BRINDISI – Il circo riavvolge la settimana e ricomincia da lunedì con lo spazio dedicato alle compagnie del territorio. Protagonista lunedì 10 novembre alle ore 21 il ‘TDP Temporary Theatre’ con ‘Il Re dei Pagliacci’, lo spettacolo di Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito pensato e scritto per la festa del circo contemporaneo che in questi giorni, fino a domenica prossima, anima il tendone del circo ‘El Grito’ sul lungomare Regina Margherita a Brindisi.
Non si può entrare nello chapiteau di un circo senza prima aver fatto i conti con la propria esistenza, con la propria anima. Perché poi potrebbe capitare di trovarsela davanti, l’anima, presa, annodata, truccata e ingarbugliata da un triste clown che nel buio del tendone racconta la sua. Lo spettacolo si muove tra presente e passato, memoria e invenzione, dritto e rovescio. Tutto si riflette nello specchio deformante del clown: ricordi e desideri, passioni e delusioni, ogni cosa sfocia in una deriva amorosa. A volte lo specchio ingrandisce, deforma e allunga le immagini e i suoni, rendendoli buffi. Altre volte invece ingigantisce la malinconia. Non resta che ascoltare il clown e la sua fabulazione anti-amore.
Il clown è il più nudo di tutti gli artisti, la sua perfezione è la spontaneità, è un turbinio di emozioni che lo rende simile a un bambino, fragile, vulnerabile e innocente, non ostenta abilità ma mette in gioco il fallimento e la debolezza. Il clown fa da specchio per lo spettatore, gli fa riconoscere questi due aspetti in maniera comica, lo spettatore si riconosce e ride dei propri limiti. Una comicità amara e a doppia faccia che mette alla berlina fino al ridicolo i mali della società attuale, che non perdona debolezze e nella quale non è possibile fallire. L’uomo che indossa una maschera per riconoscere se stesso, è questo il clown.
Lo spettacolo è un one man show e, al contempo, il delirio emotivo di un uomo che ha perduto l’amore. In questa storia, dominata da ossessioni moderne come la perdita, la solitudine e il cibo, il clown, prima di entrare in scena, si confida e si racconta, accompagnando il pubblico nelle sue mancanze, in un testo che dice tutto ma non racconta niente, fino al momento in cui l’uomo lascia lo spazio alla sua maschera – o viceversa – per svelare nel finale a sorpresa il filo rosso che lega tutto.
«Se consideriamo che il clown è nascosto nel nostro inconscio – quando ci rendiamo ridicoli per strada, quando ci azzuffiamo, quando siamo innamorati, insomma tutti gli aspetti buffi di ogni persona – credo che ognuno di noi lo abbia. Si tratta di decidere se vogliamo servircene oppure no. È questa la grande differenza, ed è qui che risiede la difficoltà». Gilles Defacque
BrindisiOggi
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