Il Consiglio di Stato: “Chi inquina paga, spetta ad Enichem la bonifica di Micorosa”

BRINDISI – Chi inquina paga: spetta ad Enichem la bonifica del sito inquinante di Micorosa. Lo ha deciso il Consiglio di Stato. I giudici hanno stabilito, su un ricorso presentato dal Comune di Brindisi, che l’azienda che ha  inquinato è responsabile e deve  pagare gli interventi di bonifica anche se nel frattempo ha ceduto la proprietà dell’area inquinata. E’ stata così ribaltata completamente la sentenza con cui il Tar di Lecce, nel 2013, aveva accolto il ricorso presentato dalla società Syndial Spa (ex Enichem) che aveva ottenuto l’annullamento dell’ordinanza con cui il sindaco di Brindisi, nell’ormai lontano 2001, aveva intimato all’Enichem di procedere a messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale del sito inquinato.
La sentenza del Tribunale amministrativo regionale in sostanza ribaltava il principio del “chi inquina deve pagare e bonificare”. Ed è su questo assunto che si è fondato il ricorso presentato ai giudici di secondo grado dal Comune di Brindisi.
Il Comune ha sostenuto che la zona fanghi di Micorosa, quella da sottoporre a bonifica secondo l’ordinanza sindacale del 2001, preesisteva alla vendita mentre Syndial ribadiva che la data dell’ultimo sversamento di fanghi di origine industriale nell’area delle Saline sia da collocare non oltre l’anno 1983, mentre la società ha acquisito la proprietà del terreno dal giugno 1989. Essa pertanto non poteva essere considerata responsabile di un inquinamento preesistente.
Il Consiglio di Stato ha rilevato come la circostanza che la società fosse o meno proprietaria dei terreni, ovvero dei rifiuti abbancati al momento dell’intimazione, non assume alcun rilievo, essendo la stessa stata chiamata in causa non in ragione di un titolo formale, ma perché responsabile. E ha confermato che l’ultimo sversamento di fanghi si colloca nel 1983 ed è attribuibile alla Montedipe, nata nel 1980. La vendita di quella società – sostengono i giudici – ne ha trasferito la proprietà ma non le responsabilità.
Proprio come conseguenza di tali valutazioni il Consiglio di Stato ritiene che l’appello del Comune di Brindisi vada accolto nella parte in cui ritiene corretta l’individuazione della Enichem quale responsabile dell’inquinamento perché proprietaria dei rifiuti abbancati sul sito, riconducibili all’attività del Gruppo societario dal quale deriva senza soluzione di continuità.
Il Consiglio di Stato ha anche affermato che la circostanza che la bonifica non sia stata effettuata dalla società acquirente Micorosa non può non comportare l’integrale trasferimento sulla stessa della responsabilità dell’inquinamento, riconducibile integralmente alle Società del Gruppo Montedison.
I giudici d’appello individuano nel 1983 la data dell’ultimo sversamento, attribuito alla Montedipe Spa. Seguirono una serie di cessioni di ramo d’azienda e fusioni che portano alla Syndal come terminale di quelle operazioni. Non esiste insomma alcuna soluzione di continuità tra le società coinvolte nell’operazione.
La ricostruzione storica dei passaggi d’azienda del resto lascia pochi dubbi:  la fusione tra Montecatini ed Edison (1966) fece nascere la Montedison; seguì lo scorporo delle attività in favore di una società del gruppo, Montedipe (1980); la cessione alla Montedipe (1989), mediante conferimento del ramo d’azienda comprensivo della proprietà dell’area in questione; il successivo conferimento del ramo d’azienda da quest’ultima (divenuta poi Enichem Polimeri nel 1991) a Enichem Anic (nel 1990); la fusione per incorporazione di Enichem Anic ed Enichem Polimeri in Enichem (nel 1993), poi divenuta Syndial; il conferimento d’azienda da Enichem a Brindisi Etilene  (1995), poi divenuta Polimeri Europa e, in seguito, Versalis. La Enichem , dunque, (poi divenuta Syndial) consegue a fusione per incorporazione delle due società (Enichem Anic e Enichem Polimeri, entrambe rivenienti dalla Montedipe, la prima per conferimento di ramo d’azienda, la seconda per trasformazione).

Intanto la bonifica di Micorosa è in atto,  pagata con soldi pubblici e finanziata con 22milioni di euro. Il 2 febbraio scorso c’è stata la consegna dei lavori alla nuova ditta aggiudicataria dell’appalto, dopo che la prima ha abbandonato il campo senza aver concluso nulla.
Nel frattempo, quando i conti con questo territorio non sono ancora chiusi, Edison si riaffaccia a Brindisi con un nuovo progetto. Sceglie il suo porto per la realizzazione di un deposito di gnl (gas naturale liquefatto) per alimentare navi e mezzi su gomma. Si tratta di un impianto con una capacità di stoccaggio tra i 16mila e i 19mila metricubi. A dicembre 2020 il deposito costiero ha ottenuto dal comitato tecnico regionale parere positivo al Nulla osta di fattibilità. Secondo il progetto la banchina dovrà essere attrezzata per consentire lo scarico di gnl da metaniere con capacità comprese tra 7.500 a 30mila metricubi, e il caricamento di nave bettoline con range di capacità tra 1mille e 7.500 metricubi. L’investimento dell’opera è di circa cento milioni di euro. L’iter per le autorizzazioni è aperto al ministero, l’opera per essere realizzata ha bisogno dell’autorizzazione unica, rilasciata dal ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e d’intesa con la Regione.

2 Commenti

  1. I cittadini vengono esclusi da qualsiasi decisione.Allertiamoci e diciamo NO ad Edison.Voglio intervento dei nostri politici di destra, perché sono di destra i ministri interessati.

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