BRINDISI- Nina Zilli e Fabrizio Bosso, due delle superstar della musica italiana, saranno sullo stesso palco, lo stesso giorno. Un evento del genere non capita così spesso e, quando la magia si accende, non ci si può far scappare l’occasione. Sabato 3 agosto, i due artisti condivideranno il pubblico del Baccatani Wave di Torre Regina Giovanna, ad Apani, Brindisi, per un’altra, imperdibile, puntata del festival musicale più ricco del Salento.
Coma mai Fabrizio e Nina, Nina e Fabrizio? Com’è nato il vostro sodalizio artistico?
«Ci siamo conosciuti quando Nina partecipò al festival di Sanremo, nella serata dei duetti – spiega il trombettista – Poi abbiamo lavorato insieme allo show di Giorgio Panariello». «In quelle occasioni – aggiunge Nina Zilli – è nato un feeling umano e artistico che ha portato Fabrizio a scegliere me per questo progetto che mi ha immediatamente entusiasmato».
Qual è la proposta musicale di We love you jazz’n’soul?
«È una carrellata che va da Sam Cooke a Amy Winehouse – spiega la cantante – per omaggiare le grandi voci del soul che hanno fatto la storia della musica. Nonostante i nomi che, in qualche occasione, destano più di un interrogativo nel pubblico, i brani che proponiamo sono dei classici universalmente conosciuti e impressi indelebilmente nell’immaginario mondiale della musica. Partiamo da giganti come Sam Cooke, appunto, Nina Simone, Etta James e arriviamo fino a Amy Winehouse che rappresenta la punta di un immenso iceberg che, oggi, ha più di 60 anni». «Ci siamo mossi su un terreno noto a entrambi – gli fa eco Bosso – all’inizio Nina mi ha girato una selezione di 40 brani che poi, in studio, hanno subìto una scrematura fino ad arrivare ai 20 abbondanti che stiamo portando in giro».
Quanto Nina influenza Fabrizio e quanto viceversa?
«Ci influenziamo a vicenda – è ancora Bosso a parlare – Sul palco siamo insieme e ci capita di giocare molto spesso. È Facile fare un assolo dopo il cantato di Nina e a volte duettiamo con dei botta e risposta improvvisati. Ce lo possiamo permettere perché non siamo una cover band e abbiamo assoluta libertà d’interpretazione dei brani». «Io non userei la parola “influenza”. Credo che il termine esatto sia “condivisione” perché quando sei sullo stesso palco se non c’è condivisione tra tutti gli artisti in scena, tutto risulta scollato, sterile. Noi, invece, il palco lo condividiamo sia in senso fisico che artistico».
È difficile interpretare grandi classici di autori di sesso maschile?
«Non direi. L’ho sempre fatto – racconta la cantante – In fondo, quando si canta, si canta ciò che piace, non si bada al sesso dell’interprete che stai affrontando. Anche i miei insegnanti di canto sono sempre stati tutti maschietti. Tutto, insomma, si può cantare. Ognuno ha il suo colore, basta cercarlo».
È difficile addomesticare la tua tromba a questo nuovo tipo di esperienza?
«No, assolutamente no – dichiara il trombettista – A livello armonico, tutti i brani che eseguiamo sono molto bluesy e la tromba ci sta benissimo».
Restando sulla scaletta, come risponde il pubblico italiano a nomi come Otis Redding, Nina Simone e Sam Cooke?
«Il pubblico risponde molto bene – affermano in coro – I concerti sono sempre pieni, la gente entra in empatia con noi, si muove, balla, canta. Questo è il segnale che la musica che proponiamo arriva diretta a loro e loro ci restituiscono le emozioni senza le quali non sarebbe lo stesso, suonare e cantare. È tutto un dare e avere molto appagante».
Da questo progetto live nascerà un disco?
«In molti ce lo chiedono – chiosano entrambi – Se ne sta parlando. Speriamo solo di avere il tempo per realizzarlo. Una cosa, però, è certa: se disco sarà, sarà un live perché stiamo registrando tutte le tappe. Sarà, quindi, un best of del tour»
Sei salita sul palco di TRG tre anni orsono, da sola. Ora ci torni con Fabrizio. Quanto è cresciuta Nina Zilli in questo tempo?
«Bella domanda (ride, ndr)!In fondo non è cambiato tantissimo. Tre anni fa ero felice e lo sono tuttora. Anzi, a livello personale, direi che non è cambiato nulla. Passando alla musica, invece, sono cambiati i palchi, che sono cresciuti a dismisura, sono cambiate le teste che ho di fronte quando canto, che si sono moltiplicate, la gente canta le mie canzoni ed è un’emozione meravigliosa. Però, confesso, anche se non ci fosse stato il successo che ho avuto, io, in questi tre anni, avrei continuato a fare quello che faccio perché è ciò che amo».
Maurizio Distante
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