BRINDISI- Erano saliti su una ciminiera, ad un’altezza di 30 metri. La loro ribellione nasce dopo la fine della cassa integrazione e l’attesa di conoscere la decisione di Provincia e Regione sulle autorizzazioni per riattivare gli impianti del termovalorizzatore. Erano tre dei venti operai che da ieri hanno iniziato una protesta nei pressi della piattaforma polifunzionale alla zona industriale di Brindisi. Due di loro sono scesi, il terzo invece colto da malore è rimasto sospeso per oltre tre ore sino a quando la squadra dei vigili del fuoco con il Nucleo Saf non lo ha convinto a rimettere i piedi a terra. La trattativa è durata dalle 9,30 alle 13,30. I pompieri, coordinati dall’ingegnere Terenzio Ventura, hanno avuto prima un approccio verbale mentre erano a terra e l’ex operaio a trenta metri d’altezza, hanno chiesto di poter salire, due uomini con l’imbracatura si sono diretti sulla ciminiera. L’operaio è stato fatto scendere ad un’altezza minore, recuperando una decina di metri, ma non intendeva procedere ulteriormente. Alla fine si è convinto, dopo la mediazioni anche degli uomini della Digos che sono riusciti a strappare un incontro tra i lavoratori e il prefetto Nicola Prete. L’uomo coadiuvato da due pompieri è sceso dalla scala di servizio della ciminiera. L’incontro si terrà forse nella giornata di mercoledì prossimo.
La tensione tra gli operai resta alta, la società Termomeccanica ,che deve riattivare gli impianti per bruciare rifiuti pericolosi e nocivi con un investimento di 52 milioni di euro, ha minacciato di andare via se continueranno questi rimpallare di responsabilità da parte degli enti locali.
Venti padri di famiglia sono senza un lavoro, disperati. Mentre la città si divide tra favorevoli e contrari al termovalorizzatore, la politica litiga e le istituzioni non prendono posizione.
Lu.Po.
Quando un territorio produce rifiuti speciali, pericolosi e non, ospedalieri, la popolazione non è che si deve dividere. Della stragrande maggioranza di questa tipologia di rifiuti, il D.Lgs 152/2006 dispone un unica forma di smaltimento, la termodistruzione. Questo è un dato incontrovertibile. Se poi si vuole fare per tutto un processo alle intenzioni, se si vuole sempre nei secoli dei secoli spedire la nostra merda industriale fuori pagando a caro prezzo chi intelligentemente questa roba se la prende, se vogliamo continuare a fare gli indifferenti su questa questione, proseguendo col principio “non fà niente se la faccio io, basta che non stia nel mio giardino”, bè questo modo di fare o di pensare non è dividersi, è ignoranza. La piattaforma è attiva dal 2001, quindi la popolazione non deve scegliere un bel niente, altrimenti se gli impianti o le strutture pubbliche devono chiudere o continuare ad esistere in base al volere di qualcuno, stiamo freschi