutti”, dal “peggiore di tutti”, a differenza di realtà simili a noi come Lecce che ha trovato nella Poli Bortone e Perrone due esempi che hanno condotto la città barocca per un lungo, sereno e virtuoso interregno?
Un evento molto particolare che sta accadendo in questi giorni seguenti all’arresto di Consales mi ha portato a fare alcune riflessioni personali. Il profilo Facebook dell’ex sindaco Antonino è infatti in queste ore letteralmente preso d’assalto da centinaia di messaggi di affetto ed inviti rivolti dagli utenti all’ex sindaco affinché si ricandidi. Questa reazione induce a pensare che l’arresto di Consales abbia riabilitato la figura di Antonino agli occhi della gente comune, la quale si è probabilmente rassegnata all’idea che nella politica l’illegalità sia quasi un effetto collaterale ineluttabile, e che si possa quindi derubricare a bagattella qualsiasi cosa, purché almeno si mostri attivismo e si ascoltino le istanze della gente che vive nel perdurante stato di bisogno. Insomma, la parola d’ordine è indulgenza verso qualche peccatuccio (in fondo chi non li commette nella nostra città?!), a patto che apparentemente, o meglio ancora fattivamente, si cerchino soluzioni per arginare i problemi. Diciamocela tutta, in fondo è la colpa che i brindisini hanno fatto ad una persona straordinariamente lucida, intelligente, garbata e rigorosa come Mennitti, il quale è stato accusato durante il suo mandato di essersi concesso poco al popolo ed essersi arroccato nel palazzo. Questo ha comportato una sorta di crisi di rigetto verso questo inusuale (per i brindisini) modo di agire e poco importava a molti che Brindisi stesse provando a ricostruire una nuova immagine di sé, dopo anni bui di contrabbando e malaffare in politica, attorno a pilastri come la cultura, il decoro urbano, l’urbanistica ed il ripristino di una legalità istituzionale e politica che ha permesso, nei fatti, di ottenere un vero e proprio record, ovvero quello di aver amministrato per 7 anni senza che alcun membro dell’esecutivo abbia ricevuto un avviso di garanzia.

Ma si sa, noi brindisini siamo un popolo sui generis, amiamo chi “ci balla davanti”, perché in fondo, abituati all’emergenza ed alla sofferenza, elementi endemici di questa città, avvertiamo un profondo senso di insicurezza che viene colmato solo da chi si mostra sicuro di sé e ci promette un futuro migliore, poco importa se su basi inesistenti. Fa niente, l’importante è sognare, costi quel che costi! E’ quello che è successo negli ultimi decenni ad esempio nel calcio, visto come veicolo per un riscatto sociale, dove si sono susseguiti personaggi che ci hanno venduto un sogno, sapendo che noi lo avremmo acquistato a scatola chiusa, senza chiederci cosa ci fosse dietro alle promesse sempre più astruse dei vari Salucci, Galigani, Flora e così via, con gli intermezzi non andati a buon fine costituiti dai Barretta e da Roma e co. I brindisini sono amanti dei forestieri come dice un detto? No, sono amanti di chiunque gli permetta di sognare un futuro migliore e li distolga dal presente. Il realismo, seppur votato all’ottimismo, ed il rigore di Mennitti mal si acconciavano dunque con questa irrefrenabile indole tutta nostrana, la quale ci induce a screditare chi vuole ricondurci alla dura realtà, al presente, chi opera con serietà ma non ci promette mari e monti, e premiare di conseguenza chi ci illude. Solo romantica ingenuità quindi? No di certo. La città è vittima di un retaggio culturale sedimentato nei decenni di convivenza con “le necessità” che hanno indotto e costretto i cittadini a trovare delle vie alternative a quelle “ordinarie”e legali, al fine di garantirsi la sopravvivenza quotidiana. La disoccupazione, la povertà, unite ad una mentalità influenzata dalla vicinanza di culture balcaniche, hanno favorito ad esempio il fenomeno del contrabbando, il quale ha portato la città a vivere nella quotidiana illegalità ed accettarla. La coesistenza con l’illegalità ci ha portato ad acquisire familiarità con essa, ad assecondare un agire criminoso e diventarne finanche conniventi. Si sono pertanto considerati per decenni come reati bagatellari il contrabbando, l’abusivismo urbanistico che ha deturpato e tarpato lo sviluppo di una litoranea da favola, il clientelismo atto ad accaparrarsi una commessa in una zona industriale nata come cattedrale nel deserto e rimasta tale, che non ha offerto altre opportunità collaterali, o quello finalizzato all’assegnazione di un appalto da far realizzare alle “solite note”, con i risultati nel campo dei lavori pubblici che sono sotto gli occhi di tutti.

Insomma, una comunità risucchiata dal contingente e che non vuole paradossalmente sentirne parlare con franchezza, perché abituata a viverlo con sofferenza. Solo sogni, niente realtà. Se a questo quadro aggiungiamo una miopia tipica della nostra città, la quale non ha mai saputo interpretare il suo tempo, restando imprigionata in una mentalità costantemente retrograda, che ha portato i suoi cittadini a privarsi supinamente del suo mare, di buona parte del suo porto ed addirittura della sua identità, preferendo il profitto ed il brutto al bello di un teatro antico, di una torre ad orologio, di una natura generosa, insomma, della sua anima. Tutto ciò è il frutto di una comunità che ha avuto sempre un gap nella formazione e nell’istruzione e che per via dell’impellente presente, non ha saputo o potuto mai costruirsi un futuro basato sulle solide radici della conoscenza, dell’istruzione, elementi che possono contribuire a far crescere l’università, la quale guarda caso ha latitato per decenni a Brindisi ed ha rappresentato, invece, il fiore all’occhiello di Lecce.
La situazione appare allora chiara e forse la risposta alla domanda del “perché non riusciamo a farci rappresentare dai migliori” è più semplice del previsto ed è duplice: non possediamo gli strumenti per scegliere il meglio e non vogliamo farlo!
Qualora dovessimo riuscire, un giorno, con un colpo di fortuna, a compiere la scelta giusta, pensiamo davvero che questo sindaco ideale, costretto ad operare in un contesto del genere, dove l’inciviltà, se non l’illegalità, sono diffuse e quasi accettate, possa operare per il meglio? Mettiamo i nostri amministratori nelle condizioni giuste per regalarci finalmente un Futuro? La risposta è riposta nella coscienza di ognuno di noi.
Per chiudere, volendo alleggerire i toni, mi viene in mente un esempio forse frivolo ma paradigmatico; Mancini, allenatore dell’Inter, ha affermato la settimana scorsa che il gesto del dito medio in Inghilterra non l’avrebbe mai fatto. Ecco, questo dà la dimensione esatta, a mio avviso, di quanto l’ambiente possa condizionare l’agire dell’individuo. E allora, chissà se due persone intelligenti come Antonino e Consales, fossero diventati i sindaci di Trento, sarebbero diventati “i peggiori di tutti”.

                                                                                                                                          BrindisiOggi

4 Commenti

  1. ” ESISTONO I MIGLIORI DI TUTTI?” Oppure una nostra illusione?. La vergogna degli “ITALIANI” delinea le dimensioni della capacità a delinquere di uomini che hanno avuto responsabilità di governo e di comando, di preposti all’assolvimento di pubbliche funzioni, di politici che hanno tradito la fiducia popolare.

  2. Io sono una Brindisina, ma da diversi anni non vivo nella mia città! Ogni volta che tornavao mi faceva davvero male, osservando il degrado. Rimasi stupita , quando ci fu un cambiamento della mia città con la giunta Antonino. Meno stupita, quando lo stesso fu mandato via….. Sono anch’io d’accordo su alcuni punti del S.Pezzuto riguardo al senso civico. Premetto che non mi interesso di politica, vorrei vedere a palazzo comunale. Un sindaco che ami la città di Brindisi, che ami il suo mare,e si prenda a cuore il problema del litorale , rimasto inerme nel suo degrado, Vorrei vedere quel vaporetto , che parte dal centro poter raggiungere la sciaia. È semmai potersi fermare ad uno stabilimento balneare. So che tanti Brindisi che vivono lontano dalla loro citta la ama e ne sente la mancanza. Ma……

  3. Sig.Pezzuto, condivido quasi del tutto la sua lettera ed ammiro la sua onestà intellettuale nell’ammettere di aver votato quel tale individuo ( non si trova in Brindisi una sola persona che dica: io l’ho votato).Si, è vero: il popolo ( nel caso di Brindisi e del Meridione in genere direi meglio: la plebaglia)si sceglie da sola chi vuole come suo capo, e l’eletto si adatta alla predetta plebaglia dandole una specie di apparenza di ciò che essa si aspettava da lui.Fatto ciò, l’eletto provvede poi a fare i cazzi suoi, fintantoché non esce fuori dal suo assegnato e/o non fa compartecipare chi si aspettava una certa “riconoscenza”.A quel punto il giocattolino si rompe.Tutto qui. Succede dovunque, magari anche nelle civilissime terre del Nord Italia ( come lei cita): con la differenza che lì sanno mettersi bene d’accordo ed hanno più stile.Qui c’è solo tracotanza e smargiasseria.Lei cita l’amministrazione Menniti: ma quale era? Quella della “città d’acqua” ? Grande invenzione, grande idea, grande manifestazione d’ingegno e d’intelletto. Ricordo solo che l’inventore di quella cosa, quando iniziava a parlare, dopo due minuti mi faceva crollare in catalessi. Così come fece con Brindisi.La saluto con cordialità e simpatia.

  4. In questa lettera si analizza molto bene la situazione brindisina. Da aggiungere che la partigianeria politica e la superficialità nella valutazione dei politici da parte dei brindisini ha portato la città in questa situazione.
    Ci può essere un miglioramento sociale solo se ognuno diffonde tra i brindisini la consapevolezza che tutti devono interessarsi all’operato dei politici, ma soprattutto si deve controllare che le promesse dei politici corrispondano ai fatti e quindi valutarli nel merito.

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