BRINDISI – (da il7 Magazine) “Tra un po’ ci vediamo, vengo a vivere lì”. Sembrava tranquillo Marco in quell’ultima video chiamata con la mamma ed alcuni suoi parenti in cui annunciava un suo ritorno in Italia, a Brindisi. Avrebbe detto proprio così il giorno prima di morire. Per questo la famiglia di Marco Celeste, brindisino di 36 anni, non si dà pace, non riesce a credere che si sia suicidato in quella cella del carcere di Ibiza.
“Lo avevamo sentito il 29 dicembre – racconta una parente – aveva fatto una video chiamata con la mamma ed alcuni familiari, stava bene, sembrava tranquillo. Tra poco tempo sarebbe anche uscito dal carcere, per questo aveva detto che sarebbe tornato presto in Italia. Come poteva suicidarsi. Abbiamo troppi dubbi”. Esattamente all’indomani di quella video chiamata, il 30 dicembre intorno alle 19 la mamma di Marco ha ricevuto una telefonata dai carabinieri che l’avvertivano che lui era morto. “Abbiamo immediatamente chiamato l’avvocato – dice la donna – che a sua volta ha contattato l’avvocato spagnolo. Purtroppo ci è stato confermato che Marco era deceduto. Prima ci hanno detto che era morto per cause naturali, poi dopo hanno parlato di suicidio. Ci hanno riferito che è stato trovato senza vita sul letto della sua cella, dicono che si sarebbe impiccato con un laccio della tuta. Ma come è possibile questo? Vogliamo chiarezza. Vogliamo capire cosa realmente è accaduto quel giorno, cosa è accaduto in quella cella dove da qualche giorno era stato messo da solo”.
Marco Celeste era stato arrestato il 26 giugno di quest’anno, accusato di aver appiccato l’incendio in un bosco, le fiamme avevano provocato dei danni bruciando diversi ettari dell’isola. In primavera si sarebbe dovuto svolgere il processo. Ormai era in carcere da sette mesi. In Spagna per questi reati sono molti severi. Il legale della famiglia, l’avvocato Giacinto Epifani, insieme ad un avvocato spagnolo, aveva preparato un’istanza per chiedere la scarcerazione in attesa del processo. Ma Marco è morto prima di conoscere l’esito di quella richiesta.
Sua madre, chiusa in un profondo dolore, lo ha rivisto 20 giorni dopo la sua morte. La salma del 36enne è arrivata all’obitorio del cimitero di Brindisi la sera del 19 gennaio dopo una lunga procedura burocratica. Il pubblico ministero della procura brindisina, Pierpaolo Montinaro, ha disposto l’esame autoptico sul corpo dell’uomo per il 25 gennaio. In quella stessa data sarà conferito l’incarico al medico legale, e sarà eseguita l’autopsia che potrà fornire importanti elementi sulle cause del decesso. La mamma e il fratello avevano incaricato l’avvocato Epifani ha presentato una denuncia contro ignoti affinchè la procura potesse aprire un’indagine. Il legale ha chiesto che venisse acquisita tutta la documentazione sulla morte dell’uomo. “I rapporti tra Italia e Spagna sono buoni, non stiamo parlando dell’Egitto – dice il legale – sarà facile ottenere tutta la documentazione dalla polizia spagnola. La famiglia ha dei dubbi ed è giusto che riceva risposte davanti ad una tragedia simile”.
Marco Celeste viveva ad Ibiza da oltre 4 anni, aveva raggiunto un suo parente che aveva aperto una pizzeria sull’isola. Era rimasto lì a fare il muratore, lavorava in una ditta, poi con l’arrivo della pandemia era stato messo in cassaintegrazione. “Era bravissimo nel suo lavoro – dice ancora la parente – aveva preso in affitto una casa in campagna e viveva bene sino quando non è accaduto l’incendio. Nei primi giorni dell’arresto era caduto in depressione, poi si era ripreso, aveva intrapreso un percorso con uno psicologo ed era molto tranquillo. Aveva anche peso 20 chili. Sua madre lo sentiva ogni giorno, ed una volta a settimana si collegavano in video chiamata. Non ha mai dato segni di squilibrio psicologico. Mai una frase fuori posto. Lui è sempre stato un ragazzo forte, che non ha mai dato fastidio a nessuno. È incomprensibile quello che è accaduto”.
I suoi parenti lo hanno visto per l’ultima volta a Natale del 2019, era venuto a Brindisi per trovare la mamma, poi a causa del lockdown è dovuto restare in Spagna per questo aveva promesso che sarebbe ritornato una volta uscito dal carcere.
La sua famiglia ora si pone tanti interrogativi ai quali forse l’autopsia potrà dare qualche risposta. Ma c’è un altro passaggio sul quale ha sempre dubitato la mamma di Marco. “A novembre il direttore del carcere ci ha chiamato – aggiunge ancora la donna – per comunicare che Marco era in ospedale in quanto si era rotto la tibia giocando a calcio con gli altri detenuti. Ci siamo sempre chiesti come fosse possibile che in tempo di Covid facessero giocare i detenuti in carcere, soprattutto con i numeri dei positivi in Spagna. Marco non ha mai comunque negato di essersi rotto la gamba. Ma a noi i dubbi restano. Intanto lui non c’è più e noi ora non possiamo fare più nulla. Solo cercare la verità”.
Lucia Portolano
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