INTERVENTO/ Cara Lucia, ho letto con non poco stupore il tuo avvelenato articolo-editoriale sulle vicende legate alla nave Norman Atlantic. Complimenti per lo scoop. E complimenti anche alla Rai, alla Gazzetta, a Sky, a Brindisreport, al Secolo XIX, a Mediaset e ai cronisti di tutte le altre testate che in quei giorni si sono avvicendati nelle esclusive perché, come sai, gli scoop si prendono e si danno. Per fortuna il giornalismo, il buon giornalismo, ricerca ancora i dettagli, non si accontenta delle versioni ufficiali e nel rispetto di persone ed eventi cerca di descrivere i fatti con qualità, con obiettività. Domani qualcuno, da qualche parte, avrà un altro scoop “ordinario” che non rivendicherà medaglie e riconoscimenti: sarà un collega che avrà fatto bene il suo lavoro per se stesso, e magari, per i lettori. Pertanto la pretesa di spiegare cosa succede quando lo scoop è di altri, e quindi sottintese incazzature, è solo nella fantasia di “hemingwaiani” reportage di un fronte che non c’è.
Tu accusi due colleghi additandoli di essere i mandanti di una denuncia contro vigili del fuoco rei di aver passato documenti filmati ripresi a bordo del “Norman”, o almeno fai credere questo. Immagino che ce l’abbia con Nicola Quaranta di Quotidiano e con la collaboratrice di Brindisi dell’Ansa, penso Roberta Grassi. Perché non citarli? Cosa c’entra il pudico rispetto del “mestiere” se poi si lasciano intravedere complici omissis da casta?
Ricordo i giorni del disastro, del grande sforzo prodotto da tutti i giornalisti italiani nel raccontare la tragedia che si consumava a poche miglia da Brindisi, della nave per giorni in balìa del mare in tempesta, la paura di quegli ultimi passeggeri salvati due giorni dopo il rogo. E non posso dimenticare il gran lavoro dei vigili del fuoco e degli uomini di mare (alcuni mandati lì con equipaggiamento da esercitazione) che hanno rischiato le proprie vite per salvare naufraghi sconosciuti. E’ il loro lavoro, guidato dalla determinazione e dalla generosità, dall’altruismo e di quella straordinaria capacità di fare gioco di squadra. Nessuno ha mai pensato di mettere in discussione la spontaneità di quegli uomini, quindi figuriamoci se può esserci risentimento se un filmato ripreso col telefonino finisce nelle mani della Bbc o di Televigata. Bravo chi ce l’ha. E se è solo fortuna, congratulazioni a chi è più fortunato.
Il problema, però, è un altro.
Quei giorni, anche per rispondere alle numerose richieste delle decine di giornalisti e inviati, Comando dei vigili del fuoco e Capitaneria di porto tenevano periodici e regolari briefing per informare dei diversi “buchi neri” che si verificavano in mezzo all’Adriatico. Ricordi: quanti sono i morti? E quanti i susperstiti? La nave è stata agganciata, e dove la portano: Italia, Albania, Grecia? Nel buio di quelle ore ci furono persino due morti nel tentativo, sembra arbitrario, di trainare il relitto sulla costa albanese. E’ chiaro che, oltre al lavoro degli inviati nel teatro delle operazioni, i giornalisti a Brindisi avevano praticamente l’“obbligo” di chiedere ai comandi delle operazioni un costante aggiornamento sui soccorsi e sulle eventuali responsabilità che iniziavano ad emergere. E’ accaduto, però, che sistematicamente, e ripeto sistematicamente, alcune notizie rilevanti erano omesse o addirittura sconosciute sia al Comando dei vigili del fuoco di Brindisi che alla stessa Capitaneria di porto. E da qui la formulazione, per quanto riguarda Quotidiano, ma come metodo, presumo, di altre testate, di ricordare correttezza e considerazione per una storia così coinvolgente per l’Italia e i Paesi interessati alla sciagura. Perché o i Comandi nascondevano il progress della vicenda (ed era preciso dovere di un giornalista sottrarsi a eventuali e ipotetiche manipolazioni, sia pur involontarie) o erano tenuti all’oscuro dai subalterni, creando un grave problema di affidabilità e disciplina. Ma questo è un problema di quelle gerarchie che ritengo chiarito.
Affermare, o indurre a credere che i due colleghi giornalisti abbiano denunciato o soltanto sollecitato un’inchiesta è pretestuoso e mistificatorio. Anzi, in quelle particolari condizioni o in altre analoghe che dovessero ripetersi non esiterei a segnalare anch’io, da giornalista, eventuali irregolarità a qualsivoglia autorità o rappresentante proprio in rispetto dei lettori, delle istituzioni e della professione. Quindi non solo condivido il richiamo del collega Quaranta, ma all’omissis dei primi due ti prego di aggiungere per responsabilità oggettiva anche il mio nome.
Per quanto riguarda l’iter della magistratura e l’opportunità di un procedimento si tratta di iniziative che appartengono all’autonomia e all’esercizio della Procura. Sotto un aspetto emotivo posso dire di essere contento dell’archiviazione del caso e della tornata serenità per le persone, e famiglie, che loro malgrado sono state sfiorate da sospetti. Ma tutto ciò non può ritorcersi contro cronisti e testate giornalistiche che, bene o male, cercano solo di difendere il diritto e il dovere di informare. E’ troppo?
Con franchezza e sincero affetto
Mino De Masi
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