BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Un brindisino tra i 120 migranti ospiti del dormitorio di via Prov.le San Vito. Si chiama Antonio Almiento ha 64 anni, non ha una famiglia, non ha un lavoro, e, ovviamente, non ha una casa. Da dieci anni l’unico tetto che ha sopra la testa e sul quale può fare affidamento è quello del dormitorio. Vive in un enorme stanza con ragazzi ghanesi, africani e marocchini, ma per lui non è un problema perché Antonio è una persona pacifica e va d’accordo con tutti. “Basta conoscerli- dice- una volta che sei diventato loro amico è fatta. Nessuno mi ha mai dato fastidio o creato problemi, sono bravi ragazzi”.
La storia di Antonio all’interno del dormitorio comincia dieci anni fa quando all’improvviso la casa nella quale abita, in via Nicola Antonio Cuggiò, pieno centro storico, crolla. E’ un miracolo che Antonio non sia presente, ma la casa, in pratica, è rasa al suolo e lui non ha più un posto dove andare. Antonio è solo, non ha parenti a Brindisi che possono ospitarlo e tra l’altro non lavora, così all’improvviso si ritrova in mezzo a una strada.
“Non sono mai stato sposato e non ho mai avuto vicino una famiglia. Ho solo due fratelli che vivono a Parigi- racconta- uno di loro mi ha detto vieni, ma io non me la sono sentita”.
Antonio così resta a Brindisi e il primo anno lo trascorre in alloggi di fortuna sino a quando, con i pochi effetti personali che gli restano, si trasferisce nel dormitorio.
“Non pensavo di finire così. Per trent’anni ho sempre lavorato, ho fatto il cuoco nei più grandi ristoranti di Europa- dice- ho viaggiato tanto. Poi per problemi di salute mi sono dovuto fermare e sono tornato a Brindisi, la mia città. Avevo la casa, che mio padre aveva lasciato a me e ai miei fratelli, e sono andato ad abitare lì. La casa però era vecchia e un giorno è caduta giù”.
Antonio dopo aver perso casa fa subito domanda al Comune di Brindisi per ottenere un alloggio popolare, l’uomo è anche sofferente, ha un problema serio con l’asma, ma nessuno sembra importarsene.
Nel frattempo trascorrono gli anni e Antonio è costretto, suo malgrado, ad adeguarsi. Alloggiare al dormitorio non è semplice ma lui è uno che si adatta, è tranquillo e sa stare per i fatti suoi. Anche oggi a distanza di dieci anni Antonio continua a fare sempre le stesse cose, esce al mattino molto presto, intorno alle sette, fa qualche giro vicino ai supermercati e poi va in una pasticceria dove cerca di rendersi utile in cambio di qualche spicciolo.
“La pasticceria è di un mio amico che mi fa stare nel retrobottega a dare una mano- racconta Antonio- trascorro gran parte della giornata li, esco fuori per strada solo quando deve friggere le graffe, soffro d’asma e non respiro. Mi sento male. Quando poi finisce rientro”.
Ma la giornata di Antonio non finisce qui, perché l’uomo fa anche la spesa su commissione a quattro signore che per motivi diversi non possono uscire da casa. “Sono tanti anni che le conosco e loro si fidano di me- dice Antonio- ogni giorno vado a fare la spesa al posto loro”.
Tra la pasticceria e la spesa per le signore Antonio riesce a racimolare qualche decina di euro al giorno, il necessario per garantirsi l’indispensabile per sopravvivere. I pasti, pranzo e cena, li consuma alla Caritas diocesana dove tutti gli vogliono bene.
Antonio è una persona dal viso dolce, parla quasi sottovoce e si presenta in abiti puliti e ordinati.
“Non ho mai mangiato al dormitorio- confessa- i ragazzi che abitano lì cucinano ma io preferisco stare fuori e poi l’odore e il cibo che preparano non mi piace”.
Così Antonio rientra solo la sera al dormitorio, non prima delle dieci. Dopo aver consumato la cena alla Caritas fa un giro per il centro e poi si ferma in un bar a pochi passi dal dormitorio dove scambia due chiacchere con la banconista e con gli avventori del locale.
“Vorrei tanto riuscire ad avere un alloggio popolare- dice attraverso gli occhiali scheggiati- non chiedo altro. Sinceramente non so se prenderò una pensione ma per il momento vorrei solo una casa. Aspetto da dieci anni di poter avere una casa. Nella graduatoria del Comune sono primo da tanto tempo ma non sono mai stato chiamato”.
Antonio è una persona ragionevole ed è convinto che con la prepotenza non si ottenga nulla: “Qualche volta ho fatto casino al Comune, mi sono arrabbiato perché vedevo che altra gente aveva la casa e io no. Ma nonostante questo non sono uno di quelli che va ad occupare abusivamente gli appartamenti. Non sono una di quelle persone. Sono uno onesto, queste cose non le faccio. La forza non serve a niente”.
Antonio non reagisce neppure quando presentando una domanda di sussidio qualche giorno fa nell’ufficio dei servizi sociali del Comune di Brindisi gli rispondono che lui non esiste tra le schede anagrafiche.
“Quando l’impiegata mi ha detto così io le ho risposto: e che sono morto- sorride- assurdo. Poi abbiamo capito che il problema era perché ho la residenza a piazza Matteotti, al Comune. Quando ho rifatto la carta d’identità qualche anno fa, l’impiegato mi disse che non poteva mettere la via del dormitorio così ha messo quella del Comune. E ora mi trovo anche con questo problema”.
La mancanza di un alloggio, lo stato di indigenza è una condizione molto comune nel nostro territorio tanto tra i brindisini quanto tra gli immigrati, anzi, a dirla tutta, nel dormitorio di via Prov.le San Vito gran parte degli ospiti stranieri ha un regolare contratto di lavoro e un regolare stipendio. Antonio Almiento, purtroppo, non ha neppure quello e l’età non è certo dalla sua parte. Il suo desiderio, dopo una vita di sacrifici, è quello di poter trovare un luogo dignitoso dove trascorrere la sua vecchiaia.
“Non voglio lamentarmi- dice- ne posso dire che qualcuno mi tratta male ma il dormitorio non è una casa e io non desidero altro che averne una”.
Lucia Pezzuto per Il7 Magazine
Grande uomo,cordiale con tutti…gli voglio un mondo di bene..vi prego aiutiamolo
Era tanti anni fa il miglior cuoco dell’enel di costa morena e mi dispiace molto la sua storia era generoso con Tutti,se chiedevi qualcosa in più la dava, speriamo che il comune sia generoso con lui,no si merita questo