Patenti facili: 3 condannati e 2 assolti per titolari di scuole guida e funzionari della Motorizzazione

BRINDISI – “Patente 2.0” è il nome dell’operazione condotta, nel 2012, dai militari della Guardia di Finanza di Fasano che ha portato alla condanna, in questi giorni, di 3 persone e all’assoluzione di altre 2. Il lavoro dei finanzieri era mirato a smascherare un presunto sistema di esami truccati per conseguire la patente di guida e ha prodotto la condanna a una pena massima per gli imputati, sospesa, di un anno e 10 mesi. I condannati sono Giuseppe Caramia, 46 anni, di Alberobello, in provincia di Bari, titolare di una scuola guida a Fasano, Antonio Massaro, 57 anni, e Angelo Ferrari, 45 anni, entrambi di Brindisi. I due ispettori assolti sono Adriana Bolognini, 56 anni, e Vito Antonio Resta, 54 anni, anche loro di Brindisi: i due erano accusati di truffa ai danni dello Stato per aver fruito di rimborsi per l’utilizzo di auto di servizio.

Altri 3 imputati erano stati già condannati dopo il rito abbreviato con il quale avevano chiesto di essere giudicati. I reati contestati dal gip agli 8 indagati dell’operazione per i quali, nel marzo 2012, venne emessa un’ordinanza di custodia cautelare, dipendono dai ruoli che i protagonisti avrebbero nella vicenda: i titolari di scuola guida furono accusati di associazione per delinquere, ipotesi di reato poi decaduta, finalizzata alla commissione di delitti contro la fede pubblica e di induzione, mediante inganno, a formare atti pubblici ideologicamente falsi, e di presentazione, come propria, di opera altrui, per i titolari di scuola guida e i candidati. Secondo quanto ricostruito anche grazie alle numerose intercettazioni operate dagli uomini della Guardia di Finanza di Fasano a partire dal 2011, bastavano 2000 euro per riuscire a superare, senza problemi e senza fatica, la prova scritta dell’esame per ottenere la patente di guida.

Le risposte ai quesiti presenti sulla scheda venivano comunicate ai candidati “concilianti” via telefonino od orologio ricetrasmittente. Gli esaminandi, secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, si presentavano da privatisti indossando una ricetrasmittente camuffata da orologio con un telefonino incorporato e con altri due cellulari, privati della suoneria, celati sotto gli abiti, sui cui display apparivano le risposte alle domande presenti sulla scheda.

BrindisiOggi

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*