BRINDISI – Un incubo durato diversi mesi: minacce, molestie, sfociati anche in comportamenti violenti tanto da indurre la vittima a recarsi per ben due volte in ospedale e farsi medicare, in un episodio anche con una prognosi di sette giorni. Il presunto stalker, un 46enne brindisino, due giorni fa è stato raggiunto da un’ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi frequentati dalla vittima.
Una storia sentimentale travagliata. A volte violenta. Giorno dopo giorno tutto era diventato un tormento. I due erano ritornati insieme da un anno e mezzo, ma a quanto pare la situazione è degenerata da subito. Prima la gelosia, poi le molestie. La donna alla fine non ce l’ha fatta più, ha deciso di interrompere la relazione sentimentale e ha chiesto aiuto alla polizia. Il presunto stalker avrebbe causato alla vittima una stato d’ansia tanto da farle cambiare le sue comuni e più banali abitudini.
Nel caso, la sequela di eventi di natura persecutoria che ha interessato la vittima, così come accertato dagli investigatori, e le conseguenti condotte poste in essere dal 46enne ritenuto il presunto autore dei fatti rilevati, sono state oggetto di documentazione e ricostruzione da parte degli operatori della Squadra Mobile, guidati dal vice questore Antonio Sfameni. Le condotte reiterate sono state documentate sino allo scorso primo ottobre. Gli accertamenti hanno così rilevato e delineato l’ipotesi di reato quali atti persecutori (stalking) e lesioni personali.
Il tutto è stato così segnalato alla Procura della Repubblica di Brindisi, che ha poi comportato il pm Simona Rizzo, dopo aver vagliato le risultanze d’indagine e condiviso il quadro indiziario, ad attivare tempestivamente l’interruzione di tali comportamenti attraverso la formulazione, di una richiesta di divieto di avvicinamento alla vittima.
Il gip, Stefania De Angelis, ha così accolto la richiesta del pm, e ha emesso l’ordinanza di applicazione a carico del 46enne brindisino. L’uomo non potrà avvicinarsi alla vittima e nemmeno ai luoghi da lei frequentati mantenendo una distanza di almeno 500 metri e non potrà nemmeno comunicare con lei neppure in forma scritta o via telefono/cellulare e internet.
Nonostante gli sforzi fatti nel tempo, i casi di molestia, di maltrattamento, gli atti persecutori non diminuiscono, non accennano ad essere banditi e spesso sono anche oggetto di una sorta di giustificazione, soprattutto quando avvengono tra le mura domestiche: cosa che rende estremamente difficoltoso riuscire a scoprire i casi che giornalmente si consumano.
Le denunce non sono mai tantissime e ciò per i motivi più svariati: il terrore delle vittime di una ritorsione, preoccupazione di sciogliere un vincolo familiare o relazionale cui si tiene particolarmente nonostante le umiliazioni e le vessazioni subite, timore di perdere i figli e tanto altro.
In questo settore tanto fanno però le unità specializzate della Polizia di Stato che, attraverso operatori qualificati e dotati di particolare sensibilità ed esperienza nel settore, riescono ad affrontare difficili percorsi investigativi fatti di delicati approcci con le vittime che, solo se accolte in un ambiente favorevole, riescono ad aprirsi ed a fornire quei dettagli che, seppur sgradevoli e dolorosi per le stesse interessate, risultano di assoluta rilevanza per le indagini e per la cristallizzazione di quel quadro probatorio assolutamente necessario per determinare un intervento, investigativo e giudiziario, che possa garantire al meglio le persone offese dalla tipologia di reati in argomento.
Lo stesso Capo della Polizia, in una sua ancora attuale direttiva, ha sensibilizzato tutte le articolazioni della Polizia di Stato a porre una maggiore attenzione a tutti quegli indicatori che possono rivelare comportamenti di natura violenta e vessatoria nei confronti delle donne e di tutte quelle categorie di soggetti rientranti nelle ccdd. fasce deboli, proprio per la particolare vulnerabilità che le contraddistingue.
Mar.De.Mi.
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