BRINDISI- In occasione della “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari”, che si celebra il 12 marzo, l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Brindisi vuole accendere un faro sulle difficili condizioni in cui lavorano tutti gli operatori sanitari. Gli innumerevoli episodi di intolleranza, spesso sfociati in atti di violenza fisica e verbale, registrati nelle strutture sanitarie brindisine a scapito di medici ed infermieri, denotano l’esistenza di problematiche spesso legate alle criticità organizzative e strutturali della Azienda Sanitaria stessa. Il fenomeno, soprattutto da inizio pandemia, coinvolge proprio coloro i quali sono in prima linea nel prestare assistenza. “Siamo passati dall’essere considerati eroi a soggetti da aggredire- dice il presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Brindisi, Arturo Oliva- una cosa inaccettabile. I pazienti hanno bisogno di assistenza e rassicurazioni ma è pur vero che gli operatori sanitari devono poter svolgere il proprio lavoro nelle giuste condizioni di serenità, riducendo quei fattori di rischio che inducono ad atti di violenza e facciano di medici ed infermieri dei bersagli mobili”. L’adozione di misure per ridurre o eliminare i rischi, il coordinamento con le forze dell’ordine o altri oggetti, che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari, sono le strategie che, secondo l’Ordine, potrebbero arginare il fenomeno. “ Spesso si ha la sensazione di essere soli e lontani dalle istituzioni- sottolinea Oliva- E’ per questo che è necessario ripristinare il clima di fiducia e rispetto. Migliorare i luoghi di lavoro, incrementare la presenza del personale ed investire in comunicazione vuol dire prevenire gli episodi di violenza e tutelare il diritto alla salute”.
Giustissimo! Soltanto una considerazione sul “rispetto” però: quando si entra in un ospedale qui al Sud, o in una ASL, ci si sente dare del “tu”, come se l’aver bisogno del medico, o dell’operatore sanitario, ponesse la persona in una posizione d’inferiorità… il rispetto deve essere reciproco, perché passare dal “tu” confidenziale al “vai a quel paese” è un attimo!