BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Dieci mesi dall’omicidio di Giampiero Carvone, il giovane 19enne ucciso a colpi di pistola davanti al portone della sua abitazione al quartiere Perrino di Brindisi, ed il suo assassino non ha ancora un volto ed un nome. Proseguono le indagini della Squadra Mobile di Brindisi ma nelle mani degli investigatori ci sono solo prove indiziarie non sufficienti ad incastrare l’autore o gli autori di questo terribile assassinio che il 10 settembre dello scorso anno sconvolse la città di Brindisi. Giampiero Carvone era un ragazzo come tanti altri, cresciuto nella periferia, in uno dei quartieri della città dove di storie se ne possono raccontare tante, soprattutto quelle di cronaca, nonostante questo la sua morte lascia dolore e sconcerto. Il dolore per una famiglia che perso un figlio e lo sconcerto per una giustizia che attende ancora di fare il suo corso. Il 19enne muore dopo essere stato raggiunto da una scarica di proiettili, uno dei quali sarà fatale, davanti al portone della propria abitazione. Era la notte del 10 settembre quando il padre del ragazzo, Pietro Carvone, udendo i colpi di arma da fuoco esce da casa e trova il figlio in un lago di sangue. E’ lui a soccorrerlo e portarlo in ospedale dove al termine di un delicato intervento chirurgico morirà. Stando alla ricostruzione degli investigatori Giampiero alle tre della notte è davanti al portone della sua abitazione in via Tevere, quartiere Perrino di Brindisi, quando viene raggiunto da una scarica di proiettili. La Scientifica accerterà cinque colpi esplosi di cui uno fatale perché raggiunge il 19enne alla testa. In questi mesi nove persone sono state arrestate , tutte in qualche modo collegate a quanto accade quella terribile notte. Gli inquirenti sono convinti che il movente dell’omicidio sia maturato nel medesimo contesto del furto d’auto di cui il ragazzo sarebbe stato responsabile e della tentata estorsione ai danni della famiglia dello stesso. La cronaca ricostruita nelle indagini condotte dagli uomini della squadra mobile di Brindisi, coordinati dalla dirigente Rita Sverdigliozzi, racconta che quattro giovani, Giuseppe Lonoce, 37 anni, Stefano Coluccello, 28 anni, e i fratelli Aldo Bruno Carone e Eupremio Carone, rispettivamente 22 e 21 anni, finiti in manette lo scorso 26 settembre, ventiquattro ore prima della morte di Carvone si sarebbero presentati a casa del ragazzo e dinnanzi all’intera famiglia lo avrebbero accusano del furto di un’auto, una Lancia Delta, avvenuto il giorno precedente pretendendo una somma di denaro a titolo di risarcimento per i danni causati dallo stesso 19enne durante la fuga. Da qui ne sarebbe nata una lite sedata con l’intervento del padre di Giampiero, Piero Carvone. Le indagini degli investigatori accertano infatti che effettivamente Carvone il 9 settembre 2019, con l’aiuto di alcuni complici, aveva sottratto un’auto poi rivenuta in una campagna dallo stesso Coluccello. I quattro, quindi, vengono arrestati per estorsione aggravata. Giuseppe Lonoce finisce in carcere, Coluccello e i fratelli Carone ai domiciliari. Ma la storia non finisce qui, perché il 9 settembre del 2019, qualche ora prima della morte del 19enne, accade un fatto gravissimo nei pressi della piazzetta antistante la chiesa del Perrino, a pochi passi da via Tevere dove abita la famiglia Carvone: un colpo di fucile viene esploso contro due giovani, amici di Giampiero, coinvolti nel furto dell’auto. Il colpo di fucile viene esploso davanti a famiglie e bambini che in quel momento erano in piazzetta e solo per puro caso nessuno rimane ferito. Gli autori della sparatoria, lo diranno le indagini degli investigatori, sarebbero Stefano Coluccello, 28 anni, già agli arresti domiciliari con l’accusa di tentata estorsione , e Giuseppe Sergio, 20 anni. Entrambi finiscono in carcere con l’accusa di porto abusivo di armi ed esplosione di colpi di arma da fuoco. Anche in questo caso l’episodio sarebbe riconducibile al furto dell’auto. Coluccello e Sergio avrebbero intimato a due ragazzi sotto la minaccia dell’arma di pagare i danni arrecati all’auto oggetto di furto e poi recuperata dallo stesso Coluccello. Il 17 dicembre, a tre mesi dall’omicidio, finiscono nuovamente nei guai Stefano Coluccello e Giuseppe Sergio ma questa volta ai due si aggiunge anche Alessandro Coluccello, fratello del primo. La Squadra mobile di Brindisi durante le indagini che proseguono a ritmo serrato scoprono che Stefano Coluccello pur essendo ai domiciliari con l’accusa di porto d’armi ed esplosione di colpi d’arma da fuoco, non solo aveva incontrato altre persone, violando la misura cautelare, ma aveva anche consegnato nelle mani del fratello e del Sergio una pistola a funzionamento automatico. Di fatto la pistola non è stata trovata ma gli inquirenti raccolsero elementi sufficienti per avvalorare l’accusa. In tutta questa intricata vicenda mancano ancora dei tasselli, quelli più importanti, quelli di fatto raccontano cosa accadde la notte del 10 settembre del 2019 in via Tevere, chi premette il grilletto ed uccise Giampiero. L’autopsia sul corpo del giovane ha rivelato che il 19enne morì per quell’unico colpo che lo raggiunse alla nuca trapassando il cervelletto. La perizia balistica sullo studio della traiettoria dei proiettili dirà anche che la scarica di colpi fu esplosa mirando dall’alto verso il basso,, da qui la convinzione degli investigatori che le intenzioni dell’assassino non erano quelle di uccidere Carvone bensì di ferirlo alle gambe, di dargli una lezione. Ma il giovane, forse, preso dall’istinto di proteggersi dai colpi di arma da fuoco si sarebbe chinato verso il pavimento incrociando, inevitabilmente, la traiettoria del proiettile che poi gli è stato fatale. La morte del giovane resta così ancora avvolta nel mistero, o quasi, la famiglia oggi nega di aver ricevuto richieste estorsive ed vorrebbero che l’assassino del loro figliolo possa avere presto un volto. Ma i mesi passano ed i genitori affranti da un dolore che mai potrà trovare pace, cominciano a disperare. “Mio figlio non c’è più, hanno ucciso un ragazzo di 19 anni- dice il padre, Piero Carvone- e nessuno può dimenticare questo. Ancora oggi sono tantissimi i ragazzi che vanno al cimitero a trovare Giampiero. Noi vorremmo solo che sia fatta giustizia per nostro figlio e che nessuno si dimentichi di lui”.
Lucia Pezzuto per Il7 Magazine
Commenta per primo