Ai medici pugliesi è vietato cambiare ospedale, i sindacati protestano

INTERVENTO- “Tenuto conto della necessità di garantire la continuità assistenziale, soprattutto nel periodo estivo, si dispone che i dirigenti medici, già dipendenti a tempo indeterminato di strutture sanitarie pubbliche, non possono essere assunti da altre Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale, fino a nuove disposizioni regionali in materia”. È quanto si legge in una comunicazione inviata l’11 luglio ai Direttori generali delle Aziende e degli Enti del Servizio sanitario pugliese e firmata dall’Assessore alla Sanità Rocco Palese, dal Direttore del Dipartimento Promozione della salute e del benessere animale Vito Montanaro e dal Dirigente del Servizio Strategie e governo dell’assistenza territoriale rapporti istituzionali e capitale umano S.S.R. Antonella Caroli.

A pochi giorni dall’annuncio del Presidente Emiliano di voler eliminare i concorsi per assumere i medici, ci troviamo dinanzi all’ennesima decisione che, per come è scritta, è sembrata alle Scriventi volta a punire i medici della Regione.

Nel confermare tutta la contrarietà delle Scriventi alla nota dello scorso 11 luglio si ribadisce la necessità di investire seriamente sulla professionalità del personale sanitario e di valorizzare il ruolo dei medici e dirigenti dipendenti del SSR, senza la quale la carenza di organico non si risolverà. Proposte incostituzionali e giochi delle tre carte non servono a nulla.

La materia assunzionale è regolata inderogabilmente da norme di legge e contrattuali nazionali, che non individuano al riguardo livelli di contrattazione decentrata, per cui nulla può essere concordato in difformità di tali fonti primarie. Pertanto l’Assessorato ed il Dipartimento Salute della Regione Puglia si assumeranno le responsabilità delle scelte organizzative e gestionali senza coinvolgere le scriventi sigle sindacali. Infatti le determinazioni regionali potrebbero essere illegittime e lesive degli interessi dei dirigenti medici e sanitari non medici.

È del tutto evidente, pertanto, che rigettiamo la validità della circolare del giorno 11 luglio u.s. ed analoghe iniziative. Contrasteremo in ogni modo la negazione di un diritto garantito dalle norme e dai contratti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni fornendo il necessario supporto legale ai colleghi.

Segreterie regionali Cimo Fesmed/Anpo Ascoti, Fed. Cisl medici veterinari dirigenti sanitari, Fassid, Uil Fpl

 

 

1 Commento

  1. Tra i numerosi problemi del Nostro travagliato Paese vi è quello dei presunti diritti di singoli o in questo caso di singole categorie professionali, nello specifico, ordine professionale ( cioè una vera e propria casta tra le tante esistenti ) che puntualmente prendono il sopravvento sui diritti, quelli reali, della comunità in cui sono chiamati a svolgere il loro compito.
    Nella cronaca nazionale ed in quella locale si sprecano gli articoli relativi a gravissime carenze organiche di personale sanitario, in particolare primari, medici di reparto ed infermieri, che stanno causando una pesante riduzione dei servizi in reparti ospedalieri di fondamentale importanza ( ammesso che ve ne siano altri di minore importanza ) e in alcuni casi, determinandone la chiusura degli stessi.
    Ebbene, malgrado una si’ drammatica situazione, i sindacati si ergono a difesa dei “diritti” di chi svolge una professione di per se prestigiosa, con stipendi quanto meno dignitosi, che sarebbe pure basata sul giuramento a spendere tutte le proprie energie fisiche, intellettuali e professionali ad alleviare le sofferenze , magari curandole in modo risolutivo, degli ammalati, soprattutto di coloro che soffrono patologie gravi e che, molto probabilmente, non possono permettersi visite specialistiche e cure in cliniche private o studi privati di medici che, a loro volta, terminato l’orario di servizio nella pubblica struttura vi si fiondano ad esprimere al meglio ed in maniera ben più remunerativa, la propria professionalità.
    Ecco, questo è quanto stanno difendendo i sindacati!
    Ma un poveraccio che si ammala e al massimo viene parcheggiato su di un letto di ospedale, in attesa che qualche medico, mosso ancora da pietà umana se ne prenda cura, da quali sindacati è difeso???!!!
    Naturalmente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, perché per fortuna i medici coscienziosi non mancano e sopperiscono come possono, a quanti invece hanno scelto condizioni ben più comode e redditizie, per fortuna!
    Credo che andrebbe attuata una vera e propria rivoluzione della pubblica amministrazione, sistema sanitario compreso, partendo innanzitutto dall’abolizione degli ordini professionali e quindi dall’ abolizione di poter esercitare pubblico servizio unitamente all’ esercizio della professione presso studi privati, magari aumentando ne ragionevolmente le remunerazioni e disincentivando l’uscita dal servizio pubblico per il privato.
    Infatti non è assolutamente sa dimenticare il fattore della formazione in ambito pubblico, il cui costo tutt’altro che irrisorio è a carico dello Stato .
    Quindi, qualora un medico ( al pari di un ingegnere, avvocato, architetto….ecc…ecc…) , decidesse di abbandonare anticipatamente ad un periodo di almeno 20/25 anni di pubblico servizio, se ne potrebbe imporre la restituzione, in moneta sonante, in maniera proporzionale all’abbandono anticipato!
    Andrebbero poi aboliti i sevizi sanitari locali, riportando tutto sotto un’unica regolamentazione nazionale, che possa offrire un servizio il più possibile paritario su tutto il territorio del Paese, evitando il pendolarismo per motivi di salute in altre regioni.
    A tale scopo un’ altra norma che sarebbe sicuramente risolutiva, specie associata al divieto della doppia professione, potrebbe essere costituita dall’obbligo di trasferimento di sede ogni 5/7 anni, solo ed esclusivamente “d’autorità “, senza alcuna limitazione di territorialità e svincolando lo Stato da obblighi di assegnazione territoriale relativa alla cosiddetta legge 104, di cui troppi ne usufruiscono, salvaguardandone i restanti aspetti giuridici amministrativi e assistenziali.
    In questo modo, di colpo, cesserebbero le presunte “negazioni di diritti costituzionali”, di troppe impettitte quanti pompose figure ( e talvolta del tutto inutili e deleterie), che cercano soltanto la via di fuga per giornate più comode e magari più paganti!
    Al tempo stesso, la movimentazione continua su tutto il territorio nazionale di medici ed infermieri, porterebbe ad ampliare la loro esperienza e professionalità, sia a loro vantaggio ma, soprattutto, a vantaggio di quanti sono purtroppo costretti a rivolgersi al servizio sanitario pubblico, che ahi noi, va sgretolandosi giorno per giorno.
    Naturalmente, codesta visione del servizio pubblico, andrebbe estesa a tutte le categorie di pubblici dipendenti, forze dell’ordine e militari in primis, ma senza esclusione alcuna, perché all’ atto della partecipazione ai concorsi, tutti si dichiarano disposti all’ impiego, ovunque esso lo richieda, dal monte bianco a Lampedusa, salvo poi, dopo poco, iniziare a tirar fuori leggi 104 o il piagnisteo “tengo famiglia dall’ altra parte dell’Italia”, magari col coniuge senza alcun impiego che potrebbe tranquillamente trasferirsi!
    Sarebbe ora che I dipendenti pubblici, e chi li rappresenta, di ogni ordine e grado, si ficcassero bene in testa che hanno scelto di porsi al servizio della comunità nazionale, cioè ovunque gli sia richiesto, non sotto il portone di casa, stile POSTO FISSO alla CHECCO ZALONE!
    Ma VOI SINDACALISTI di quali diritti parlate…di questi o di quelli di VERO interesse comune??!!

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