Zona franca : individuata su Costa Morena, ora pronta l’istanza al Ministero

BRINDISI-  Dovrebbe sorgere sulla banchina di Costa Morena una zona franca per la movimentazione delle merci, un’area senza pagare dazi d’importazione  e senza applicare imposte.

Il progetto fortemente voluto dal Consorzio Asi di Brindisi oltre che dal Comune e dall’Autorità portuale di Brindisi  che potrebbe offrire un’opportunità concreta al territorio ed alle aziende.

Questa mattina presso la sede dell’Asi, i soggetti interessati si sono incontrati per formalizzare l’impegno a presentare istanza  al Ministero per lo Sviluppo Economico. Se non ci saranno intoppi nel iter autorizzativo, nel giro di un anno la zona franca potrebbe essere realtà.

 “E’ una grossa opportunità di rilancio per Brindisi e per le sue aziende- ha sottolineato il presidente dell’Asi, Marcello Rollo- Il nostro obiettivo è quello di fare del nostro porto un porto commerciale. Brindisi ne ha tutte le potenzialità”.

La zona franca è stata individuata in un’area prospicente Costa Morena. Un’area strategica della banchina che sarà collegata alla piattaforma logistica integrata per la movimentazione delle merci. Non solo la zona franca si collega anche al progetto del Comune di raccordo ferroviario tra la zona retroportuale di Brindisi e il nuovo parco merci Tuturano.

 Per la realizzazione della zona franca sarà necessaria la perimetrazione dell’area e la vigilanza che consenta di  controllare le merci, al fine di verificarne la rispondenza ai requisiti previsti dalle leggi internazionali.

Il progetto ha avuto anche il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane Puglia, oggi presente con il suo dirigente, Tommaso La Notte, che ha dichiarato: “La competitività di un porto si vede dalla velocità con cui avvengono le operazioni di sdoganamento. Con una zona Franca il porto di Brindisi potrà fare un salto di qualità”.

Lu.Pez.

1 Commento

  1. Finalmente una iniziativa valida e importante. Come quel tentativo fatto nei primi anni ’50 del secolo scorso. L’iniziativa abortì dopo che furono spesi soldi pubblici per la recinzione e soldi privati per l’acquisto di terreni che rimasero non più utili allo scopo.

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