INTERVENTO/Il disegno di legge “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” in discussione al parlamento, concepito con le finalità di dare alla magistratura e alle forze di polizia, più strumenti per indagare e per condannare chi specula sul traffico e l’illecito smaltimento dei rifiuti pericolosi, e su altre attività comprese nel termine ‘ecoreati’, presenta elementi di criticità che richiedono importanti e necessarie azioni correttive al provvedimento.
L’innovazione legislativa, quindi, è più che meritoria e sono anche condivisibili quegli articoli – e ve ne sono diversi – che, contemplando reati e sanzioni in forma tipizzata e ben specificata, consentirà ai vari soggetti coinvolti di autodeterminarsi coscientemente al fine di evitare qualsivoglia condotta delittuosa.
Manifestiamo la nostra più viva preoccupazione, invece, per quegli articoli (soprattutto i primi due: 452 bis e 452 ter) in cui l’utilizzo di un wording esasperatamente ampio, generico ed omnicomprensivo, introdurrebbe, inevitabilmente, ulteriori, pesantissime implicazioni di tipo penale per i dirigenti, quadri aziendali e preposti e rischierebbe di produrre effetti punitivi scoraggiando le imprese ed i nuovi investimenti nel nostro Paese.
Quelle disposizioni non appaiono scaturire da approfondita conoscenza del mondo reale nel quale impatteranno né da una visione prospettica delle loro effettive conseguenze, come dovrebbe essere quando si affrontano tematiche molto complesse, tecnicamente e socialmente.
Di fatto in quelle disposizioni non si prendono in considerazione atti incolpevoli, difetti, errori e mancanze, ma tutto è “delitto contro l’ambiente” da punire pesantemente come si fa per il “delitto di mafia”; c’è, poi, una marcata discrezionalità interpretativa – da sempre non soltanto nemica del diritto ma anche degli investimenti – nei controlli, nella vigilanza e nella stessa “punibilità” delle infrazioni.
FEDERMANAGER intende motivare le ragioni per cui è importante apportare modifiche al ddl in discussione.
A fronte di un confronto con gli Associati (Dirigenti e Quadri con responsabilità manageriali), si evidenzia che:
– differenza fra dolo e colpa : la norma non prevede alcuna distinzione tra dolo e colpa se non nelle pene ridotte. È prevista dunque la stessa incriminazione sia per il reato commesso dalle ecomafie che per quello che deriva da un evento/incidente non voluto. Nessun quadro/dirigente volutamente manomette un impianto allo scopo di inquinare maggiormente, nessun quadro/dirigente volontariamente si attiva per procurare il “disastro ambientale”!
– Stop alla deriva colpevolista: nei tecnici e dirigenti d’azienda, non ci sono inquinatori ed attori di crimini; piuttosto la particolarità e complessità di alcuni impianti industriali espone i preposti a situazioni di rischio accidentale. Il dolo va ceduto per intero ai banditi: chi commercia illegalmente i rifiuti per arricchirsi; chi opera in spregio alle leggi.
– Misura del danno ambientale: la legge va profondamente modificata immettendo parametri quantitativi e non qualitativi come nella stesura attuale: altrimenti è sempre e solo “associazione per delinquere”.
Nella definizione di disastro ambientale, il problema sta ad esempio non tanto nella prima parte “l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o l’alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”, quanto nella seconda parte quando dice, ovvero “l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l’estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”.
In questa seconda parte vi è molta indeterminatezza, così come in altri articoli del ddl vedi:
– compromissione o deterioramento rilevante
– particolarmente onerosa
– in ragione della rilevanza oggettiva
– estensione della compromissione
– il numero delle persone offese o esposte a pericolo
– sottrazione di risorse rilevanti
– che non hanno cagionato danno o pericolo concreto
– Ravvedimento operoso: il ddl prevede che il ravvedimento è ammissibile soltanto se le bonifiche vengono realizzate entro l’inizio del dibattimento di primo grado: questo è praticamente impossibile poiché si tratta spesso di interventi complessi i cui soli procedimenti amministrativi di bonifica richiedono anni. La politica non può dettare tempi irrealizzabili; la valutazione dei tempi può essere solo opera di tecnici che se ne assumono la responsabilità. Inoltre il ravvedimento operoso non esclude sequestri e misure interdittive che sarebbero di ostacolo al tempestivo risanamento.
Federmanager auspica quindi la revisione della legge ed esprime preoccupazione per gli effetti sull’apparato produttivo del paese. Per diffusa voce dei propri associati, il rischio conseguente alla applicazione della legge è quello che in poco tempo in Italia, non solo nelle aziende, ma anche nelle Istituzioni pubbliche preposte al rilascio delle autorizzazioni, non ci sia più nessuna persona perbene e scrupolosa disposta a “dirigere”, accollandosi responsabilità e conseguenze penali (fino a 15 anni di galera) anche per atti involontari o incolpevoli che provocassero un danno ambientale.
Federmanager Puglia
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