La proposta di installare a Brindisi un inceneritore di rifiuti industriali, uno di fanghi urbani ed una discarica di ceneri, il tutto a 1,5 km dal quartiere Perrino è questione che interessa i 20 lavoratori in CIG che sperano giustamente di riprendere il lavoro, ma riguarda anche le famiglie di quella parte della città (il quartiere Perrino , S. Pietro, S. Paolo e Bozzano) che da decenni sono esposte alle emissioni industriali.
I lavoratori hanno ragione ma ne hanno anche i cittadini che le emissioni di quegli impianti dovranno ricevere nelle loro case e nei loro corpi. E Poiché non si tratta di polveri inerti ma di sostanze altamente tossiche e non poche anche cancerogene, la questione va vista con la dovuta attenzione.
Sui quartieri di Brindisi pende da qualche anno inevasa una richiesta di indagine epidemiologica formulata da ll’Istituto Superiore di Sanità. C’è il sospetto che nella “normalità” della mortalità media si celino eccessi più vicino all’area industriale e decrementi in aree più lontane. Inoltre l’aumento di ricoveri e decessi in coincidenza dell’incremento di alcuni macroinquinanti registrati dalle centraline e l’eccesso di malformazioni neonatali negli ultimi 10 anni hanno meritato al Sito di Interesse Nazionale di Brindisi la Valutazione del Danno Sanitario.
Per il Piano della Qualità dell’Aria la Regione pone Brindisi tra le situazioni da risanare, cioè in cui programmare una riduzione delle emissioni in aria. Ciò significa che nuovi investimenti industriali a Brindisi non devono incrementare le emissioni. Correttamente quindi l’ARPA ha chiesto nella conferenza dei servizi del 23 luglio di voler valutare le emissioni dei 3 impianti congiuntamente. Si deve aggiungere che le emissioni di ogni impianto, nuovo ed esistente, non procedono autonomamente ma interagiscono tra loro con effetti moltiplicativi.
A queste notazioni tecniche si deve aggiungere una valutazione economica. Quanto sarà l’utile netto degli azionisti degli esercenti degli impianti? Quanto il reddito lasciato alle famiglie dei lavoratori diretti, indiretti ed dell’indotto? Ed i costi esterni in termini di modificazioni ambientali e malattie indotte? Esistono altri modi di trattare i rifiuti industriali ed i fanghi urbani? Solo rispondendo a questi interrogativi si potrà comprendere l’utilità degli impianti proposti. Circa il passato, non risulta che vi siano indagini sui terreni circostanti l’area alla ricerca di diossine e metalli pesanti. Riguardo l’impatto sanitario, una stima da me condotta e comunicata alla ASL, con molti limiti, di casi di tumori del sistema linfoemopoietico tra i cittadini di Brindisi in base alla circoscrizione di residenza , rileva al Perrino-Bozzano un eccesso rispetto alla media cittadina.
Come si vede la molteplicità degli interessi coinvolti rende la partita non più riconducibile al solito ed astratto ricatto salute-lavoro. Qui c’è la salute delle famiglie della circoscrizione Perrino-Bozzano da tutelare e gli organi preposti a rilasciare autorizzazioni fanno bene a svolgere le istruttorie con ogni cautela e pubblicità.
Maurizio Portaluri
La camorra si ingrassa in maniera spropositata proprio perchè l’ Italia ha questi pregiudizi. Noi siamo quelli che temiamo gli impianti, le emissioni e poi siamo tra i primi consumatori di tabacco al mondo. Parliamo tanto di ambiente e salute e poi siamo capaci di mangiarci cibi contaminati o avariati consapevolmente. Contestiamo l’ uso dei combustibili fossili ma rischiamo di mandare in tilt l’ intera rete elettrica nazionale in estate quando ognuno di noi non è capace di rinunciare al proprio climatizzatore. Da una recente stima è emerso che il solo business dei rifiuti in Campania da parte della Camorra sarebbe tale che senza di esso si potrebbero risanare in toto quasi tutti i debiti del nostro malandato Paese. Siamo un popolo di ridicoli falsi ambientalisti, perchè vogliamo che i nostri scarti vadano altrove, non sapendo che proprio perchè qualche intelligentone si oppone ai termodistruttori, la Camorra compie affaroni d’ oro; nei terreni che gestisce a nome non suo, scarica in un grande buco abusivo migliaia di tonnellate di rifiuti altamente tossici che contaminano le terre, le campagne, la falda in maniera pressochè irreversibile! Questo al mio paese si chiama INQUINAMENTO e non possiamo dire che non lo sappiamo! Perchè in quelle stesse terre crescerà qualcosa che magari un giorno finirà nelle nostre tavole e allora… Ci siamo capiti. Un impianto di termovalorizzazione lavora in maniera oculata e controllata, e non è l’ impianto che inquina ma la mano di chi lo fa funzionare. La moderna tecnologia ci concede tutto per ottimizzare i processi di combustione, ma a noi evidentemente piace pagare la Camorra e le ecomafie.. Che sagome che siamo, che Dio ci abbia in gloria!
Dal dottor Portaluri, che è medico, mi piacerebbe sapere tra le altre cose, se è a conoscenza del quantitativo di rifiuti sanitari a rischio infettivo o farmaci scaduti prodotti dal nosocomio “Perrino” di Brindisi o da altri ospedali della zona, e del fatto che l’ unica forma di smaltimento prevista dalla legge è la TERMODISTRUZIONE, come recita il Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n. 152. Siccome questa precisa tipologia di rifiuti non ha alternative di smaltimento, è davvero uno spreco fare a meno di un impianto che aveva tra i suoi codici C.E.R. anche quello dei suddetti rifiuti. Oppure anche su questo vogliamo stendere il solito, stucchevole e insopportabile velo pietoso??
Tra le altre cose uno Studio molto approfondito era stato affidato al Ministero dell’ Ambiente che delegò l’ Arpa ad esaminare i terreni e la falda soggiacente la Piattaforma. E nulla è venuto fuori, compresa quella minima quantità di solfati, comune a gran parte dei terreni della nostra zona e spiegata da eventi di carattere naturale. Ciò che esprime il sig. Giuseppe Antonelli è di una giustezza infinita. Ha colto nel segno il vero, grande problema italiano e brindisino in particolare: i tempi degli iter autorizzativi. Troppi attori, troppi copioni, troppa carne a cuocere per combinare poi solo il solito gran fumo e nulla più. Non si deve barattare il lavoro con la salute, lo si è fatto in passato, vari decenni fà ma quell’ era grazie a Dio è finita. Oggi i mezzi per esercire in maniera controllata, funzionale e a norma ci sono tutti. Mettersi una mano sulla coscienza, questo dovrebbero fare molti politici brindisini e qualche persona che passa il tempo a scaldare la propria sedia in un ufficio di un ente pubblico, a veder moltiplicarsi il suo conto in banca. Del destino di venti famiglie e di tante altri lavoratori che verrebbero impiegati come indotto, non si preoccupano di certo. L’ importante è sempre passare la palla a qualcun altro, evitare di fare qual poco di lavoro che gli si chiede e che a sua volta darebbe pane a tantissima altra gente. Al mio paese persone cosi’ si chiamano PARASSITI.
caro Pino, cari tutti,
Non dico che bisogna ridurre gli insediamenti, dico che a) dobbiamo chiederci cosa si produce, b) dove si produce c) se ci sono modi di produzione alternativi d) la forbice tra utili netti del capitale e ridacute economiche e ambientali.
Non dico che al perrino BOzzano si muore di più, dico che certe malattie curate nel reparto che dirigo hanno un tasso di frequenza più elevato li rispetto ad altri quartieri più lontani, quindi assumo la distanza dall’area industriale come indicatore di esposizione.
D’altronde è lo stesso Istituto Superiore di SANITA a chiedere studi di mortalità per quartieri, si consideri infine che la mortalità nella provincia di Brindisi per comuni è stata studiata da gianicolo fino al 2001 , nè la asl nè altre istituzioni ne hanno curato o chiesto l’aggiornamento.
Maurizio
Caro Maurizio,
come tanti, ammiro la tua competenza professionale, la dedizione e l’impegno che poni da anni per la prevenzione e la cura dei tumori e la difesa del nostro territorio.
Premesso ciò, non sono tra quelli che sostengono che la difesa della salute dipende in gran misura dalla riduzione degli insediamenti industriali .Ho lavorato per oltre 40 anni nelle industrie chimiche, conosco pertanto i rischi presenti nelle lavorazioni ed i possibili impatti ambientali. Sono convinto che sia possibile, oggi, impiegando le tecnologiche disponibili, osservando le nome di legge in vigore, adottando sistemi e modelli organizzativi efficienti, contenere i rischi in limiti accettabili .
Incomprensibile è invece che numerosi progetti di investimento o di ristrutturazione impianti debbano attendere mesi , a volte anni, prima di essere esaminati, approvati o respinti . E’ quanto sembra stia accadendo per la piattaforma polifunzionale di trattamento rifiuti industriali ed urbani di cui si parla: un impianto di proprietà pubblica, tenuto in esercizio per 8 anni prima di essere fermato, per il quale la Società Termomeccanica ha presentato un progetto di ristrutturazione. Dopo 4 anni, come hanno denunciato i lavoratori interessati ed i loro rappresentanti sindacali in un recente comunicato , gli enti preposti non hanno ancora espresso il loro parere.
A rimetterci, insieme all’impresa, che nello stesso progetto ha di adeguamento ha proposto l’introduzione di tecnologie di ultima generazione, sono i 20 lavoratori. Essi, dopo un lungo periodo di cassa integrazione rischiano il licenziamento .
La contrapposizione tra tutela della salute ed insediamenti industriali (peraltro fortemente assottigliati a Brindisi negli ultimi anni, in particolare nel settore chimico), non è neppure del tutto confortata dai dati statistici ed epidemiologici disponibili a livello nazionale ed internazionale. Se è vero, come è vero, che il Giappone, uno dei paesi a più alta densità di popolazione e tasso di industrializzazione a livello mondiale, è al primo posto per longevità media dei suo abitanti : 83,9 anni.
Anche l’Italia non è messa male , è 10° posto , con una aspettativa di vita crescente, oggi di 81,86. A guidare la classifica della longevità a livello nazionale sono proprio le regioni del nord, dove più alto è il tasso di industrializzazione. La Lombardia ha infatti registrato il balzo in avanti più significativo (+2,8 anni di longevità media tra il 2001 e il 2010). Seguono nell’ aumento della speranza di vita Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, regioni anch’esse ad elevato tasso di industrializzazione. Fino al 1974 a vivere più a lungo erano invece i calabresi ( scivolati oggi al 12° posto) seguiti dagli abruzzesi e dai lucani. E non si può certo affermare che è perché in questa regione il tasso di industrializzazione sia aumentato. I dati sono quelli pubblicati nel 2012 dal ” Sole 24 Ore ” sulla base di una ricerca di “Salute 24” .
E’ pur vero che l’aumento dei tumori in Italia non tende a diminuire (+ 1,5% diagnosticati nel periodo 2005 – 2010 ), anche se a fronte di una più consistente riduzione della mortalità registrata nello stesso periodo (- 5,3%), e ciò indubbiamente grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche, terapeutiche, chirurgiche. Anche questi dati sono stati pubblicati nel “Rapporto AIRTUM 2010” e rilevabili nel sito: http://www.tumoritalia.net.
Non dispongo degli indici e dei trend delle patologie tumorali nella provincia di Brindisi. Non dovrebbero essere comunque, come tu stesso affermi, molto differenti dai valori nazionali .
Un dato però è certo: il drammatico aumento della disoccupazione, che in Italia ha superato ormai il 12%, al sud il 20%, e quella giovanile si aggira intorno al 40% . In Puglia e a Brindisi lo scenario è peggiore .
Sono queste situazioni di fatto e considerazioni che dovrebbero indurre tutti ad essere “meno categorici” nel contrapporre la tutela della salute alla mera riduzione degli insediamenti industriali . A ciò ci sta pensando comunque la crisi economica, che dura ormai da oltre 5 anni e sta producendo ovunque drammatici effetti nel versante occupazionale.
Più utili di tante polemiche e contrapposizioni, a parer mio, sarebbero maggiori sforzi comuni per la qualificazione e snellimento delle procedure di esame ed autorizzazione dei nuovi insediamenti industriali e la ristrutturazione degli impianti esistenti e per l’introduzione di un sistema normativo allineato a quelli dei paesi occidentali più industrializzati.
L’aumento smisurato dei tempi di realizzazione e dei costi di investimento sono lussi, sarebbe meglio dire , difetti, che possono consentirsi, forse, le imprese e le amministrazioni pubbliche, non certo le imprese private, costrette a tener costantemente conto dei vincoli e delle opportunità del mercato, per nascere, svilupparsi, e sopravvivere , specialmente in tempi difficili come questi .
Si,al perrino stiamo morendo ma di feme,degrado e vandalismo.
Grazie dottore Portaluri per la sua accurata esposizione della realtà brindisina.Spero che coloro che ancora fanno finta di non vedere finalmente vedano;chi purtroppo ha toccato con mano l’eccesso di malformazioni neonatali negli ultimi 10 anni conferma purtroppo quanto da Lei riportato.Quello che gentilmente chiedo di conoscere è perchè è rimasta inevasa la richiesta di indagine epidemiologica formulata dall’Istituto Superiore di Sanità e chi avrebbe dovuto attuarla.