TORCHIAROLO – Una terra passata di padre in figlia: i sacrifici, le rinunce e le soddisfazioni di una vita rischiano di cedere, come terra sotto i piedi, per una famiglia di Torchiarolo. Come la loro, di storia, ce ne sono tante.
Il nuovo piano di eradicazioni del commissario straordinario Silletti per combattere la Xylella coinvolge anche loro e quel pezzo di terra, su cui si è costituita la storia della famiglia di Enza Pagliara, che affida ad un lungo sfogo l’importanza della difesa dei terreni dagli abbattimenti degli ulivi. Uno di questi, ricco di piante, è lo sfondo di questa storia in cui molti brindisini possono specchiarsi.
“Questi alberi di ulivo erano di mio nonno, Vincenzo Miccoli, classe 1908 di Torchiarolo. Per comprare queste 8 filari di ulivi, usò i risparmi e i sacrifici di una vita. Andava in campagna a lavorare come bracciante agricolo nelle campagne dei “Don” locali.”
Non vi erano stagioni che potessero tenere: in ogni stagione, in qualsiasi condizione, Vincenzo raggiungeva in bici le campagne vicino Mesagne, 2 ore all’andata e 2 ore al ritorno, per andare a zappare, raccogliere, potare. Miccoli aveva imparato a leggere in guerra, quando fu chiamato a servire lo Stato. “Lasciò nonna Pantalea, con 3 figli e uno in arrivo. Finché non si seppe della sua prigionia, nessuno poteva sapere se sarebbe tornato. Ma mio nonno ebbe fortuna e tornò. Quando arrivò a Torchiarolo, nessuno lo riconobbe: era pelle e ossa, aveva camminato mesi a piedi per raggiungere la sua famiglia”.
Col dolore nel cuore (Miccoli non conobbe mai il quarto figlio, nato e morto mentre era in guerra), con la moglie Pantalea ricominciò a lavorare per portare il pane a casa. “Dopo una decina d’anni si ripresero dal dissesto della guerra e il sogno di avere degli alberi di ulivo si avverò. Con la bicicletta, Lu Nzinu de la Pantalea, andava a “Case Bianche”, per curare i suoi ulivi, per innaffiarli con l’otre”. E otre dopo otre, i suoi sacrifici vennero ripagati dal raccolto e con i soldi della raccolta delle olive, ogni anno potevano fare la dote ai loro figli.
Anche quando non ce la faceva più a camminare, Miccoli chiese alle figlie di accompagnarlo a vedere quel terreno: una volta lì, l’effetto dell’energia di quella terra è visibile. “Il nonno, parlando con quegli eterni testimoni, ricordò ad alta voce come aveva potuto curare quell’albero, quante olive aveva raccolto quell’annata, quante soddisfazioni e quanto sudore c’erano sotto quegli alberi, ripercorrendo anno per anno, gioie e dolori della sua vita. Per lui, le olive erano i suoi genitori e i suoi figli allo stesso tempo.”
Oggi quella scena si ripropone con la mamma di Enza, Angela(in foto di copertina), che ha ereditato quel piccolo appezzamento ed è rimasta straziata dalla lettera che le ha spezzato il cuore. La stessa che le comunica che i suoi ulivi, quelli in cui sembrava di aver rivisto il padre e la madre, chini sulla terra a raccogliere il frutto di quelle presenze, verranno abbattuti. “Mia madre che è una donna giusta e saggia ci ha insegnato oggi che tutto possono toglierci ma non il dovere di difendere ciò che ci appartiene”, scrive Enza.
Solo nell’agro di Torchiarolo, sono 79 gli alberi indicati ufficialmente nelle diverse notifiche dei decreti già inviati. Ovviamente, non comprendono gli ulivi che insistono nel raggio dei 100 metri che, mediamente, sono 350. Se un calcolo matematico è possibile, non si può quantificare la sofferenza e il dolore nel perdere le proprie radici.
Agnese Poci
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