Il dramma dell’immigrazione dall’Italia all’Albania: “Italianesi” in scena al Verdi

 BRINDISI-  Il tema dell’immigrazioni, la storia di migliaia di italiani intrappolati in Albania in scena al Nuovo Teatro Verdi. «Esiste una tragedia inaudita, rimossa dai libri di storia, consumata fino a qualche giorno fa a pochi chilometri dalle nostre case»: la mette in scena «Italianesi», monologo di Saverio La Ruina in programma giovedì prossimo 16 gennaio al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi. La Ruina, celebrato da diversi anni dalla critica nazionale, proprio per questo spettacolo ha ricevuto il prestigioso premio UBU come «miglior attore protagonista» nel 2012, oltre ad altri premi nazionali per la drammaturgia, per la qualità del testo o come miglior spettacolo.

Alla fine della seconda guerra mondiale, migliaia di soldati e civili italiani rimangono intrappolati in Albania con l’avvento del regime dittatoriale, costretti a vivere in un clima di terrore e oggetto di periodiche e violente persecuzioni. Con l’accusa di attività sovversiva ai danni del regime la maggior parte viene condannata e poi rimpatriata in Italia. Donne e bambini vengono trattenuti e internati in campi di prigionia per la sola colpa di essere mogli e figli di italiani. Vivono in alloggi circondati da filo spinato, controllati dalla polizia segreta del regime, sottoposti a interrogatori, appelli quotidiani, lavori forzati e torture. In quei campi di prigionia rimangono quarant’anni, dimenticati. 

Tra loro Tonino, il protagonista dello spettacolo, che nasce nei campi nel 1951 e vive quarant’anni nel mito del padre e dell’Italia che raggiunge con la caduta del regime. In 365 arrivano in Italia riconosciuti come profughi, convinti di essere accolti come eroi, ma paradossalmente condannati ad essere italiani in Albania e albanesi in Italia.

«Mia madre mi parlava sempre di mio padre e mi raccontava dell’Italia, e io ho cominciato a venirci ogni notte in Italia, nei miei sogni. Ho iniziato a sentire il rumore del mare, a immaginare come potesse essere Ischia, le montagne. Conoscevo l’Italia senza averla mai vista». Inizia così la narrazione del protagonista, che si snoda in quel crescendo pacato ed evocativo che è tipico della recitazione di Saverio La Ruina.

Pochi gli elementi sulla scena, ma resi vivi da un uso sapiente: una sedia che si volge ora da un lato ora dall’altro, la luce che definisce senza esitazione né sfumatura alcuna il “dentro e il fuori” della scena, mentre Roberto Cherillo esegue il tessuto musicale – lievissimo – elaborato ad hoc per lo spettacolo, ombre sulle pareti che assediano l’uomo al centro della scena e poi fuggono via, seguendo un’oscillazione senza posa. Uno spettacolo da non perdere di uno degli autori che stanno segnando in modo decisivo la scena italiana contemporanea.

BrindisiOggi

 

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