Pronto soccorso, il primario: « Poche risorse, ed abuso delle prestazioni mediche »

BRINDISI – Sono tanti i problemi che affliggono il pronto soccorso dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi, derivanti da aspetti diversi e indipendenti tra loro: scarsezza di risorse umane e materiali, concentrazione dei pazienti provenienti da tutta la provincia, taglio dei posti letto dovuto al riordino ospedaliero ma anche abuso dell’utilizzo del presidio e “contrabbando” dei sintomi al fine di ottenere prestazioni mediche in tempi rapidi. Questa, in estrema sintesi, è l’analisi offerta da Erminio Greco, primario della struttura, che, comunque, vede nel grande lavoro della sua equipe di medici e infermieri un successo che si traduce nel servizio offerto all’utenza 24 ore su 24.

Dottor Greco, qual è il bilancio complessivo dell’operato del pronto soccorso?

«Leggendo i dati, decontestualizzandoli dall’ambiente da cui i numeri provengono, cioè il pronto soccorso del Perrino, le cose vanno come ci si aspetta: abbiamo preso in carico, dall’inizio dell’anno, quasi 36mila utenti, arrotondando per difetto, che, giornalmente, fa dai 160 ai 210 pazienti. Contando da quando si varca la porta in entrata a quando si lascia l’ospedale, con tutto quello che c’è in mezzo, è normale che il tempo passi. Non sarebbe normale se si entrasse un giorno e si uscisse il giorno appresso ma questo non accade. Se si pensa che, una volta preso in carico il paziente, questo, spesso, si sottopone a esami vari, radiografie, tac o risonanze magnetiche, consulenze nei vari reparti di competenza e, infine, si deve disporre per lui il ricovero o le dimissioni, è fisiologico che le lancette corrano in avanti. Il radiologo, ad esempio, ha la necessità di qualche minuto per leggere bene le lastre e poter scrivere il referto che poi viene trasmesso allo specialista del caso che deve accogliere il paziente per la consulenza. La trafila si ripete per ogni paziente e, quindi, medici e infermieri non si fermano mai ma gli utenti rimangono ad aspettare quelli che a loro sembrano tempi morti ma che, in realtà, morti non lo sono affatto».

Come è organizzato il personale operante in pronto soccorso?

«Abbiamo 4 medici in servizio nei turni di mattina, 3 al pomeriggio e 2 di notte. L’ideale sarebbe avere un 4-3-3, come il modulo calcistico ma, si sa, siamo alle prese con una serie infinita di problemi e la scarsezza di risorse umane è solo uno di questi. In realtà è stato bandito un concorso, nel marzo scorso, per l’assunzione di una decina di medici, da dislocare in tutto il territorio di competenza dell’Asl. L’azienda, come previsto dal regolamento, ha tempestivamente nominato il componente della commissione giudicante. Siamo in attesa da mesi della nomina della restante parte della commissione che spetta alla Regione. L’Asl, per accelerare i tempi, ha fatto quel che doveva, siamo nelle mani di Bari»

I tempi d’attesa sono una delle grandi piaghe che l’utenza lamenta? Quali sono i dati in merito?

«Il dato in nostro possesso, dalle informazioni registrate dal terminale del triage, va scorporato a seconda del codice assegnato a ogni paziente che si presenta allo sportello: gli oltre 17mila codici verdi arrivati in ospedale da gennaio ad agosto hanno passato circa 50 minuti da quando sono stati registrati a quando sono stati visitati dal medico di turno e oltre due ore passano in media dalla visita alle dimissioni; i codici gialli, quelli più seri, più di 16mila all’accettazione, aspettano poco meno di mezzora la chiamata del dottore e quasi tre ore e mezza prima di essere dimessi o ricoverati; i 355 codici rossi, i casi urgenti, attendono appena 5 minuti prima di ricevere la visita e circa due ore e mezza prima del ricovero o delle dimissioni; in ultimo, i quasi 2000 codici bianchi, i casi meno gravi di tutti, quelli che potrebbero essere esaminati anche in altre strutture di base, ci mettono circa 25 minuti per la chiamata e più di un’ora e mezza per essere dimessi. I tempi d’attesa potrebbero certamente accorciarsi. Se si utilizzasse il pronto soccorso in maniera più razionale e consapevole, ad esempio, il servizio offerto sarebbe sicuramente migliore ma, nelle condizioni in cui operiamo giornalmente, tra tutte le difficoltà e le tensioni che il pronto soccorso dell’ospedale più grande della provincia si porta dietro per definizione, riusciamo a tenere botta».

Come funziona il sistema dei codici con cui vengono smistati i pazienti in accettazione?

«È molto semplice: quando si arriva in pronto soccorso si viene accolti allo sportello dell’accettazione dove un infermiere assegna un codice in base all’urgenza del caso. Ci sono quattro possibilità, in ordine di priorità crescente: bianco per i casi che potrebbero essere esaminati in altre strutture di base; verde per i casi meno gravi; giallo per quelli che cominciano a diventare preoccupanti; rosso, infine, per le situazioni urgenti. Ogni codice ha una corsia e del personale dedicato: il codice rosso è “chiuso” nel senso che, anche se non ci sono pazienti con codice rosso lo studio dedicato rimane vuoto per trovarsi sempre pronto in caso di emergenza; i verdi e i gialli sono intercambiabili, ossia quando una coda è vuota il personale attinge a quella dell’altro colore per velocizzare le operazioni; i bianchi funzionano come i rossi e non possono prendere in carico pazienti con altri codici».

Come si potrebbe migliorare il servizio del pronto soccorso dell’ospedale Perrino?

«Sono tante le cose che non vanno come dovrebbero andare, a tutti i livelli: il piano di riordino ospedaliero, ad esempio, ha avuto le ripercussioni maggiori proprio sul nostro pronto soccorso. Basti pensare che sono spariti nel nulla 1800 posti letto e che, quindi, spesso siamo costretti a trattenere in sala d’attesa i pazienti che aspettano il ricovero. Lo stesso piano, poi, nelle strutture della provincia, non è andato alla stessa velocità con cui ha viaggiato in ospedale, svuotando la medicina territoriale delle sue peculiarità che sono la cura delle patologie più lievi che, puntualmente si riversano da noi perché percepiti come l’unico luogo cui rivolgersi. Più ambulatori, medici di base e guardie mediche, quindi, per sgravare il pronto soccorso dai casi di cui non è tenuto a farsi carico. L’altra brutta abitudine assai diffusa è quella di “contrabbandare” i sintomi per ottenere le prestazioni di cui si ha bisogno in tempi rapidi: spesso si arriva in pronto soccorso accusando dolori che non esistono per sottoporsi a esami di ogni tipo e ottenerne i risultati in breve tempo, bypassando le liste d’attesa. Speriamo che questo tipo di cattive abitudini muoiano col passare del tempo. Noi, intanto, stiamo provvedendo, appena avremo a disposizione il personale sufficiente, ad allestire l’osservazione breve: 6 posti letto per tenere dalle 24 alle 36 ore quei pazienti che hanno effettivo bisogno di uno screening per valutare le loro condizioni in maniera puntuale, evitando di rimandarli a casa. Per tutti gli altri, invece, il consiglio è sempre lo stesso. Prima di venire in pronto soccorso, fate una chiamata al medico di famiglia: lui potrebbe risolvere il vostro problema in brevissimo tempo e col minimo sforzo. Per tutti».

Maurizio Distante

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