BRINDISI – (da il7 Magazine) Il porto di Brindisi al centro di una guerra politica che vede fuochi incrociati all’interno dello stesso centrosinistra, coalizione che governa la città di Brindisi. La destinazione del porto, le opere da realizzare, i nuovi accosti, il dragaggio dei fondali, la vasca di colmata; tutti argomenti sui quali negli ultimi due anni e mezzo si consuma lo scontro tra Comune e Autorità portuale. Ma da un po’ di tempo su queste questioni c’è attrito anche all’interno degli esponenti del centrosinistra. Il consiglio regionale del Pd Fabiano Amati attacca l’assessore all’Urbanistica di Brindisi Dino Borri. Amati è totalmente dalla parte dell’Autorità di sistema portuale guidata da Patroni Griffi. Il democratico sostiene la necessità di realizzare le nuove infrastrutture nel porto, con lui è d’accordo anche il Movimento 5Stelle, e i partiti di opposizione di centrodestra. In realtà anche lo stesso Pd dopo l’ultima verifica politica di maggioranza, prima del Rossi bis, si era detto a favore delle opere portuali. Ma a quanto pare il suo assessore non è propriamente d’accordo. Insieme a Borri il movimento del sindaco Riccardo Rossi, Brindisi Bene Comune.
Amati ha accusato la giunta comunale di Brindisi, che è alle prese con le linee programmatiche preliminare per il Pug, “di trattare il suo porto come se fosse un approdo per la pesca amatoriale e non come un’immensa infrastruttura di produzione di servizi”. Questa dichiarazione a Borri non è andata giù. Che ha subito replicato che il fondale del porto di Brindisi è molto più profondo di quello degli altri porti gestiti dalla stessa Autorità portuale. “Peraltro – aggiunge l’architetto – in qualche modo su una via di rinuncia ai traffici seri nel porto interno è l’Autorità di sistema portuale che si sta facendo protagonista della chiusura del porto interno a navi traghetto, navi ro-ro, e navi da crociera per destinarlo forse a megayachts delle élites internazionali che magari potrebbero essere riforniti da mercanti di cibi di lusso e da stuoli di camerieri in livrea adatti agli emiri o pseudoemiri di turno certo senza alcuna ricaduta positiva sulla economia della comunità Brindisina e sulla sua necessaria conversione a una economia più avanzata e high tech e in definitiva più internazionalmente competitiva”. Insomma secondo Borri il porto interno dovrebbe accogliere navi traghetto, navi a ro-ro e crociere. Difficile per molti immaginare il traffico e l’imbarco nel centro della città. E in tanti lo fanno subito notare.
La guerra sul porto non piace agli operatori del settore che da tempo ormai chiedono collaborazione istituzionale. “Mentre loro litigano – afferma il consiglio direttivo degli operatori portuali salentini – noi chiudiamo e licenziamo”. Gli operatori portuali privati chiedono una coesione tra tutti gli enti pubblici e la fine della guerra in corso tra il Comune, l’Autorità Portuale e ora parte della politica. “In qualunque esempio di collettività – afferma l’associazione Ops, presieduta da Teo Titi – sono le parti offese e le vittime a ribellarsi al pubblico che sbaglia. A Brindisi è il sistema che ribolle al proprio interno e che continua a farlo da anni a discapito di una intera collettività che dovrebbe confidare nel ruolo di buon padre di famiglia che svolgono gli enti pubblici, ad iniziare dal Comune”. Titi e i suoi colleghi puntano il dito contro l’amministrazione comunale. “L’amministrazione e quindi il sindaco – aggiunge – continuano ad entrare nel merito delle necessità portuali senza, evidentemente, aver avuto l’accortezza di approfondire le questioni. Eppure sarebbe bastato che il suo assessore avesse contattato, almeno per una volta la “comunità locale esperta nei traffici marittimi”, come da lui definita, per accorgersi che: le navi traghetto e ro-ro hanno una dimensione e una capacità di carico che non potrebbero operare nel porto interno ormai da decenni; che la banchina di Sant’Apollinare (non nominata nel comunicato) è una priorità e non ci sono alternative; che le navi da crociera continueranno a non scegliere Brindisi fino a che l’unico ormeggio disponibile sarà il porto industriale; che nel nostro porto c’è solo una banchina (in concessione ad Enel) che dispone di -12mt di profondità e che un porto che si candida ad ospitare navi rinfuse o general cargo di grosse dimensioni ha la necessità di dover dragare oltre quel fondale. E non è il paragone con un altro porto di dimensioni inferiori (Bari) a giustificare la mancanza di necessità di approfondire i fondali. Probabilmente Brindisi è l’unico esempio al mondo in cui un’amministrazione locale non si affianchi alla collettività portuale e all’ente di gestione portuale per ottenere il permesso di dragare”. A questo punto gli operatori chiedono all’intera giunta Rossi di esprimersi su questi argomenti per dire una volta per tutte quali sono le reali intenzione e se sono tutti d’accordo con Borri. La provocazione è rivolta al Partito democratico, che solo un mese fa aveva detto l’esatto contrario dell’assessore. Sulla stessa linea anche il Propeller club di Brindisi. “Non si può che rimanere attoniti di fronte al livello davvero inaspettato raggiunto dalle polemiche e dagli scontri personali e fra istituzioni – affermano dall’associazione presieduta da Maria De Luca – Pensiamo che ciò sia oltremodo dannoso e soprattutto sterile e inutile”. Il Propeller fa notare che il consiglio comunale ha già votato a larghissima maggioranza un atto di indirizzo politico nel quale, per quanto di competenza, conferma la propria adesione ad opere portuali come, la vasca di colmata, con i relativi dragaggi del porto, i moli ed il relativo Terminal di Sant’Apollinare ed anche il deposito costiero di GNL di Edison. “Pertanto – concludono dal Propeller – ogni documento ufficiale emesso dall’amministrazione comunale, avente a oggetto il porto di Brindisi, non può che essere strettamente coerente con l’atto di indirizzo politico votato in consiglio comunale”.
Lucia Portolano
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