BRINDISI – A poche ore dal consiglio comunale che dovrebbe trovare una quadra sulla direzione che la città di Brindisi dovrebbe intraprendere in materia di politica energetica, le tre sigle confederali di categoria, Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil, sono intervenute sulla questione, apportando il proprio contributo sullo stato delle cose dal punto di vista del lavoro, non tralasciando l’altro aspetto che tanto sta facendo discutere, quello ambientale. L’intervento dei sindacati arriva dopo quello preoccupato di Emanuele Vinci, presidente provinciale dell’ordine dei medici e degli odontoiatri di Brindisi, sulle condizioni di salute registrate nel territorio brindisino, dopo i numeri non proprio confortanti del Cnr su emissioni, inquinanti e possibili azioni da intraprendere a riguardo e dopo l’ammonimento a politica e istituzioni dell’onorevole democratica Elisa Mariano che esorta tutti a compiere scelte che possano coniugare lavoro e salute.
«Le decisioni dell’assise comunale non possono prescindere dal coniugare ambiente e lavoro – scrivono le segreterie dei sindacati – criterio indispensabile per uno sviluppo sostenibile. I lavoratori Edipower/A2A, in attesa delle autorizzazioni ministeriali per la realizzazione del nuovo progetto industriale che prevede il dimezzamento della potenza, lo smantellamento dei gruppi 1 e 2 e la realizzazione di impianti ambientali di ultima generazione, sono in contratto di solidarietà difensiva con la conseguente drastica riduzione salariale, mentre i lavoratori indiretti sono da oltre un anno senza sostegni economici». Di fronte a questo quadro generale così preoccupante e tanto statico, l’allarme del sindacato in occasione di un consiglio comunale così importante è alto. «Il centro ricerca, malgrado gli impegni assunti dal gruppo Enel con le istituzioni, continua a essere fortemente penalizzato dalle scelte aziendali di ridimensionamento e di mancata valorizzazione delle competenze in campo ambientale, nel reimpiego dei residui termoelettrici, nelle rinnovabili innovative e per lo sviluppo di nuove filiere produttive come le biomasse e i biocombustibili. È necessario tener conto anche degli altri siti energetici presenti nel territorio, che devono contribuire al miglioramento ambientale con l’adozione delle migliori tecnologie disponibili».
La ricetta dei sindacati, che danno appuntamento al 17, quando seguiranno il consiglio con una delegazione di operai e impiegati, per la politica energetica delle città di Brindisi punta, tanto premesso, a tenere insieme la salute della popolazione e le prospettive d’impiego per i lavoratori. «Riteniamo che non si possano prendere in considerazione soluzioni che prevedano la chiusura dei siti produttivi che, invece, vanno valorizzati per ottenere investimenti e nuova occupazione. Così come riteniamo indispensabile che gli enti pubblici preposti al controllo e alla tutela ambientale, debbano essere adeguatamente finanziati e potenziati per svolgere al meglio il ruolo a essi affidato a garanzia dei cittadini e dell’ambiente».
BrindisiOggi
Certamente occorre coniugare lavoro e salute sapendo però che:
Appartengono alle biomasse le sostanze biologiche di origine animale e vegetale(residui forestali , residui della lavorazione del legno, gli scarti provenienti dalle aziende zootecniche quali i liquami e quelli provenienti dalle aziende ittiche nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. Bruciando tutte queste sostanze possiamo ricavare energia ( bruciandole,modo diretto) o trasformarle in combustibile(modo indiretto). Nel bruciare le biomasse di origine vegetale si ottiene il vantaggio che l’anidride carbonica che viene emessa con la combustione non causa un incremento di quella già presente a livello ambientale, perché grosso modo è la stessa che i vegetali hanno assorbito per il loro sviluppo (fotosintesi),inoltre comporta una produzione minimale di zolfo, viene quindi ridotta la produzione di piogge acide.Gli svantaggi nel bruciare le biomasse di origine vegetale consistono sul fatto che le tecnologie attualmente utilizzate non consentono di sfruttare al massimo le biomasse allo scopo di ottenere elevata qualità e notevole rendimento. Altri svantaggi sono la mancanza di un piano organico di sfruttamento delle biomasse a livello nazionale. Le biomasse vanno fatte dove ci sono le materie prime.
Utilizzo dei rifiuti industriali e urbani(TERMOVALORIZZATORI).
Un termovalorizzatore è un inceneritore che riutilizza il calore prodotto anche se con rendimenti inferiori. La differenza sostanziale è che un semplice inceneritore distrugge i rifiuti senza alcun’altra utilità, mentre un termovalorizzatore oltre a distruggere i rifiuti, riutilizza il calore così generato per produrre energia.
In Italia, la produzione di energia elettrica tramite incenerimento dei rifiuti è indirettamente sovvenzionata dallo Stato: infatti questa modalità di produzione è considerata come “da fonte rinnovabile” alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico. Pertanto chi gestisce l’inceneritore può vendere all’Enel la propria produzione elettrica ad un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità (vendendola all’Enel) usando metano, petrolio o carbone. I costi di tali incentivi ricadono naturalmente sulle bollette. L’Unione Europea ha inviato una infrazione all’Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici e considerandola come “fonte rinnovabile”
I termovalorizzatori/inceneritori sono dotati di sistemi di controllo e riduzione delle emissioni tali, a detta di alcuni, da renderli compatibili con le esigenze di tutela ambientale .Qualora questi sistemi funzionassero impeccabilmente,occorre però dire che diversi studi in nanotossicologia asseriscono che nell’aria comunque vengono liberate particelle inorganiche microscopiche che nessun filtro al mondo è in grado di bloccare,le quali,entrando nell’organismo attraverso ingestione e inalazione si stabiliscono in un organo o in un tessuto( cosidette nanopatologie ,nanoparticelle inorganiche della misura variabile da Pm 2,5 a Pm 0,1) Vero è anche che la combustione di RSU(rifiuti solidi urbani) produce azoto, zolfo, cloro e metalli pesanti ben più rilevante di quello presente nei combustibili fossili convenzionali e una varietà di inquinanti organici “persistenti” – come gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), i tristemente noti policlorobifenili (PCB) e le diossine i cui effetti sulla salute e sulla mortalità, sia a lungo termine (effetti cancerogeni e/o mutageni), sia a breve termine (avvelenamento.
L’analisi in continuo delle diossine, dei metalli e degli IPA richiedono lunghe metodiche di campionamento a esclusivo appannaggio di competenze tecniche sofisticate, pertanto costose e di difficile acquisizione. L’esposizione per brevi periodi ad alte concentrazioni di diossine porta eruzioni cutanee e alterazione delle funzioni epatiche. L’esposizione per lunghi periodi di tempo a concentrazioni più basse si associa invece a disturbi del sistema immunitario, riproduttivo, endocrino e nervoso.L’impatto sanitario del piombo produce effetti a carico di diversi sistemi, tra cui quello nervoso, cardiocircolatorio, urinario e riproduttivo. Di particolare interesse è l’effetto che interessa lo sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini, anche a basse concentrazioni. Infine i termovalorizzatori producono ceneri da smaltire comunque in discarica (circa il 30% in peso rispetto ai rifiuti in entrata) e altre sostanze di scarto che costituiscono rifiuti speciali più difficili e costosi da smaltire.