MESAGNE – Da tetro simulacro simbolo della decadenza civile rappresentata dalla Sacra Corona Unita, che da queste parti regnava sovrana fino a qualche anno fa, a emblema della legalità, del lavoro pulito e di un territorio che non vuole piegarsi al potere dei boss. È questa la più grande trasformazione subita da masseria Canali, a Mesagne. Più dei lavori di ristrutturazione voluti dal Comune, più del costante ed encomiabile impegno della cooperativa Terre di Puglia LiberaTerra che gestisce il bene, infatti, il cambiamento più significativo della masseria confiscata a uno dei capi della Scu, Carlo Cantanna, attualmente in carcere a Trani, sta nel ribaltamento dell’immagine della struttura.
Un ribaltone richiamato anche dall’assessore regionale alle Politiche giovanili, Trasparenza e Legalità, Guglielmo Minervini, presente insieme a tante altre autorità politiche, militari e religiose all’inaugurazione ufficiale della struttura. «Quando abbiamo cominciato questo percorso con Libera – ricorda Minervini – qui non voleva venirci nessuno. Si aveva paura. Per bonificare il terreno dalle pietre abbiamo dovuto far venire i trattori da Foggia perché gli agricoltori locali non volevano neanche sentirne parlare. Vedere oggi, invece, un fiume di gente, tantissimi giovani, riempire questa masseria non può che farmi felice e rendermi speranzoso per il nostro futuro e per quello della nostra Puglia».
Sono stati tanti i temi toccati negli interventi tenuti dopo il taglio del nastro a opera del sindaco di Mesagne, Franco Scoditti, in quella che era la stalla della masseria, divenuta un gioiellino dotato di laboratori, biblioteche e, ovviamente, tanti campi coltivati. Il discorso più atteso, ovviamente, è stato quello di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, introdotto da un emozionatissimo Fernando Orsini, presidente del consiglio della Città. «Vorrei un futuro in cui la parola legalità non debba essere più usata – ha provocato il sacerdote antimafia – Significherebbe che la battaglia contro la criminalità sarebbe finita con la nostra vittoria. La strada è in salita, non ce lo dobbiamo nascondere, ma c’è e va percorsa ogni giorno, con tenacia, con costanza. Proprio come fanno i ragazzi che gestiscono questa struttura: hanno cominciato, letteralmente, piantando un seme che oggi è diventato quello che vedete».
I 20 ettari confiscati alla Scu insieme agli immobili, nel lontano 1994, sono coltivati dalla cooperativa Terre di Puglia LiberaTerra, rappresentata dal presidente Alessandro Leo, dal 2006. «Abbiamo cominciato quasi 10 anni fa – spiega il presidente della cooperativa – Ora il nostro obiettivo più grande è riuscire a mangiare da questa terra e a far mangiare tanta altra gente attraverso il lavoro pulito». Tanti sono stati, negli anni, gli atti vandalici, incendi soprattutto, verificatisi nei campi di masseria Canali. «Non bisogna lasciarsi intimorire dalla violenza e dalla prepotenza della criminalità – continua don Ciotti – bisogna sottrarre ai malviventi le imprese che controllano e creare lavoro pulito: solo così si può essere liberi».
Il sacerdote si è anche soffermato su temi di stringente attualità politica, sottolineando l’urgenza per l’approvazione di alcune misure che sarebbero pronte ma che giacciono, vegetando, tra le varie commissioni e le aule delle due Camere. «C’è un pacchetto di riforme belle – ha ammonito – di cui, però, viene sempre rimandata l’approvazione. Tra di esse ci sono la reintroduzione di reati come il falso in bilancio, la riduzione dei termini di prescrizione e la legge sui beni confiscati alle mafie. Se si riuscissero a sbloccare questi provvedimenti, il nostro percorso diventerebbe un pochino più agevole».
L’attenzione del presidente di Libera, però, è sempre rivolta alle nuove generazioni e a quello che, col nostro operato, riusciremo a lasciare loro. «Bisogna continuare con gli incontri a scuola, con le visite in masserie didattiche come questa per far capire ai più piccoli che dietro a un pomodoro c’è il lavoro e il sacrificio dei contadini che devono vedere riconosciuta e preservata la propria dignità umana. Bisogna insegnare loro che, ahimè, esistono ancora della sacche di sfruttamento e grande precariato in agricoltura come in ogni altro tipo di impiego e che, spesso, dietro gli sfruttamenti c’è la mafia che, sulla pelle della gente, costruisce i propri loschi e redditizi affari».
Maurizio Distante
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