La Sasva tra i negozi storici della Puglia, giocattoli dal 1977 e tantissime rarità

BRINDISI- Da Cicciobello, alle piste dei trenini Lima, dalle collezioni Barbie alle console Atari  e Commodore 64, e poi i pattini a rotelle e il primo costume di Batman, direttamente importato dall’America sino alle moderne costruzioni Lego e peluche di tutti i tipi,  quale bambino non ha sognato guardando la vetrina della Sasva, il primo negozio di giocattoli di Brindisi. Nato nel  1977 almeno tre generazioni di bambini hanno percorso quei corridoi stracolmi di giocattoli e trovato sotto l’albero un pacco con la carta arancione ed il disegno della “Giraffa”. Ancora oggi questo negozio, annoverato nell’elenco delle attività storiche della regione Puglia, resta una se non l’unica rivendita di giocattoli di prossimità sopravvissuta all’avvento dei centri commerciali e delle vendite on line. La Sasva ha ben 46 anni e forse non tutti sanno che in origine non si occupava di bambole e macchinine. A raccontarci la storia di questa lunga attività è il titolare Pietro Pina, 78 anni, che con la moglie Silvana e i suoi figli gestisce un negozio di 1500 mq. “Sasva, è l’acronimo di Società assistenza sinistri vendita autoveicoli- dice Pina- questa società nasce nel 72 da mio fratello e mio cognato, due agenti assicurativi . In pratica era un autosalone con officina e carrozzeria. Dopo qualche anno siccome loro erano impegnati con le compagnie assicurative  mi chiamarono  per fare l’amministratore. L’attività andò bene per un po’ ma poi  siccome vendita di autoveicoli non andava alla grande  decidemmo di sciogliere la società. A quel punto io feci loro una proposta, ossia di liquidarli e tenermi la società”. E’ il 77 quando Pietro Pina prende in mano l’attività. “Feci questa scelta perché avevamo investito tanti soldi per ristrutturare questo locale che in origine era uno stabilimento vinicolo- spiega- Si tratta di un locale di 1500 mq e già all’epoca non era facile gestirlo. Ma  lo zio di mia moglie che era Trinchera, altro storico commerciate, aveva una cartoleria , mi suggerì di aprire un  ingrosso di giocattoli perché a Brindisi non ce ne erano. Così è cominciato tutto”. La Sasva già negli anni ’70 era l’unica rivendita di giocattoli, molte attività si rifornivano dal centro all’ingrosso di Pina, le richieste arrivavano da Brindisi e provincia e qualche volta anche da Bari almeno sino a quando non hanno cominciato ad aprire i primi centri commerciali. “L’ingrosso di giocattoli l’ho fatto per un po’ di anni rifornendo tutti i negozi non solo di Brindisi ma anche della provincia- dice-  Ma ad un certo punto cominciò la grande distribuzione e gli stessi negozietti che rifornivo andarono in crisi, quando non si lavorava chiudevano la serranda e nessuno ti pagava più. Dopo aver perso parecchi soldi ho deciso così che l’ingrosso non andava più bene e rimasi a vendere solo al dettaglio”. Pietro Pina negli anni ha osservato il mercato e seguito anche le tendenze così a periodi alterni si potevano trovare nel suo negozi anche articoli diversi dai giochi. “Cominciai con i giocattoli , poi riuscì ad acquistare anche i locali giù e misi la prima infanzia- spiega- C’era parecchia concorrenza  e passai ai complementi di arredo. E’ andata bene per un certo periodo. Sino a qualche anno fa li ho avuti poi li ho tolti”. Oggi la Sasva è e resta uno dei più grandi negozi di giocattoli. Le grandi vetrine che si affacciano su via Appia a Brindisi continuano ad attirare l’attenzione di grandi e piccini, tra gli scaffali è possibile trovare tutte le novità del momento ma il vero tesoro di questa attività lunga 46 anni non è in quei corridoi bensì nei depositi dove sono custoditi migliaia di articoli che hanno fatto la storia dei giochi. Qui tra vecchie scatole impolverate ci sono pupazzi che le nuove generazioni neppure conoscono. “Abbiamo le piste dei trenini con i vagoni di ricambio- ci dice Pina- vecchie console per i videogiochi, bambole e costruzioni in legno. Molta di questa roba non ha il marchio CEE e quindi non è conforme a quelli che sono i requisiti oggi richiesti per cui non può essere venduta. Purtroppo è destinata ad andare al macero. Abbiamo intere confezioni di trottole e quei famosi portachiavi che se lo perdevi lo rintracciavi con il fischio. In questi anni molti collezionisti sono venuti qui a prendere qualche pezzo da aggiungere alla propria collezione. Quando mi muovo in questo deposito mi piange il cuore”. La Sasva fa parte, inoltre, di un circuito nazionale “La Giraffa” che mette in rete i più grandi negozi di giocattoli d’Italia. Il marchio tipico della “Giraffa” per l’appunto, sulla carta arancione resta ancora oggi. “Io faccio parte del gruppo La Giraffa , sono tra i soci fondatori- spiega il titolare della Sasva- Siamo circa una settantina di negozi  i più grossi d’Italia. Importiamo roba da tutto il mondo , che non ci sono in Italia. Oggi è un po’ diverso con internet riesci ad arrivare ovunque. L’esperienza mi ha aiutato, nell’era dei centri commerciali e delle vendite on line non è facile sopravvivere. L’esperienza mi ha aiutato. In più con il sistema del gruppo La Giraffa , prima avevamo degli articoli in esclusiva per l’Italia e per l’Europa, adesso invece basta andare su internet e trovi di tutto”. Proprio attraverso il gruppo “La Giraffa” la Sasva è stato il primo negozio a distribuire abiti di carnevale in affitto importandoli dall’estero.  “Sono stato il primo ad avere in affitto gli abiti per Carnevale- dice- Perché sempre con il gruppo La Giraffa importavamo dall’America i costumi. Il primo costume di Batman che costava 700mila lire, era bellissimo. Avevamo costumi solo per adulti venivano tutti da me. All’epoca ne distribuivo tantissimi, oggi molto meno perché feste in maschera se ne fanno poche al limite viene giusto qualcuno che deve andare ad una festa privata”. In questi anni gestire questa attività per Pietro Pina non è stato sempre semplice. Purtroppo ci sono stati periodi in cui l’attività è stata nel mirino della criminalità. “Ho avuto tre bombe e una tentata rapina- racconta- Hanno tentato anche di estorcermi denaro. La prima volta che mi telefonarono volevano 50 milioni di lire. Ma io non ho mai ceduto, altrimenti avrei chiuso da tempo”.

 

 

 

Lucia Pezzuto per Il7Magazine

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