BRINDISI – Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di una ragazza brindisina di 18 anni Giorgia Gagliano Morelli in risposta ad un nostro articolo in merito alla richiesta di Lega e Fratelli d’Italia di annullare il bando per un centro di accoglienza per minori non accompagnati a Tuturano.
“Salve, sono Giorgia Gagliano Morelli, ho diciotto anni e vivo a Brindisi. A breve mi diplomerò e sono impaziente di poter iniziare l’università, ove potrò specializzarmi, per mezzo del percorso di studi che ho scelto, in ciò che amo: la Filosofia.
Sento già le risate ed i commenti di tutti Voi, nell’apprendere questa notizia: “Ma come, non vuoi lavorare?!” “Sei impazzita?! Non vuoi un futuro?!” “Ti rendi conto che morirai di fame”. Avete ragione tutti, le statistiche parlano chiaro. Sarebbe stato molto più comodo e materialmente utile scegliere di specializzarmi in un settore che offre, oggettivamente, più possibilità e occasioni di lavoro. Ma io ho scelto la cultura con il fine di diffonderla, convinta che quest’ultima sia necessaria tanto quanto un bisogno catastematico.
Ho dei pregi e tanti difetti. Mi piace principalmente la politica, tutto ciò che concerne l’arte, dal produrla al contemplarla e, soprattutto, aiutare chi è stato meno fortunato di me. La mia più grande fortuna è la mia famiglia. Approfitto per porgere loro le mie scuse pubblicamente, vista la mia scelta universitaria, di cui sopra. Ma mi avete tirata su a pane e ribellione; era inevitabile che, anche in questa occasione, avrei trovato il modo di incasinarmi la vita. Anche peggio dei miei capelli.
Credo in tante cose ma, più d’ogni altra cosa, credo che tutti debbano avere diritto di parola; e su questo precetto o proposizione universale affermativa, non si discute.
La cosa che però mi infastidisce è quando questo diritto viene utilizzato impropriamente, per promuovere sordide cause, con la unica finalità di aumentare la discriminazione e fomentare la guerra fra gli ultimi. La cosa che mi logora dentro è che certa gente fa parte del consiglio comunale della mia città (con le conseguenze che ne scaturiscono dalla presenza di questi consiglieri e dal loro potere decisionale) e che parlino senza conoscere minimamente l’oggetto in ossequiosa osservazione.
Ho avuto il privilegio e l’onore di partecipare al progetto “eState in campo”, due anni fa, quando ero ancora una ragazza che cercava il suo posto nel mondo, fervida preda di quel lavoro di maieutica caratterizzante l’adolescenza. Questo progetto, che esiste grazie a tante splendide persone che, dal 2004, si impegnano per regalare a noi ragazzi e ragazze un’esperienza di vita e di crescita ineffabile, consiste in un laboratorio giornalistico itinerante nei beni confiscati alla mafia.
E, proprio in un bene confiscato alla mafia, divenuto Sprar che, per una settimana, abbiamo vissuto, in perfetta armonia con gli ospiti richiedenti asilo. Parlo esattamente della struttura in oggetto nell’articolo allegato al post.
Più precisamente, noi partecipanti abbiamo inaugurato un piano di un edificio facente parte della struttura tutta, utilizzato per la prima ed ultima volta da noi ragazz*. Esattamente lo spazio, ad oggi inabitato, a cui è dedicato il bando in oggetto.
Per me è ancora difficile cercare di far fiorire in parola le emozioni che ho provato durante questa esperienza; ricordo ancora, appena arrivata, la sensazione di paura nel credere che non mi sarei integrata, il mio sentirmi fuori luogo in un ambiente che aveva una sua storia, una sua quotidianità, in cui tutti avevano un ruolo, in cui tutto era organizzato. Avevo così timore ti poter, in qualche modo, sconvolgere quell’equilibrio, in una realtà che non era certamente la mia. Ma, senza ombra di dubbio, non avevo alcuna intenzione di farmi paralizzare dalla paura, una paura vergine di indirizzo e orfana di causa. Perciò ho iniziato a conoscere, a scoprire, ad integrarmi. E questo anche grazie a tutti i miei compagni di avventura, che mi hanno spronata a farlo.
La bellezza delle nostre riflessioni filosofico-politiche e delle nostre disquisizioni su come migliorare, olisticamente e nella prassi, la realtà del nostro territorio, scolpisce ancora le mie alacri membra, inebriate dal ricordo di tutti quei discorsi echeggiare in quella struttura, ora presidio di legalità, oasi di senso.
Riuscite a cogliere quanta meraviglia?
La nuova generazione, i Millennials, additati dai più come archetipo del nichilismo, riuniti a discutere sulla fenomenologia della mafia, per cercare delle soluzioni, in terra di mafia per antonomasia, in un luogo dapprima appartenuto alla mafia. Ragazzi e ragazze italiani confrontarsi con le storie di ragazzi e ragazze stranieri, venuti perlopiù dal nord Africa, minorenni, ma con un trascorso che li ha resi adulti già da tempo immemore, con un’intelligenza fuori dal comune, volenterosi di costruirsi un futuro, che altrimenti non avrebbero mai potuto vivere. Un’opportunità immensa, che non si ferma solo a quella esperienza, in quanto oramai quel centro è accettato ed integrato nella comunità di Tuturano, come tutti gli ospiti. Un fiore cresciuto in mezzo al grigio e freddo asfalto.
Perché, dunque, non lasciare che questo fiore continui a crescere e a dare speranza a tutta la comunità?
Perché sradicare un fiore nato al netto di estenuanti sacrifici dettati da un terreno poco fertile?
La verità, Signori consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia, è che il terreno sarà, ad oggi, poco fertile, ma non è sradicando quel fiore che lo coltiverete. Non è seminando odio che renderete quel terreno fertile.
Vi invito a promulgare occasioni propedeutiche di crescita per la Città, invece di cercare invano di ostacolare i piani della nuova amministrazione, solo perché di sinistra. Vi posso assicurare che non è il centro Sprar di Tuturano il casus belli della dispersione scolastica.
Cordiali saluti,
Giorgia Gagliano Morelli.”
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