Reportage: 24 ore in motovedetta, alla scoperta del porto e della costa brindisina

BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Il porto di Brindisi è uno tra i porti più grandi del mar Adriatico con le sue insenature naturali nell’arco dei secoli ha consentito di sviluppare intorno a se molteplici attività che quotidianamente la Capitaneria di Porto, attraverso le sue sezioni specializzate, monitora e vigila. Nonostante i controlli serrati anche lungo la costa, che si estende per oltre cento chilometri, con i suoi innumerevoli punti di accesso, è pressoché impossibile intercettare tutti i traffici illeciti e le violazioni penali o amministrative che si verificano. E’ bastato trascorrere 24 ore con gli uomini della Capitaneria e Guardia Costiera di Brindisi per avere una visione del porto e della costa del tutto inedita.

Le attività che scandiscono la giornata della Capitaneria di Porto di Brindisi, guidata dal comandante Giovanni Canu, sono molteplici e partono proprio dal controllo a terra e in mare.

“La nostra attività è molto articolata e si svolge con l’obiettivo di garantire la sicurezza e contrastare qualsiasi attività illecita- spiega il Comandante Canu- tuttavia il nostro intento principale non è quello della repressione bensì della educazione al mare e alla sua tutela”.

Intorno al porto, che si articola su tre bacini ( porto esterno, porto medio e porto interno) si svolgono innumerevoli attività industriali e turistiche.

I controlli da parte della Capitaneria si svolgono quotidianamente con turni doppi. Il compito di vigilare l’area portuale a terra spetta ai nostromi.

Banchine, flussi turistici e attività industriali

Il personale specializzato vigila sulle attività intorno alle banchine di Costa Morena che si sviluppano per 1.170 m, con una profondità di 14 metri e piazzali per 300.000 metri quadrati. Lungo la diga di Costa Morena (500 metri ) si sviluppa il sistema, a mezzo nastro e tubature, per lo sbarco dei prodotti destinati all’alimentazione delle centrali elettriche di Brindisi sud e nord. Mentre a Punta delle Terrare sono operativi 270 metri di banchine per il traffico ro-ro con possibilità di ormeggio contemporaneo di cinque navi.

“Abbiamo due tipi di security, quella svolta dall’Autorità di Sistema che si occupa del bene pubblico e quella invece legata alle facility , ossia alle concessioni dei privati- spiega il nostromo- in quel caso è l’azienda titolare della concessione che si occupa della sicurezza. Ma a vigilare sulle attività c’è sempre la Capitaneria di Porto”.

Nonostante questo è impossibile tenere sotto controllo tutto, vi sono molti punti ciechi dai quali è possibile intrufolarsi ed eludere la sorveglianza. Tra le infrazioni più comuni quella commessa dai pescatori che nonostante il divieto si avvicinano alle attività industriali, in particolare alle centrali per pescare. Qui l’ordinanza vuole che non ci si possa avvicinare a meno di 15 metri, ma puntualmente c’è qualcuno che lo fa. Poca roba se poi, invece, si da uno sguardo alle attività di sbarco.

A Punta delle Terrare sono operativi 270 metri di banchine per il traffico ro-ro, principalmente navi provenienti dall’Albania. Gli uomini della Capitaneria qui hanno il compito di verificare la manovra di ormeggio affinchè avvenga in sicurezza e presiedere alle operazioni di controllo sui mezzi ad opera della polizia di frontiera e delle dogane, controlli a campione. Ogni banchina ha il suo pescaggio.

“Normalmente quando arriva una nave, un pilota con la pilotina esce fuori dal porto-spiega il nostromo- il pilota, poi, sale nella plancia dove c’è il comandante della nave, da le direttive per far entrare la nave nel porto. In caso di maltempo o navi che trasportano merci pericolose si utilizzano i rimorchiatori”.

In estate quando le navi trasportano anche 1000 passeggeri, i controlli si fanno più serrati, in particolare si verifica che le navi non imbarchino più di quanto previsto, il cosiddetto over booking. “Questo perché le navi hanno dei mezzi collettivi e individuali di salvataggio per il numero massimo delle persone trasportabili -dice il nostromo- per cui è chiaro che se c’è la necessità di abbandonare la nave e ci sono più persone di quelle consentite per i mezzi di salvataggio non va bene”.

Ogni nave trasporta decine di tir, in base alla provenienza cambia anche la tipologia dei controlli. Ad esempio le navi che arrivano da Patrasso trasportano molti container cinesi che si imbarcano proprio li. “Noi li controlliamo perché aumenta la probabilità che arrivi merce contraffatta -dicono- Arrivano scarpe e abbigliamento. Meno prodotti alimentari. Il primo febbraio un grosso carico di caricabatterie per computer mancavano i simboli previsti sull’etichetta”.

Anche il trasporto dei tir stesso sulla nave deve sottostare a delle regole precise: il carico dei tir sulla nave deve essere distribuito, devono essere garantite le vie di fuga e che tra un mezzo e l’altro vi siano almeno 40 centimetri di distanza.

I controlli a terra vengono fatti a campione e questo, purtroppo, non garantisce che poi sul territorio non si introduca merce contraffatta o illegale. Tra gli strumenti più utilizzati vi è lo scanner a raggi X sotto il quale viene fatto passare il mezzo pesante sospetto. Qui attraverso un monitor si controlla che non vi sia doppio fondo sotto e sul soffitto, che le ruote siano vuote e che il carico sia omogeneo.

“ Normalmente una squadra fa l’analisi dei rischi guardando i tir che sbarcano o viene fatto prima che arrivi la nave in base ai documenti di carico, o se ci sono segnalazioni -spiegano- Essendo merce che arriva dall’estero è soggetta a dichiarazione di importazione e quindi l’anagrafe tributaria stabilisce il tipo di controllo che bisogna fare, in base ai parametri. Il controllo è imposto dal sistema e l’immagine dello scanner viene trasmesso a tutte le dogane europee e immessa nella banca dati”.

Questo tipo di controlli vengono eseguiti dalla Dogana a cui si affianca la Capitaneria quando si ha a che fare con prodotti ittici e alimentari , c’è un protocollo d’intesa tra ministeri.

“Purtroppo trattandosi di controlli a campione a meno di non avere delle segnalazioni -dice il nostromo- Molti ci sfuggono e poi ce li ritroviamo per le strade”.

I controlli cambiano nella zona industriale, qui vengono fatti due volte al giorno, mattina e pomeriggio a questi si aggiungono anche quelli fatti su segnalazione.

Sulle banchine date in concessione si svolgono operazioni di carico e scarico e in base al tipo di carico si fanno dei controlli specifici. Qui arriva di tutto, cementi, gesso, ceneri, scarti della lavorazione del carbone.

Tutte le operazioni possono essere fatte in assenza di vento, e seguendo dei protocolli precisi. Ci sono delle prescrizioni per evitare la dispersione, le aziende che movimentano polveri devono utilizzare i mezzi che bagnino la banchina in modo da trattenerle a terra e poi dei mezzi spazzatrici che ripuliscano.

“Chi ha in utilizzo la banchina deve anche garantire la pulizia – dice il nostromo- C’è un’ordinanza secondo la quale prima che si cominci le operazioni di scarico sulla banchina deve comunicarlo alla Capitaneria perché poi bisogna vigilare. In caso contrario c’è una sanzione amministrativa”.

Le concessioni per aree demaniali sono davvero tante. Il porto di Brindisi da lavoro a una miriade di aziende. Tutte le attività vengono comunicate alla Capitaneria preventivamente, se c’è qualche attività che non risulta dai registri allora si interviene.

Tra i moli più grandi c’è quello dato in concessione a Versalis, dove arrivano le navi gasiere. “Qui viaggia tutto i tubature, una volta controllate le operazioni di ormeggio -dice il nostromo- Tutto quello che avviene nel porto viene comunicato all’autorità marittima”.

Controllo della costa

La capitaneria di Porto con la Guardia Costiera monitora oltre 100 chilometri di costa da nord a sud. Questo vuol dire che le motovedette verificano tutte le attività di transito, pesca e in particolare della Riserva Naturale di Torre Guaceto. Anche in questo caso i controlli si eseguono in turni.

La pesca in porto è vietata, così a ridosso della diga e delle banchine. Il popolo brindisino, popolo di pescatori, conosce la norma ma non se ne fa un problema, così come avviene per i controlli a terra tra le violazioni più frequenti vi è proprio questa. “La gente continua a pescare nel porto interno e vicino alle attività industriali- dice il comandante della motovedetta CP 578- ma non tiene conto di ciò che poi finisce sulla tavola. Nessuno, oltre al fatto che è vietato, tiene conto del rischio per la salute”.

I controlli alle imbarcazioni tendono invece a verificare le dotazioni di sicurezza e i documenti per la navigazione. Anche qui il brindisino medio spesso e volentieri non ha con sé i documenti e soprattutto il tagliando assicurativo , accampando scuse improbabili ogni qualvolta viene fermato dalla Guardia Costiera.

“Se non si ha con se il tagliando assicurativo, la sanzione amministrativa ammonta a 91 euro- spiega il comandante- se poi si scopre che l’imbarcazione non è assicurata allora scatta il sequestro”.

Dall’illecito amministrativo si passa a quello penale quando poi si ha a che fare con le aree protette . E’ questo il caso della Riserva Naturale di Torre Guaceto. Qui la pesca e la balneazione è consentita solo in alcuni tratti. Il meraviglioso specchio d’acqua che bagna la marina di Carovigno si suddivide in tre zone: A, B e C.

Zona A, è la Riserva Integrale, in cui è proibita la navigazione, l’accesso, l’approdo e la sosta di navi e natanti di qualsiasi genere e tipo, ad eccezione di quelli debitamente autorizzati dall’Ente gestore per motivi di servizio nonché per eventuali attività di ricerca scientifica e di visite guidata, precedentemente autorizzate dallo stesso ente gestore.

Zona B, è la  Riserva Generale, dove sono consentite, spesso regolamentate e autorizzate dall’Ente gestore, oltre alle attività previste per la Zona A, una serie di attività che permettono la fruizione e l’uso sostenibile dell’ambiente. Nella zona B la balneazione è consentita dall’alba al tramonto.

Zona C, è la  Riserva Parziale, rappresenta la fascia tampone (buffer) tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni alla Riserva marina; in tale zona ricade la maggior parte dell’estensione della Riserva naturale protetta. In tale zona è possibile svolgere, oltre alle attività possibili nella zona A e B, anche le attività di pesca e la navigazione. Le attività sopraelencate sono normate dal decreto istitutivo e dal disciplinare provvisorio.

“Le attività di pesca sono regolamentate con apposita autorizzazione da parte del Consorzio solo nella zona C- spiega il comandante della motovedetta- Ma i pescatori di frodo non mancano. Gettano le reti la notte per poi riprenderle dopo 24 ore”.

I controlli in mare conoscono tanti limiti, quello delle distanze, una motovedetta raggiunge una velocità di 36 nodi. Molto spesso tra la segnalazione e l’arrivo della Guardia Costiera sui luoghi segnalati può trascorrere anche molto tempo. Questo da la possibilità a chi sta commettendo l’illecito di darsi tranquillamente alla fuga. Non solo, vi è anche il problema del pescaggio. La motovedetta non può andare ad un pescaggio inferiore ai quattro metri e mezzo. “Se intercettiamo una barca in una zona che non possiamo raggiungere a causa del pescaggio dobbiamo sperare che questi sia disponibile ad avvicinarsi altrimenti può tranquillamente allontanarsi e tu non può far nulla”.

Inquinamento ambientale e tutela dei beni archeologici sommersi

Il porto di Brindisi è particolarmente esposto ai reati di natura ambientale, in questo caso è la Polizia Marittima della Capitaneria di Porto che si occupa dei rilievi e delle indagini, talvolta fornisce anche la consulenza. “Noi siamo un’area Sin , questo vuol dire che siamo sotto la lente d’ingrandimento del governo nazionale- spiega il dirigente della Polizia Marittima- le procedure, il sistema di rapportazione è molto più complesso. Ad esempio la stessa pesca nel porto in area Sin coinvolge la violazione ambientale, la violazione in materia di pesca”.

La Polizia Marittima si occupa anche degli scarichi a mare. Un esempio emblematico è il sequestro di una masseria nell’interland di Carovigno che scaricava l’acqua della porcilaia nel Canale Reale che poi sfocia nella Riserva Naturale di Torre Guaceto. “Può sembrare strano ma abbiamo sequestrato 18 maiali -racconta il dirigente- ma erano strettamente connessi con la porcilaia e gli scarichi”.

Demanio e concessione

Le concessioni demaniali sono rilasciate dalla Regione Puglia che ha demandato tutto ai Comuni ma ogni variazione è subordinata al controllo della Capitaneria di Porto. La maggior parte dei controlli avvengono durante la stagione estiva, in particolare quando i gestori degli stabilimenti balneari realizzano strutture anche amovibili nei pressi delle aree demaniali. Nell’ultimo anno la Capitaneria ha eseguito numerosi sequestri con ordinanza di abbattimento.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*