BRINDISI- Brindisi “una città con l’acqua alla gola”, ancora una volta le recenti piogge hanno dimostrato come i sistemi per contenere i rischi idrogeologici siano insufficienti a garantire l’incolumità dei cittadini soprattutto se questi malauguratamente si ritrovano per strada durante un acquazzone. Il 15 giugno scorso una violenta pioggia torrenziale ha colpito la città che in pochi minuti si è ritrovata in stato di emergenza. Sotto la morsa del maltempo a Brindisi le strade principali si sono allagate, i sottopassi sono stati bloccati e molte persone si sono ritrovate intrappolate nelle loro auto. Hanno fatto il giro dei media e dei social le immagini che ritraevano il vecchio sottopasso ferroviario colmo di acqua o i grossi bidoni della spazzatura che galleggiavano in via Torpisana, per non parlare del video in cui una persona intrappolata nella sua auto circondata dall’acqua sulla strada dei Pittachi veniva soccorsa dagli agenti della Polizia Locale. Gran lavoro per la macchina del soccorso che in due ore è dovuta intervenire su decine di richieste di aiuto. I vigili del fuoco del Comando Provinciale tra le varie operazioni di salvataggio anche quella di una mamma con una bimba di tre mesi bloccata in una abitazione con l’acqua che continuava ad invadere i locali . Ad un certo punto lo stesso Comune di Brindisi ha diramato l’allert invitando i cittadini a non uscire da casa a meno che non fosse indispensabile. Contestualmente venivano chiuse al traffico via Ciciriello, Via Mater Domini, Via Vespucci, Via Provinciale per San Vito nei pressi del parco Cillarese, Via Provinciale per Lecce nei pressi della Questura, Via Tor Pisana, Via Spalato e la strada per Canale Patri. Quest’ultima zona in particolare da sempre attenzionata ed inserita tra quelle , insieme alla vallata del canale Cillarese a rischio idrogeologico. Che bastino poche ore di pioggia a mettere in ginocchio la città è notorio ed i brindisini sanno oramai fin troppo bene quali siano le strade che maggiormente si allagano, praticamente tutte , ma che in tanti anni non si sia trovato un rimedio è a dir poco assurdo. Negli ultimi vent’anni la storia ha insegnato agli amministratori di questa città che le conseguenze di una bomba d’acqua possono essere catastrofiche. Memorabile il violento nubifragio del 2005 quando a seguito dell’esondazione del canale Patri ed il conseguente allagamento di molte zone del capoluogo l’acqua provocò ingenti danni persino al palazzo della Questura nei pressi di via Spalato. Le auto nel parcheggio furono sommerse dall’acqua e le squadre dei vigili del fuoco di Brindisi per raggiungere le persone in difficoltà dovettero utilizzare dei gommoni navigando sulle strade come se fossero su di un fiume. A distanza di 20 anni quasi nulla è cambiato , se non l’aver speso fior di quattrini per dei sistemi di contenimento del rischio che di fatto non funzionano. Nel 2005 dopo l’esondazione del canale Patri e i danni strutturali alla Questura l’allora sindaco Mimmo Mennitti fece realizzare una vasca di laminazione, tra il ponte ferroviario e la strada provinciale per Lecce (all’altezza della Questura di Brindisi), tra le cui sponde le acque del canale Patri avrebbe dovuto accumularsi e fermarsi nel caso di forti piogge e quindi di esondazione. La vasca, con una capacità pari a 10mila metri cubi, costò diversi milioni di euro. Una soluzione, come ha dimostrato quanto accaduto negli anni successivi, in grado di alleggerire il rischio ma non di eliminarlo completamente. Già all’epoca , nell’aprile del 2009, in un articolo pubblicato sulla rivista Eurmediterraneo si leggeva: “Il bacino ha suscitato commenti negativi, in quanto opere idrauliche del genere hanno una logica e una giustificazione in zone interne, lontano dalla foce di fiumi e canali. Dal punto di vista tecnico è un controsenso aver realizzato le sponde del canale con un rivestimento ‘molto scabroso’ (ovvero con pareti molto ruvide), che rallenta, invece di aumentare, la velocità dell’acqua a pochi metri dalla foce. Inoltre il livello dell’acqua nella vasca sale con il livello dell’acqua nel canale, per effetto del principio dei vasi comunicanti; di conseguenza, nel caso di esondazione, la vasca risulta già piena e non è in grado di scongiurare un nuovo disastro”. Che dire, così è stato. I brindisini non temono la pioggia ma gli allagamenti perché questi portano danni e mettono in pericolo la vita delle persone. Lo scorso anno la Regione ha destinato a Brindisi 5 milioni e 398mila euro, una parte dei circa 29 milioni di euro per nove interventi contro il rischio idrogeologico destinati dalla giunta regionale alle province di Bari, Brindisi, Foggia e Lecce. Si trattava di “pacchetto” di sei progetti definiti con il Ministero della Transizione ecologica, ai quali se ne aggiungevano altri tre definiti con il dipartimento “Casa Italia” della presidenza del Consiglio dei ministri per il contrasto del dissesto idrogeologico.
Quello relativo a Brindisi comprendeva anche il canale il Patri e consentiva l’allargamento della sezione del canale a fronte di consistenti espropri delle proprietà private (prevalentemente di tipo residenziale) esistenti in destra del canale. L’alternativa la realizzazione di una grande vasca di laminazione da 200mila metri cubi a monte del quartiere Sant’Elia, manutenzione straordinaria dell’alveo, riprofilatura della sezione trasversale in alcune aree, mentre in altre la realizzazione di un nuovo scatolare aperto, muretti di contenimento del franco idraulico. Un sistema in grado di contenere eventi di elevata gravità che si possono presentare ogni duecento anni. Ovviamente si tratta di un progetto ancora in fase embrionale. Nel frattempo il Comune di Brindisi per allertare i cittadini sui rischi idrogeologici ha fatto installare delle barre davanti al parcheggio in via Spalato che si abbassano, badate bene, in caso di rischio allagamento per impedire alle auto di accedere al parcheggio. Ma se canale patri preoccupa e non poco, non è da meno neppure lavallata del canale Cillarese, in particolare a monte della diga con la quale è stato creato il bacino artificiale del consorzio Asi. Qui, infatti, il rischio è la tracimazione e la formazione di un’ondata di piena di enorme potenza. In questo caso, tuttavia, le costruzioni a rischio sono di meno rispetto alla vallata del Patri. Non a caso, esistono un apposito Piano di protezione civile ed un Piano di laminazione della diga del Cillarese. Lo scorso anno l’Autorità di bacino ha bloccato i progetti relativi ai capannoni ex Saca, proprio nella vallata del Cillarese, a due passi dalla foce del canale, a causa del rischio di inondazione e della conseguente incompatibilità delle opere previste con il Piano di assetto idrogeologico. Una difficoltà che ha costretto il Comune a rivolgersi ad Asset, l’Agenzia regionale strategica per lo sviluppo ecosostenibile del territorio, la quale ha previsto, anche sulla base delle indicazioni della stessa Autorità, un’opera di mitigazione del rischio.
Lucia Pezzuto per Il7Magazine
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