Il ricordo del massone Cesare Braico

INTERVENTO / Ricorre oggi 25 luglio 2019, il 132° anno dalla morte di Cesare Braico, patriota, medico e politico italiano, unico concittadino, stando all’elenco ufficiale dei volontari che si imbarcarono a Quarto, ad aver partecipato all’impresa “garibaldina” dei Mille, nel lontano 1860. La Casa Massonica locale RL Stefano de Carolis Villars e il Capitolo femminile della RL Athena, in Obbedienza alla Serenissima Gran Loggia Unita d’Italia, Sglui-Ignis, commemorano l’Eroe Brindisino. Cesare Braico nasce a Brindisi, il 24 ottobre 1816 da Bartolomeo e Carolina Carasco e muore a Roma, il 25 luglio 1887. Terminati gli studi secondari nella città natale, si laureò in medicina all’università di Napoli nel 1845, fu presto noto negli ambienti liberali della città di Napoli, frequentando Carlo Poerio, Nicola Nisco e Silvio Spaventa, affermandosi tra i promotori delle grandi manifestazioni cittadine del novembre 1847. Nel gennaio 1848 sottoscrisse, insieme con numerosi eminenti cittadini napoletani, un “indirizzo” che chiedeva al re il ripristino della costituzione del 1820. Solo pochi mesi dopo, il 15 maggio dello stesso anno, partecipò attivamente alla rivoluzione del 1848, combattendo sulle barricate di Santa Brigida, rifugiandosi con Luigi Settembrini (Scrittore e Patriota), nel palazzo del principe di Montemiletto. Nell’agosto 1849, accusato con Nicola Nisco di avere fatto opera di subornazione tra le file dell’esercito, fu arrestato e rinchiuso, insieme con l’ostunese Trinchera, il tarantino Mignogna, Carlo Poerio, Michele Pironti, V. Dono e altri, nel carcere della Vicaria – “in una stanza che aveva ad ornamento della inferriata, quattro troncate teste di famosi briganti”- e a conclusione del processo detto dell'”Unità italiana”, il 21 gennaio 1851, fu condannato a “venticinque anni di ferri” e alla multa di seicento ducati. Il 4 febbraio i “rei” di stato – legati a due a due con “pulsette” di ferro –  furono condotti alla darsena e qui, vestiti dei panni dei forzati e incatenati, furono imbarcati per Nisida (C. Braico, Ricordi della galera, in Lecce 1881, Lecce 1881, p. 33). Nel gennaio 1859 il governo borbonico, per uscire dall’isolamento diplomatico, decise di vuotare le carceri dai condannati politici ricorrendo all’espediente della loro deportazione in America. Cesare Braico ed altri sessantacinque detenuti furono imbarcati sul vapore “Stromboli” e giunti a Cadice furono trasbordati sulla goletta “David Stewart” che avrebbe dovuto condurli a New York; ma essi, guidati dal figlio del Settembrini, si rivoltarono e ottennero che fosse invertita la rotta verso l’Irlanda, ove sbarcarono liberi (16 marzo 1859). Tornato in Italia, Braico si arruolò volontario nell’esercito piemontese alla “campagna di Lombardia”, e partecipò alla battaglia di Solferino il 24 giugno 1859 come soldato e medico di campo. Date le dimissioni dopo Villafranca, nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille, come ufficiale medico nel 1º battaglione cacciatori delle Alpi. Successivamente svolse le mansioni di medico chirurgo di brigata nella “1ª divisione di fanteria”, e, con il grado di maggiore, quello di medico in capo della “18ª divisione dei volontari”, combattendo da Calatafimi al Volturno. Nel 1861 fu eletto deputato di Brindisi per l’ottava legislatura. Un anno dopo, nel giugno del 1862 fu insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e presidente del consiglio di sanità in Napoli. Dimessosi dalla Camera nel corso della stessa legislatura, fu eletto deputato di Lucera. Nelle elezioni del 1865 si presentò candidato nel collegio di Manduria, rivolgendo un generico invito all’Unità delle forze liberali, ma non fu eletto. Con decreto del 10 dicembre 1865 fu nominato commissario di “sanità marittima” e assegnato dapprima a Livorno, poi a Napoli. Scoppiata la guerra del 1866, accorse ancora tra i garibaldini e col grado di sottotenente combatté col 1º battaglione dei bersaglieri genovesi a Rocca d’Anfo e a Monte Suello, qui guadagnò  il riconoscimento al valor militare (decreto n.6 del 1866). Il 19 gennaio 1873 fu assegnato all’Archivio di Stato di Roma e in questa città trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, segnati dalle numerose carcerazioni nei “bagni Borbonici”, noti per le disumane condizioni carcerarie tra cui, Vicaria, Nisida, Ischia,Montefusco e Montesarchio, resi ancora più amari dalla solitudine e dalle prime manifestazioni d’una infermità mentale che, aggravatasi nel 1883, lo conduceva alla morte nell’Ospedale Santa Maria della Pietà di Roma, il 25 luglio 1887.

Cesare Braico  Massone e “Libero Muratore” Nel 1845, all’età di 29 anni, appena finiti gli studi di medico chirurgo, Cesare Braico viene iniziato alla Massoneria aderendo, subito dopo la soppressione delle “libertà costituzionali” del 1848, alla “società segreta” dell’Unità italiana o dell’Unità d’Italia fondata da Luigi Settembrini, Silvio Spaventa e Filippo Agresti, società contigua alla Libera Muratorìa. Braico diresse il “circolo” del quartiere di Montecalvario, cercando di espandere le idee liberali e l’organizzazione tra il popolo napoletano. L’anno seguente, nel 1849, vengono arrestati per questi motivi Agresti e Settembrini.

La scoperta di “tale associazione” avrebbe condotto agli arresti di ben 42 patrioti, tra cui Cesare Braico, processati il primo giugno del 1850. Seguirono gli anni di dura carcerazione e traduzioni nelle numerose località sopra citate. Compiuta l’Unità d’Italia, nel 1861, tanti semplici patrioti, tanti mazziniani delusi dalla irrealizzazione dell’ideale “repubblicano” e dal fatto che non tutto il paese era stato unificato, insieme a numerosi socialisti, liberali e radicali, aderirono alla Libera Muratorìa, condividendone i principi e gli ideali per una riforma Laica e Sociale.  La città di Brindisi lo ricorda, al tempo, intitolandogli il più noto Parco Cesare Braico, una strada del Centro, via Cesare Braico, una lapide sulla facciata del palazzo Nobiliare di via Ferrante Fornari, lì dove ebbe i natali, un busto Bronzeo in C.so Roma angolo via Cappellini e via Saponea, opera dello scultore Salentino Alessandro Fiordegiglio e un Sepolcro nel cimitero Comunale. Nino Bixio, col quale non nutriva buoni rapporti, causa questione di donne contese, dice di Lui:   « Il coraggio di Braico è mirabile per la inverosimile e grandissima calma; egli non ha bisogno di concitarsi per divenire un eroe ». Il Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Unita d’Italia Stefano E. Erario, congiuntamente con il Maestro Venerabile Giovanni Car. Il Commissario del Capitolo femminile Ilaria Sem. e i Fratelli e Sorelle presenti, commemorano il “compaesano” Cesare Braico, depositando una corona di alloro sotto il Busto di C.so Roma, ricordando ai Fratelli presenti, le gesta dell’“Eroe Brindisino” protagonista attivo e instancabile del Risorgimento e dell’Italia Unita. Auspicando, tra l’altro che l’amministrazione comunale provveda a ripristinare il giardinetto dove v’è posto il Busto bronzeo di Cesare Braico, perché trascurato e in pessimo stato;

< <  ……. siamo qui riuniti in “Catena”, simbolo d’unione Massonica, con Tutti i Fratelli presenti e assenti nel ricordo di un uomo, un medico, un soldato, un liberale ma soprattutto un Fratello,  che ha Onorato la nostra città di Brindisi spendendo la propria vita per il prossimo e per un “ideale”, quello della Libertà e della restaurazione dell’Unità Fraterna della nostra Amata Italia. Ideali combattuti e sofferti tra le numerose divisioni territoriali dell’epoca, dominate da una vecchia, e ormai anacronistica, monarchia padrona del sud dell’Europa e dell’Ultimo Regno, quello detto delle due Sicilie. Ricordiamo, a 132 anni dalla sua morte terrena, uno dei più valorosi e Illustri concittadini, esempio di determinazione e devozione verso gli ideali di Libertà e di libera espressione, di Uguaglianza tra le classi sociali e di genere, non ultimo quello della Fratellanza tra i popoli. Gli stessi ideali a cui Noi siamo “giurati” i quali, oggi come non mai, vediamo messi in discussione per la smania di alcuni politici Italiani che con ignobili proposte di legge, ci riportano a sentir vivo lo spirito di coloro i quali siamo Estimatori e Fratelli,  col quale vinsero la Tirannia e la persecuzione Umana. Uno scenario inaspettato e inverosimile che si compie in questi ultimi tempi, proponendosi, per altra parte politica, come salvatori di una patria ormai “svenduta, rinnegata e confusa” che la rende “isolata e sorda”, in una Europa altrettanto ambigua e venale, lontana da quella sognata e scritta dai nostri Padri Fondatori ma che auspichiamo possano  ravvedersi in una proiezione di un sentimento tutto Italiano, quello della Pace e della Tolleranza >>.

“Possono morire gli Uomini ma non possono morire le Idee”.

Stefano E. Erario

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