BRINDISI- Di Ettore e Ismail n’è pieno il mondo: sono i diseredati che popolano i centri e le periferie di tutte le città del globo terracqueo. Povertà, emarginazione, lontananza da casa, quando c’è, perdita degli affetti e la tragica scelta di affidarsi alla bottiglia per diluire i problemi e le delusioni che quotidianamente punteggiano le loro esistenze scandiscono lo scorrere del tempo, sempre più simile, per loro, a un conto alla rovescia. Le giornate di Ettore e Ismail si declinano quasi sempre allo stesso modo: cercare qualcosa da bere e da mangiare, per tirare avanti.
Nel mezzo, una serie infinita di corse all’ospedale a sirene spiegate perché si è esagerato e, quando si esagera, si finisce all’ospedale. Una chiamata al 118 e via, verso il pronto soccorso dell’ospedale Perrino. Anche qui, il copione si ripete come un triste canovaccio, sempre uguale a se stesso: una barella, qualcosa che possa aiutarli a ripristinare una parvenza di equilibrio delle loro funzioni vitali e, daccapo, di nuovo incontro al loro destino. Fino alla prossima chiamata. «Li recuperiamo anche fino a 6, 7 volte al giorno – racconta un operatore del servizio emergenza/urgenza – ed è sempre la stessa storia: li raccogliamo in ogni rione della città, li portiamo in pronto soccorso e, dopo un po’, li lasciamo andare».
La testimonianza dell’operatore trasuda impotenza: nulla possono, infatti, i sanitari in questi casi. Il problema, in effetti, dovrebbe avere altre soluzioni. «Non sono i primi e non saranno gli ultimi – continua il paramedico – siamo affezionati a Ismail e a Ettore, gli vogliamo bene e, per quanto possibile, cerchiamo di dargli una mano ma la situazione, per noi, sta diventando insostenibile». Sei viaggi al giorno per due persone fa un totale di dodici uscite di ambulanza e squadra di soccorso: un impegno da un punto di vista finanziario e di risorse non indifferente per il sistema sanitario nazionale. «Capita che mentre siamo impegnati con loro arrivino delle segnalazioni per incidenti o malori gravi che devono aspettare».
Il punto è proprio questo: come fare a non lasciare abbandonati al proprio destino Ismail ed Ettore senza che la loro condizione debba gravare sulla qualità di un servizio importante come il 118? Anche gli operatori stessi se lo chiedono, non trovando una risposta se non quella di continuare a recuperarli ogni volta che il telefono squilla per una chiamata. La rete sociale che dovrebbe proteggere simili soggetti ha le maglie, purtroppo, troppo larghe e le istituzioni a tutti i livelli non riescono, probabilmente, a far fronte a ogni emergenza di questo tipo. Il problema, però, rimane a carico del 118 e la cosa non è confortante: sarebbe il caso, stando così le cose, di prendere qualche provvedimento in merito, per evitare che gli unici interlocutori seri e professionali e, al tempo stesso, capaci di infondere loro un po’ di calore umano a Ettore e Ismail siano vestiti di arancione.
Maurizio Distante
che vergogna e lo mettete anche per iscritto???