MESAGNE – Finisce l’incubo in cui viveva l’impiegato del Petrolchimico 47enne di Mesagne, ex marito di un volto noto della politica locale. Per la lunga serie di avvertimenti ed intimidazioni che lo avevano raggiunto è stata arrestata una coppia : C.E., 47 anni di Brindisi, infermiera professionale e R.L., 37enne della provincia di Taranto, impiegato nel privato. Ad indirizzare l’attenzione degli investigatori su di loro, le lunghe indagini condotte dagli agenti del commissariato di polizia di Mesagne, guidato dal vice questore aggiunto Rosalba Cotardo. I reati di cui sono accusati i fermati sono stalking (anche a mezzo informatico) e danneggiamento di autovettura.
La donna, C.E. avrebbe avuto una relazione sentimentale con il mesagnese, dettata da numerosi alti e bassi, con periodi sereni alternati a periodi litigiosi con interruzioni del rapporto. La donna avrebbe mostrato un attaccamento morboso al suo compagno, una gelosia che l’avrebbe spinta a tenerlo stretto a sé a tutti i costi.
Durante i momenti bui della relazione, all’uomo capitava di ricevere minacce o subire reati che, nel corso del tempo e dopo aver troncato definitivamente la relazione, si sono trasformati diventando sempre più cruenti.
L’uomo ha sempre denunciato tuttigli episodi che ha subito: il primo, il 4 giugno 2014, fu l’incendio della sua Audi A4 Avant: grazie alle immagini della videosorveglianza di un’abitazione vicina alla sua furono notate 2 persone incappucciate passare vicino alla sua casa e, dopo 2 minuti, le immagini mostravano 2 esplosioni e l’incendio dell’Audi A4.
Denunce continue, quelle dell’uomo, che riceveva sms con minacce, molestie, offese provenienti da numeri riconducibili a cabine pubbliche. Il tenore delle minacce era spaventoso: “Apri gli occhi che a chiuderli non ci vuole niente”, “Era bella Audi dopo il botto”, “Non mi scappi boom” , “Guardati sempre in giro”, “Saprai correre quando ti scarico un caricatore calibro 9”, “I botti di capodanno ti arrivano prima”, “Inutile nascondersi, gli AK47 bucano i muri”.
Tra le denunce, anche quelle legate alla violazione del profilo Facebook e alla clonazione della password: entrando nel suo profilo, ignoti avevano compiuto alcune operazioni. In questo filone, rientra la collaborazione con la Polizia Postale, che avrebbe accertato le responsabilità dei due fermati.
Per sviare l’attenzione e i sospetti che già gravavano su di lei, la donna, C.E. avrebbe cominciato a sporgere denunce e querele per fatti che sarebbero accaduti ai suoi danni, senza però che gli agenti avessero riscontri di quanto dichiarato dalla donna. Una strategia sbagliata, che ha concentrato le indagini sull’infermiera,che ha sempre cercato di depistare le indagini e indirizzarle su frequentazioni sbagliate del suo compagno, sconsigliandogli di acconsentire agli accertamenti tecnici su Facebook, perché inutili ed controproducenti,perché avrebbero potuto ancor di più “aizzare” gli sconosciuti persecutori.
Gli episodi sono continuati, in una escalation sempre più pesante: i proiettili in busta chiusa a lui indirizzata (febbraio 2015), il rinvenimento della testa mozzata di un cane corso in una busta di plastica lasciata sull’uscio di casa (con le immagini della videosorveglianza che riprendono all’1:43 del 25 aprile scorso, una persona incappucciata che posa il sacchetto di plastica e si allontana), l’incendio della sua seconda autovettura, una Fiat Panda (9 maggio 2015. Un uomo col volto camuffato viene ripreso mentre usa una bottiglia con liquido infiammabile e la cosparge sul vano motore della Panda,si accovacciafrontalmente a pochi centimetri dal paraurti anteriore e provoca l’incendio), l’incendio di una sua terza autovettura, una Lancia Musa (8 luglio 2015. Due persone su uno scooterone raggiungono l’abitazione della vittima e si avvicinano alla Lancia Musa, lanciando sulla parte anteriore destra dell’auto della sostanza che veniva accesa e che provocava l’incendio che distruggeva completamente il veicolo. Tanto si visionava dalle immagini del sistema di videosorveglianza della persona colpita), lo sparo di un proiettile di fucile a canne mozza sul portone del suo garage durante la notte (7 settembre 2015. Le immagini del sistema di videosorveglianza immortalano un soggetto a piedi, col volto travisato che armato di fucile, verosimilmente a canne mozze sparava in direzione del portone dell’abitazione) ed infine il nuovo ritrovamento di un proiettile in una busta ancora a lui indirizzata avvenuto il 6 ottobre scorso.
Una lunga attività d’indagine dal giugno 2014 ad oggi, per ricostruire ancora alcuni fatti privi di prove tali da essere riconducibili agli autori, mandanti ed esecutori materiali), a 360° (si è scavato nella vita dell’uomo in tutte le direzioni: la vita professionale, la vita privata) laboriosa. I due fermati si sarebbero dimostrati scaltri, utilizzando metodi comunicativi in codice e numerose schede telefoniche intestate a terzi e negandone la loro conoscenza. Tutto il possibile è stato fatto dagli agenti, per far luce su questi episodi che, per frequenza e crudeltà, avevano allarmato la città e le istituzioni pubbliche. Gli esiti delle attività di indagine hanno permesso di ricostruire alcuni fatti-reato sia con riferimento al mandante, sia con riferimento all’esecutore, sia – ancora- con riferimento alla posizione di altri soggetti, a vario titolo coinvolti, che è al vaglio dell’A.G.
C.E. e R.L. avrebbero, in concorso tra loro, molestato e minacciato l’ex compagno di E.C. ripetutamente, in modo da provocargli un perenne stato d’ansia, di paura e di timore per l’incolumità propria e dei propri congiunti, tanto da costringerlo a cambiare le proprie abitudini di vita, con una serie di condotte persecutorie e moleste.
La donna avrebbe agito come mandante ed esecutore materiale, in concorso con L.R. Nel corso della relazione e a causa della gelosia per presunte relazioni dell’uomo con altre donne, l’infermiera C.E., anche avvalendosi della collaborazione di L.R., avrebbe inviato al compagno una serie di sms dal contenuto ingiurioso e minaccioso; avrebbero avuto accesso tramite le utenze fisse in loro uso, al profilo “Facebook” della vittima cambiandone la password; la E.C. avrebbe simulato reati ai suoi danni; alla cessazione del rapporto avrebbe proseguito la sua condotta inviando al suo ex compagno sms minacciosi e persecutori; presentandosi presso la sua abitazione, pretendendo spiegazioni sulla fine del rapporto; il 9 maggio scorso avrebbe appiccato il fuoco all’autovettura Fiat Panda; costringendolo a vivere in stato di costante agitazione e di paura per sé e per la propria famiglia, e a modificare le sue abitudini di vita.
Per C.E. e per R.L. il Gip del Tribunale di Brindisi Tea Verderosa, su richiesta del Pm Pierpaolo Montinaro, ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari.
Nonostante i metodi di stampo mafioso, pur non escludendo alcuna pista, gli agenti del commissariato di Mesagne, guidati dal vice questore aggiunto Rosalba Cotardo, hanno battuto la pista delle rivendicazioni nella sfera privata dell’uomo come quella più plausibile. Una relazione finita male dai risvolti impensabili, per l’uomo, che ha sempre denunciato le angherie subite e che si è fidato delle forze dell’ordine, che oggi hanno arrestato quella che presumono sia la responsabile del clima di paura vissuto dall’impiegato e il suo complice.
A.P.
Commenta per primo