Vincenti: “Perchè deve vincere Renzi”

INTERVENTO/ Con il voto di domenica arriva a compimento un percorso congressuale per alcuni versi inedito. Per la prima volta nel partito si confrontano tre candidati con le stesse possibilità di essere eletti, non esiste un candidato certo di essere il prossimo segretario. Dal 2007 questo fatto rappresenta una grande novità ed anche una evoluzione del Partito, la prova della contendibilità della leadership, finora solo esibita ma mai praticata.

Ci arriviamo anche con una novità a suo modo storica, ovvero con la avvenuta decadenza da ruolo di senatore di Berlusconi, oggi leader decaduto di un centrodestra frantumato e leader di un partito di minoranza. Aggiungo che avviene nel momento in cui si segnala il momento di maggiore difficoltà del sistema politico e dei partiti politici, e nel mezzo di una crisi economica che ancora non dà segnali di cedimento, nonostante qualche segno di ripresa degli ordinativi nel settore manufatturiero, anche nel mezzogiorno. Un congresso che si celebra con il PD al governo del paese, un governo al quale va riconosciuto il merito di riuscire di aver ridato dignità e credibilità internazionale al nostro paese pur in un quadro caratterizzato da frammentazione parlamentare, tra i partiti politici e all’interno dei partiti.

 Dunque un congresso che  si celebra in uno scenario di crisi.

Con queste premesse non era scontato un percorso unitario e condiviso. Era possibile una lacerazione profonda che invece non c’è stata e non ci sarà neppure dopo. Naturalmente non vanno sottovalutate le fibrillazioni che hanno caratterizzato il percorso congressuale, ma dobbiamo riconoscere che in un contesto politico drammaticamente avvitato su se stesso ancora una volta il PD ha saputo dimostrare compattezza e tenuta, anche in considerazione della prova di governo alla quale è chiamato, in un momento drammatico dal punto di vista economico e sociale. Dunque trova conferma il fatto che il PD anche in una fase così incerta, densa di pericoli e di preoccupazioni rappresenta nonostante tutte le difficoltà un riferimento sicuro, certo, solido e rassicurante per la nostra democrazia.

Tuttavia non basta. Non basta rassicurare, il paese ha bisogno di una scossa, di un colpo di reni.  L’Italia vive da decenni in un sonno senza tempo, priva di una prospettiva per il futuro, senza alcun progetto. Vive alla giornata, con in mano un copione scritto da troike economiche che risiedono all’estero e ci dettano i compiti da fare a casa. Allo stesso tempo, il “partito nuovo”, quel partito che noi abbiamo fondato per portare un contributo decisivo alla crisi della politica e del sistema dei partiti si ritrova a sua volta ricoperto spesso delle incrostazioni della vecchia politica: inefficace, governato da strutture ridondanti, da apparati autoreferenziali che mirano unicamente alla loro autoriproduzione. La verità è che il Partito Democratico nonostante tutto è anch’esso parte integrante della crisi della politica, e non credo che necessario tornare a parlare della vergognosa questione dell’elezione del Presidente della Repubblica per portarne ulteriori prove.

Le mozioni presentate dai candidati non presentano grandi differenze sul piano del posizionamento del Partito Democratico nello scenario politico. Per tutti i candidati il PD si conferma partito riformista,  profondamente europeista, ancorato al mondo del lavoro e basato su principi solidaristici. Nelle mozioni presentate da Matteo Renzi, Gianni Cuperlo e Pippo Civati, così come nelle argomentazioni di Gianni Pittella – che ha partecipato alla prima scrematura di questo nostro congresso con argomentazioni tutt’altro che banali – sono presenti spunti di grande interesse che già sono patrimonio del Pd e continueranno ad esserlo qualsiasi sia il risultato di domenica prossima: penso al tema della partecipazione degli iscritti e al valore della militanza, ai circoli come comunità aperte di cittadini al servizio del proprio territorio. Penso al tema della riforma legge elettorale, dell’urgenza di snellire le istituzioni e dare un profilo più dinamico al processo decisionale. A come creare occupazione, specie per i giovani e particolarmente nel Mezzogiorno, a liberare l’economia per tornare a crescere.

Non è  in discussione il profilo identitario di un partito: le fondamenta su cui è nato il PD restano solide e non sono certamente messe in discussione. Allo stesso tempo non si tratta di una sfida su una diversa idea di forma-partito,  tra una visione burocratica tradizionale e una basata sul primato della leadership. Non è questo il punto dirimente.

La posta in gioco del congresso del più importante partito politico italiano, partito al governo del paese, sta nella capacità dei suoi gruppi dirigenti di imprimere la forza del cambiamento a se stesso e all’Italia, a dare nuovo impulso e a re-indirizzare le politiche del governo guidato da Enrico Letta,  terminate le paralizzanti  larghe intese. Ciò che manca a Cuperlo e Civati è proprio  la capacità di dare impulso al cambiamento e di dare un senso alla sfida per il futuro del paese. Personalmente sono fermamente convinta che nel PD questa capacità la possiede solo Matteo Renzi.

Oggi Renzi rappresenta l’unico dirigente politico a disposizione del Partito Democratico che abbia carisma, spinta propulsiva, capacità di radunare intorno a sé intelligenze, entusiasmo e voglia di fare, in un insieme di utopia e concretezza. Renzi è l’unico dirigente del nostro partito capace di farci uscire fuori dall’incubo di un passato che non passa, di un’attesa senza tempo che brucia generazioni, di sbloccare un quadro politico che non si può più reggere sempre sull’eccezionalità del “caso” italiano; di rianimare una sinistra italiana sempre più avviluppata in stanche liturgie  e avvilenti confronti tra clan che si risolvono sempre in lacerazioni o arroccamenti.

Non solo: con Matteo Renzi segretario del PD è possibile  offrire un cambiamento anche a quella parte di moderatismo di stampo liberale non parassitario ormai orfano dell’illusione berlusconiana, oggi disponibile a confrontarsi con una nuova offerta politica coraggiosa ed innovativa.

L’alternativa è continuare a crogiolarsi nella vecchia politica fatta di compromessi al ribasso, sotto le minacce delle troike economiche e di un populismo allarmante, alimentato dalla spregiudicatezza di un berlusconismo morente e di un grillismo che non ha ancora terminato di sprigionare i suoi miasmi.

Antonella Vincenti

Candidata nella lista Renzi

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