Sanitaservice, continua la protesta per il mancato rispetto della “clausola sociale”

BRINDISI – Non accenna a placarsi la protesta dei lavoratori della Sanitaservice, ditta in house che gestisce alcuni servizi per conto dell’Asl di Brindisi, dopo la manifestazione dello scorso 16 febbraio, quando, all’ingresso della struttura, hanno chiesto a gran voce, con l’appoggio della Cgil Funzione Pubblica, il rispetto della “clausola sociale” che l’azienda sanitaria locale non avrebbe applicato al momento della loro internalizzazione, risalente a due anni fa. Se le cose non dovessero sbloccarsi, gli ausiliari sono pronti a indire uno sciopero che bloccherebbe, in buona sostanza, molte faccende essenziali alla vita delle strutture ospedaliere dell’azienda.

La storia dei malumori serpeggianti tra i dipendenti della Sanitaservice parte da lontano, dall’1 maggio 2012, quando 304 tra lavoratori Ciclat e Manutencoop furono internalizzati. Le categorie di appartenenza dei dipendenti chiamati a passare in Sanitaservice erano 5: l’ausiliariato, la portineria, la logistica, il data entry e l’assistenza psichiatrica. Tre mesi prima, l’1 febbraio, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, indirizzò una lettera, tra gli altri, ai direttori generali delle Asl  in cui affermava che, nelle condizioni di crisi in cui ci troviamo, è «particolarmente importante l’applicazione rigorosa e uniforme delle previsioni contenute nell’articolo 25 della legge regionale 3 agosto 2007, n.25, così come successivamente sostituito dall’articolo 30, legge regionale 25 febbraio 2010, n.4 (quello che regola la “clausola sociale”, ndr). È noto come questa norma imponga alla Regione, agli enti, alle aziende e alle società strumentali di prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e, in ogni caso, nelle condizioni di contratto per l’affidamento di servizi, l’assunzione del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali già in essere».

I 304 internalizzati, invece, pur avendo un’anzianità compresa tra i 10 e 22 anni, spesi tutti nelle strutture dell’Asl, non sono stati inquadrati rispettando, come la clausola vorrebbe, le condizioni economiche e contrattuali già in essere ma gli è stato fatto firmare un contratto di riferimento Aiop, Associazione Italiana Ospedalità Privata, con livello A che equivale a ripartire da zero sia da un punto di vista retributivo che professionale. In soldoni, personale addetto e qualificato a svolgere mansioni di ausiliario specializzato, portiere, addetto alla logistica, è stato inquadrato come ausiliario generico, il vecchio portantino, insomma. Questo, ovviamente, sulla carta perché, in realtà, i dipendenti hanno continuato a svolgere il lavoro che facevano prima dell’internalizzazione. Ad aumentare il malcontento dei dipendenti c’è la circostanza che 2 categorie su 5, quella del data entry e quella dell’assistenza psichiatrica, hanno goduto della clausola, con i conseguenti diritti che essa si porta dietro.

Nel maggio 2013, poi, l’assessore regionale al Welfare, Elena Gentile, nel rispondere con una lettera proprio a un dipendente della Sanitaservice, ha sottolineato il principio alla base della clausola sociale, citando una sentenza della Corte Costituzionale, la 68/2011, che andava in questa direzione. «Infatti – scrive l’assessore – la Corte Costituzionale ha riconosciuto la piena validità della cosiddetta “clausola sociale”». Le recriminazioni dei dipendenti della Sanitaservice, quindi, paiono essere supportate da determinazioni ben precise e circostanziate. Il pallino, ora, passa alla dirigenza dell’azienda che, finora, a detta dei lavoratori, si è dimostrata sorda alle loro richieste.

Maurizio Distante

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