BRINDISI – ( da il7 Magazine) Doveva consegnare le pizze a domicilio, uno dei tanti ordini della serata. È il suo lavoro. Da quando c’è la pandemia l’asporto è aumentato, e il sabato sera c’è qualche richiesta in più. Era in sella alla sua bicicletta, è il mezzo che utilizza per muoversi con più facilità. Aveva con se le pizze da consegnare, quando all’altezza di piazza Cairoli, nel cuore del centro cittadino, tre ragazzi lo hanno fermato e lo hanno aggredito brutalmente con calci e pugni. Lui ha solo 20 anni, cerca di difendersi ma sono tre contro uno, e purtroppo non ce l’ha fa a schivare i colpi dati con tanta aggressività. In piazza non c’è nessuno in quel momento, almeno così sembra. Sono circa le 21. Il coprifuoco scatta alle 22, ma già dopo le 20,30 passa pochissima gente. I tre si divertono a colpirlo sino a quando non fuggono via. Il ragazzo viene soccorso da dei passanti e viene portato all’ospedale Perrino. Nel frattempo qualcuno chiama una pattuglia della polizia che interviene sul posto. Quando arriva al Pronto soccorso ha il volto tumefatto e dolorante. Dopo gli accertamenti il ragazzo viene dimesso con 30 giorni di prognosi per una frattura scomposta del setto nasale e un trauma cranico. Sarebbe potuto accadere l’irreparabile. Quei balordi picchiavano forte. Agli investigatori il ragazzo ha riferito di non conoscere i suoi aggressori. Non ha idea del perché sia stato preso di mira. Lui stava solo lavorando. E dai primi accertamenti ai poliziotti la vittima appare un bravo ragazzo senza molti grilli per la testa.
Sul fatto indagano gli agenti della Squadra mobile di Brindisi al comando della vice questore Rita Sverdigliozzi. Sono state acquisite le immagini di video sorveglianza della zona. Nei pressi della piazza ci sono numerose telecamere delle varie attività commerciali. Si sta cercando di ricostruire l’accaduto per poter risalire ai responsabili. Ad agire sarebbero stati tre giovani, forse coetanei della vittima. Gli investigatori non lasciano nulla a caso, l’aggressione è stata violenta e brutale. E non si esclude possa essere stato un atto di teppismo. Tre balordi in azione per il gusto della violenza. Un terribile gioco del sabato sera che ha visto vittima un ragazzo e che sarebbe potuto finire male. Le indagini sono in corso.
Non è la prima volta che si verificano aggressioni di questo tipo nel centro cittadino e soprattutto di sabato sera. Qualche anno fa un altro ragazzo di 21 anni rimase vittima di un’aggressione. Mentre tornava a casa, percorrendo da solo Corso Umberto, due ragazzi scesero da un’auto e lo massacrarono di botte. Anche in quel caso il giovane non conosceva i suoi aggressori. I due grazie alle telecamere che si trovavano lungo il corso furono identificati, uno di loro patteggiò. Uno aveva 24 anni, e l’altro 21, coetanei della vittima. Cosa abbia scaturito tanta violenza resta ancora un mistero. Non è mai stato chiaro il movente.
Questa volta è toccato ad un giovane che stava solo lavorando. Il mestiere del fattorino o del rider in tempi di pandemia si è diffuso anche a Brindisi. In tarda serata nei giorni infrasettimanali, nei periodi della zona rossa, per le strade si vedevano solo loro.
Sono circa 70 i riders iscritti sulla piattaforma per coprire la zona di Brindisi. Tutto il giorno vanno in giro per la città per portare nelle case il cibo pronto. Una corsa contro il tempo per far arrivare il sacchetto caldo affinchè non ci siano lamentele.
È diventato ormai un vero e proprio mestiere. Gente che a bordo di uno scooter o in auto in pochi minuti raggiunge i vari quartieri. Tra di loro ci sono persone di tutta l’età, dai 20 anni in su. Padri di famiglia che hanno bisogno di arrotondare lo stipendio, madri che lo fanno come unico lavoro, e trentenni che come prima occupazione hanno trovato solo questo. E poi c’è persino un uomo di 70 anni, che con la pensione minima non riesce a pagare le spese, ed è costretto e fare il rider per arrivare a fine mese. In città si è costituito il Gruppo riders Brindisi, hanno aderito circa trenta persone.
“Qualche anno fa eravamo pochi, ed era bello fare questo mestiere, si guadagnava di più – racconta Michele, padre di 55 anni, che fa il rider come secondo lavoro dopo che le sue aziende sono chiuse – ma oggi con la pandemia tutto è esploso. Le multinazionali hanno bisogno di fare tante consegne in breve tempo e così le piattaforme hanno preso più persone. Si riesce a fare al massimo due consegne a sera, che vengono pagate circa 3euro 50. Prima invece riuscivo a prendere anche 6 euro a consegna e ne facevi anche cinque a vola volte anche cinque”. Michele ha tre figli, e prima della crisi aveva un’azienda con diversi sedi, poi le ha dovute chiudere.
Quella del rider è diventata una vera e propria professione, dopo i primi tempi bisogna aprire la partita iva e ci sono delle spese. “Se ti va bene riesci a portare a casa anche mille euro – spiega Michele – ma di questi tempi è diventato difficile. Il problema è che non esiste ancora una legislazione che regolamenta questo lavoro e quindi non abbiamo nessuna garanzia”.
Alla precarietà del lavoro e alla mancanza dei diritti si aggiungono poi le preoccupazioni per la scarsa sicurezza. È accaduto anche che a qualche rider sia stata rubata la merce da consegnare. E in questo caso si perde il guadagno di una serata. “Stiamo combattendo per far riconoscere questo come un lavoro a tutti gli effetti – afferma Luciano Quarta della Cgil – le tariffe si stanno abbassando sempre di più e per riuscire a prendere uno stipendio di mille euro devi essere disponibile dalla mattina presto alla sera. Un vero e proprio sfruttamento. Questa è gente che a lavorato in piena pandemia, senza un minimo di tutela e di riconoscimento”.
Lucia Portolano
È necessario intervenire con determinazione per evitare futuri incidenti!!!
Dove sono le istituzioni, si parla di controlli ma non si vede una pattuglia a meno che non vai ai bar dei distributori di benzina.
È evidente ormai che questa città ha un problema di delinquenza minorile, teppismo gratuito… ma pare che chi dovrebbe occuparsene lo ignori!
Mi spiace per il ragazzo a cui va tutta la mia piena solidarietà. Sono un rider che svolge questa attività per professione come lavoro primario in piena autonomia con partita iva e leggere come al solito la CGIL che strumentalizza questi brutti fatti per propri fini mi manda su tutte le furie. La CGIL dovrebbe vergognarsi di dire certe cose false il loro contratto stipulato da subordinato con Justeat è una vera presa per i fondelli, lo spacciano come diritti e doveri ma non è altro che il vero schiavismo di questo lavoro, 1000 euro forse in alcune località più piccole come Brindisi probabilmente devi stare loggato più ore diversamente invece se lavori in citta più grandi come Milano e Roma, ma il contratto della CGIL te ne fa guadagnare molto meno e non hai più la flessibilità di decidere in autonomia anzi sei obbligato a lavorare , questo è vero schiavismo.