Pronto Soccorso in crisi, la Fp CGIL chiede un incontro alla Asl di Brindisi

BRINDISI- Pronto Soccorso in crisi, la Fp CGIL chiede un incontro alla Asl di Brindisi. La Fp CGIL alla luce delle criticità del Pronto Soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi e non solo ha scritto al direttore generale della asl chiedendo la  convocazione della delegazione trattante per discutere nel merito delle criticità organizzative dei percorsi di emergenza urgenza aziendali ed ospedalieri nonché nel merito dell’attrattività del lavoro nei PPSS brindisini. “Bisogna dircelo: anche il Perrino di Brindisi è ormai una balenottera da salvare- scrive il sindacato- La domanda di salute che dal territorio brindisino insiste su quello che è indubbiamente il presidio di riferimento per la gestione della patologia oncologica […] l’ospedale “Perrino” di Brindisi (così nelle parole dell’ultimo rapporto del registro tumori di Brindisi), ma che, più in generale, è divenuto il presidio di riferimento per la gestione di ogni patologia cronica, sub-acuta ed acuta nonché traumatica, ha, di fatto, trasformato il PS del citato nosocomio nella bocca di una balenottera, per il volume di utenti che vi accedono. In teoria, attraverso questa bocca, attraverso questa porta dovrebbero accedere al corpo dell’ospedale solo pazienti giunti in ospedale in modo non programmato, […] le situazioni di emergenza e urgenza clinica e assistenziali, ma la verità, drammatica, è che, poi, le scarse dotazioni organiche del PS brindisino si trovano a gestire una specie di maxi-emergenza quotidiana (senza peraltro averne le specifiche misure organizzative e strutturali). Come può essere salvata questa balenottera che è il Perrino? A parere di questa OS, per quanto complesso possa sembrare, obiettivo minimo e prioritario di chi legge è innescare un circolo virtuoso che recuperi attrattività e sicurezza delle cure del PS brindisino e da lì procedere, un passo alla volta. Ma occorre essere chiari che questo innesco non può essere, ancora ed ancora, il lavoro forzato (e magari anche gratuito e/o tramite ordini di servizio) di medici ed operatori sanitari (provenienti da reparti a loro volta già in carenze di organico per cui conseguirebbero difficoltà nell’erogazione dei LEA nonché aumento delle liste di attesa)! Tale adeguamento della dotazione organica, attraverso strategie di “rinforzo temporaneo”, è, in pratica, unicamente un aumento della forza bruta, una misura troppo limitata e controproducente che non potrà che ridurre la gratificazione personale ed il senso di appartenenza all’azienda dei lavoratori dipendenti e, contemporaneamente, aumentare il rischio clinico e i rischi professionali (tra cui l’esposizione agli infortuni, alle patologie stress-lavoro correlato, al burnout nonché alle aggressioni ed al contenzioso medico-legale, due patologie del conflitto sociale generato ed aggravato anche dalle disuguaglianze di salute nella provincia brindisina). A costo di risultare una cassandra, questa OS ritiene che questa strategia azzererà, nel breve periodo, la dotazione organica del PS e ridurrà ai minimi termini quella dei reparti ospedalieri coinvolti nella rotazione del personale medico nel PS stesso.

Certamente la grave carenza di organico medico-infermieristico del PS brindisino è, già di per sé, un fattore respingente i lavoratori. Ritornando a quella notte di un paio di settimane fa in cui si sono accumulati oltre 30 pazienti in codice arancione, la presenza di uno o due medici in servizio, di un solo infermiere deputato al triage, l’assenza di un bed manager (espressioni di integrazione professionale medico-infermieristica), il ridotto numero di operatori sanitari per numero di pazienti (considerato che si tratta di area intensiva), in ciascuna fascia oraria e, soprattutto, nella fascia oraria notturna, sono fattori disorganizzativi che riducono le possibilità di reclutamento di altri lavoratori formati e motivati perché rendono difficile garantire risposte e interventi tempestivi, adeguati e ottimali, ai pazienti giunti in ospedale in modo non programmato e specialmente allorquando la domanda di salute esorbiti così tanto le risorse disponibili, proiettano l’immagine di un posto di lavoro in cui gli operatori sanitari, più che altrove, vengano consumati, anzi, bruciati, e non valorizzati. Esistono, però, anche altri fattori organizzativi respingenti arcinoti anch’essi, ma mai affrontati seriamente. L’enorme, costantemente, quotidianamente enorme, numero di persone che si rivolgono al PS brindisino è un altro fattore respingente derivante dall’organizzazione della sanità provinciale: ad esempio, nel merito del succitato episodio di un paio di settimane fa, come si sono potuti accumulare, alle 20 di una sera qualunque, oltre 30 pazienti in codice arancione al PS di Brindisi (in attesa di prima visita)? Chi sono questi pazienti? Quanti anni hanno? Da quali territori arrivano? Sono pazienti cronici, fragili, abituali? Suscettibili di trattamento ambulatoriale? Potevano evitare il PS? Quel fenomeno deve essere analizzato. Nell’ASLBR esistono certamente le persone, i materiali ed i metodi per capire se il citato emblematico episodio sia stato un fatto isolato o l’epifenomeno prodotto di una mala organizzazione dell’assistenza sociosanitaria aziendale. Con la delibera 1224/22 sono stati istituiti dei gruppi di lavoro, tra cui uno in particolare sul pronto soccorso che ben potrebbe avviare un’indagine (anche epidemiologica) interna al fine di evidenziare non solo la distribuzione degli accessi al PS brindisino dei 12 mesi precedenti, ma anche l’origine geografica e di salute dei pazienti che giungano al PS brindisino, inquadrati come codici arancione (a partire da quelli giunti in quella sera), per individuare possibili carenze dell’assistenza territoriale, ad esempio. Il feedback conseguente garantirebbe un grande rientro in termini di appropriatezza degli accessi al PS, sicurezza delle cure ed esigibilità delle prestazioni sociosanitarie e, in ultima analisi, di immagine dell’ASLBR in toto. La lentezza nella processazione della domanda di salute posta quotidianamente al PS brindisino affonda nella palude delle consulenze specialistiche, indagini laboratoristiche e strumentali: non sono noti, a questa OS, né un PEIMAF (Piano di Emergenza Interno per il Massiccio Afflusso di Feriti) né un PSG (Piano di Gestione del Sovraffollamento) dell’ASLBR. Peraltro, in generale, i PDTA ambulatoriali, ospedalieri di integrazione territorio ospedale per la gestione di casi clinici specifici sono una chimera (in riferimento ad, esempio, alla violenza sessuale e/o di genere) o gravemente compromessi (come il percorso stroke e quello dei sanguinamenti tempo dipendenti a causa dell’inesistenza di una radiologia interventistica), così come lo sono, ad esempio, anche percorsi di Fast Track per prestazioni a bassa complessità, i percorsi di “affidamento diretto” per la presa in carico da parte delle Unità Operative Ospedaliere dei casi urgenti già seguiti dalle stesse (es. pazienti psichiatrici, oncologici-nonostante sia stata istituito un Gruppo Operativo interdipartimentale con deliberazione n°1948/22- nefrologici, urologici, ematologici, con necessità di supporto trasfusionale, etc). A quanto sopra si aggiungono altri fattori non di poco conto quali l’inadeguatezza numerico-funzionale delle postazioni letto degli ambulatori di PS, l’assenza dell’OBI, il basso numero di posti letto di terapia intensiva nei reparti medici e chirurgici (che, abbreviando le degenze medie in tali reparti, favorirebbero, per esempio, una pianificazione delle dimissioni in funzione dei posti letto da riservare ai ricoveri da PS: altra chimera dell’ASLBR), protocolli di back transfer e/o di trasporto secondario verso altri nosocomi e/o strutture private accreditate, anche di altre provincie tramite accordi di rete che bypassino i relativi PPSS. Se è vero che la salute di lavoratori ed utenti dell’ASL è frutto della conoscenza, codesta amministrazione dovrebbe favorire e garantire percorsi di formazione continua, l’acquisizione e consolidamento di specifiche competenze, delle cultura organizzativa e prassi aziendale (con strumenti che vanno dall’istituzione e funzionamento di gruppi di lavoro e studio, dall’adeguamento del piano formativo annuale alla formazione obbligatoria, al sostegno della formazione universitaria post-laurea, etc): lavorare nel PS dell’ASLBR deve divenire interessante in quanto luogo in cui si apprende e non un luogo in cui si viene consumati.Inoltre, codesta amministrazione ha anche l’obbligo di adeguare gli ambienti lavorativi a degli standard più che dignitosi. Per gli operatori sanitari, avere a disposizione spogliatoi idonei e dignitosi spazi di confronto professionale sono ulteriori elementi di attrattività. In ultimo, nel merito delle motivazioni economiche l’ASLBR ha la possibilità di migliorare varie voci delle retribuzioni. Può rivedere la sua politica sulle indennità di guardia festiva: perché non riconoscerne la metà per i turni di sei ore? Può prestare maggiore attenzione e velocità nella ricostruzione delle carriere e nell’attribuzione degli scatti salariali dei dirigenti. Può integrare i criteri per l’attribuzione degli incarichi gestionali e di natura professionale. Può aumentare l’indennità variabile aziendale e rimodulare la distribuzione della retribuzione di risultato in specifici contesti lavorativi, particolarmente nelle aree critiche come il PS brindisino. Può verificare se la massa salariale dei dirigenti dell’ASLBR sia equamente divisa in proporzione alla composizione di genere: le dirigenti donne dell’ASLBR guadagnano quanto gli uomini?”.

BrindisiOggi

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