La famiglia Ragno non si arrende, la mamma del carabinieri cerca ancora la verità: “Importanti novità nelle indagini”

BRINDISI – Proseguono le indagini per il caso “Sergio Ragno”, il carabinieri brindisino morto nel 2004 in un incidente stradale quando era di stanza alla stazione di Ognissanti a Firenze.  Le indagini avrebbero portato alla luce numerosi elementi, conducendo la difesa, in persona dell’avvocato Giulio Murano,  cassazionista del Foro di Roma esperto di diritto militare, alla riapertura del caso ed alla scoperta di tanti indizi che andrebbero a completare dei tasselli importanti che potrebbero portare ad una nuova verità.

Sergio Ragno morì in un incidente stradale il 17 giugno 2004. Sua madre Vittoria Olimpo da 17 anni lotta affinchè sia riconosciuto come vittima del dovere.  La donna ha sempre sostenuto che suo figlio al momento dell’incidente fosse in missione per lavoro. “Mamma non posso parlare, sono impegnato in una importante operazione”, le avrebbe detto al telefono mezz’ora prima del sinistro.

Per l’Arma dei carabinieri invece il militare era fuori servizio. Una battaglia quella della famiglia Ragno dura da oltre 17 anni.

“Mio figlio – dichiara Vittoria Olimpio, mamma di Sergio Ragno – non è morto sul colpo come mi hanno sempre fatto credere. In base ad elementi di prova, ci hanno messo 15 minuti prima di chiamare i soccorsi. Questo perché hanno preferito contattare prima la Caserma dei Carabinieri di Firenze e capire come gestire l’accaduto e cosa dichiarare. Quei minuti preziosi che magari avrebbero potuto anche evitare quell’evento letale”.
Tutto ciò che dichiara la mamma del carabiniere sarebbe contenuto in  un file audio in possesso della Procura della Repubblica, che attualmente indaga su tutta la vicenda e che presto giungerà alla conclusione delle indagini.
La famiglia Ragno ha anche denunciato un giudice del Tribunale di Brindisi.
Intanto il 21 maggio  presso la Corte di Appello di Lecce è stata rigettata la richiesta al riconoscimento di Sergio Ragno come “vittima del dovere”. Ma la famiglia non intende arrendersi e farà ricorso in Cassazione.

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