Nella trappola del gioco: la storia di Michele

BRINDISI- (Da Il7 Magazine) “Avevo 21 anni quando ho cominciato a scommettere, per 15 lunghi anni sono rimasto intrappolato nella rete del gioco. Poi in un attimo di lucidità ho raccontato tutto a mia moglie che mi ha preso per mano e mi ha aiutato. Da nove anni non mi avvicino più a nessun tipo di gioco, neppure alla tombola” è questa la storia di Michele (il nome è di fantasia) che oggi dopo essere uscito dal tunnel della ludopatia aiuta gli altri che combattono la febbre del gioco. Michele ha 46 anni, vive a Brindisi, e con la moglie gestisce un’associazione di giocatori anonimi, in pratica assieme all’aiuto di altri volontari che hanno il suo stesso trascorso mettono a disposizione la loro esperienza organizzando dei percorsi di recupero per la gente affetta da ludopatia.

“I nostri incontri si svolgono ogni mercoledì dalle 18 alle 20- spiega Michele- E’ possibile scegliere se frequentare il gruppo che si riunisce presso la chiesa di Iaddico o presso la parrocchia Giustino de Jacobis a Sant’Elia, qui c’è anche la possibilità di andare il sabato, stesso orario”.

Attualmente le persone che frequentano questi due gruppi di ascolto sono circa una ventina e la loro età oscilla tra i 40 e i 50 anni . Sono prevalentemente uomini ma nella realtà le statistiche raccontano che a giocare e scommettere ci sono anche tante donne.

“Il dato che abbiamo noi non è del tutto veritiero- dice Michele- ebbene che si sappia, la realtà è molto più preoccupante. Questo perché molta gente non è disponibile a farsi aiutare, ad ammettere di avere un problema. Il ludopatico, lo dico per esperienza personale, vive due vite parallele. Una è quella che mostra alla famiglia, una vita normale, fatta della routine quotidiana, casa, lavoro, amici. L’altra è quella del gioco, un’ossessione sfrenata che distorce le cose”. Spesso una moglie, o un padre non si rende conto di avere in casa un ludopatico sino a quando questa patologia non comincia a minare i rapporti e mette in difficoltà economica anche il resto della famiglia. Anche in quel caso, raccontano gli esperti, non tutti sono disposti ad ammettere di avere accanto un ludopatico. “Gli incontri di gruppo che organizziamo non coinvolgono solo la persona affetta da ludopatia ma anche la famiglia- dice Michele- ci si riunisce in due stanze separate: da un lato il ludopatico, dall’altro la sua famiglia. E’ un percorso complesso e lungo dal quale non si esce facilmente. Il ludopatico non guarisce mai del tutto ma può tenere sotto controllo la sua patologia e conviverci imparando a controllarsi. Lo faccio anch’io a distanza di nove anni. Io non gioco neppure a tombola”.

La ludopatia è stata riconosciuta quale disturbo patologico solo da qualche anno, dal maggio 2013 è stata inquadrata nella categoria delle cosiddette “dipendenze comportamentali”.

“Il ludopatico è furbo, sa nascondere bene le proprie magagne- dice Michele- sa come raggirare la gente per ottenere ciò che vuole. Il ludopatico ama il brivido del gioco e non immagina di avere un problema. In questi ultimi cinque anni di attività dell’associazione abbiamo incontrato circa centocinquanta ludopatici, in gran parte dei casi frequentano il gruppo di ascolto e poi interrompono le sedute dicendo di essere guariti, di non averne più bisogno. Ma la ludopatia è una dipendenza e come tutte le dipendenze è facile ricascarci”.

Dal gruppo dei GA, Giocatori Anonimi, emerge un altro aspetto sconcertante legato alla ludopatia, ossia chi gioca non sempre lo fa perché aspira a vincere o a cambiare la propria vita. Il ludopatico gioca anche per solitudine, per riempire un vuoto emotivo, sentimentale. Molte donne, spesso quelle di una certa età, pensionate, che magari vivono sole, hanno bisogno di giocare per colmare un vuoto, perché si sentono sole. Ma quello che inizialmente pensa possa essere un passatempo con il trascorrere dei giorni e con una frequentazione assidua si trasforma in un’ossessione. Alla fine ci si ritrova a giocare per dare sfogo alla compulsione che non si riesce a controllare.

“Il gioco è perverso e subdolo- dice Michele- cadere nella trappola della ludopatia è facile, uscirne, invece, è molto più difficile”. Oggi il gioco ha distrutto un gran numero di persone e soprattutto di famiglie, lo Stato invita al gioco consapevole, perché il gioco crea dipendenza, ma basta guardarsi intorno per accorgersi che siamo circondati dalle tentazioni, centri scommesse, slot machine sono le trappole di una malattia che ogni anno miete milioni di vittime in tutto il paese. E’ troppo semplice parlare delle persone affette da ludopatia come quelle che non riescono a controllare i propri impulsi, che sono pronte a dilapidare un patrimonio pur di dare sfogo alla propria dipendenza. Il gioco è un business ma è anche la malattia del secolo.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

1 Commento

  1. Intanto vorrei precisare che il fantomatico Michele dice di gestire che cosa una sala giochi.pagliacciate la nostra è una associazione di uomini e donne che mettono in comune la nostra esperienza x tenere a bada la malattia,noi non gestiamo come dice il fantomatico Michele è vero ci riuniamo in due stanze separate,ma la cosa più importante che non ci sono lider come sostiene il fantomatico ognuno di noi x il bene dell’associazione ha dei compiti tutto qui e poi vorrei dire al fantomatico Michele di non sbagliare sul nome dell’altra associazione perché chi legge capisce solo la sua gestione grazie

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