Morì sulla nave Amerigo Vespucci, la mamma di Alessandro alla ricerca della verità

CIVITAVECCHIA- Un volo da un’altezza di 25 metri, aveva tutta la dotazione di sicurezza prevista per compiere quella manovra, ma Alessandro Nesta, nocchiere brindisino di 29 anni,  ha perso l’equilibrio ed è venuto giù,  la sua vita è finita così con tanti interrogativi che restano ai suoi familiari.

Da un anno e mezzo era imbarcato sulla Amerigo Vespucci,  quella nota in  tutto il mondo come la nave scuola della Marina militare italiana. Alessandro stava scendendo dal pennone di 56 metri dove era salito per aprire la vela, un’operazione che aveva fatto tantissime volte.  Aveva terminato il turno di guardia, rimasto in piedi tutta la notte ed era di comandata. Sulla sua morte è ancora aperta l’inchiesta della procura di Civitavecchia, quella del tribunale militare è stata invece archiviata. La mamma di Alessandro, Marisa Toraldo, vuole conscere la verità sulla morte di suo figlio. “Non accuso nessuno, mi faccio solo tante domande- afferma la donna– Tra questi interrogativi c’è quello  sui dispositivi di sicurezza, se erano sufficienti per quella manovra. Mio figlio era attaccato a due moschettoni, ma alcuni suoi colleghi mi hanno riferito che a un certo punto bisogna sganciarli perché non è possibile utilizzarli, lì proprio dove sarebbe caduto Alessandro. Stiamo parlando di 56 metri”.

Qualche settimana fa ad Alessandro Nesta è stata riconosciuta la causa di servizio ma lo Stato non lo ha  riconosciuto come vittima del dovere, contro questa decisione il legale della famiglia, l’avvocato Giorgio Carta, ha presentato opposizione. “Non è questo che vogliamo- continua la mamma di Alessandro, che da quel giorno non si da pace- vogliamo sapere se qualcuno ha sbagliato, se su una delle navi più famose al mondo, sulla quale si investe tanto in modernità, non è stata garantita la sicurezza dei suoi uomini. La mia è una lotta difficile”.

Alessandro era in marina da sette anni, da un anno e mezzo sull’Amerigo Vespucci, prima era stato sul veliero Palinuro. Il 23 maggio la nave era salpata dal porto di La Spezia era diretta a Civitavecchia, un trasferimento di routine. Durante il tragitto la tragedia. “Sulla storia di mio figlio tanto silenzio dai media nazionali- continua la donna- il giorno della sua morte nessun tg nazionale ha dato la notizia”.

Il ministro alla Difesa Di Paola ad un’interrogazione parlamentare sulla morte del marinaio brindisino ha risposto “ che prima del proprio servizio di guardia e successiva comandata il militare aveva avuto 8 ore di riposo/libero da servizi e indossava i dispositivi di protezione previsti: cintura di sicurezza ad imbracatura con spalline per salita a riva, tuta da lavoro e scarpe tecniche da vela.
Tutto il personale di guardia o che svolge, comunque, attività lavorativa, è obbligato ad indossare tali dispositivi…”

Ed è proprio su questi dispositivi resta il dubbio di Marisa Toraldo. “Mi dicono- continua la donna- che dopo la morte di mio figlio sono arrivati dei nuovi moschettoni. E’  solo una coincidenza? E poi quei turni che vengono applicati, Alessandro aveva fatto la guardia di notte e poi era di comandata”.

La mamma di Alessandro continuerà la sua battaglia e chiede di non essere lasciata sola, intanto una nuova interrogazione parlamentare a luglio scorso è stata presentata da un parlamentare del movimento 5stelle, si chiede quali provvedimenti sono stati assunti sulla nave dopo la morte del 29enne brindisino. Si attende una risposta, così come si attende l’esito dell’indagine.

 Lucia Portolano

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*