INTERVENTO/ Quante volte si può scrivere un articolo prima di esserne veramente soddisfatti. Varie. E vari sono stati i tentativi di redigere questo intervento. Non per opportune limature o omissioni che si è voluto colmare ma perché è difficile parlare di questo argomento; e non perché sono un uomo ma perché tutto ciò che ruota intorno, al ‘femminicidio’, assume ogni giorno diverse sfumature.
Partiamo dal termine stesso. La psicologa Isabella Bossi Fedrigotti, in un articolo del 2012, invitava a non parlare più di ‘femminicidi’ in quanto “questo rischia di farli subito intendere come minori, meno gravi dei normali omicidi. Nel codice si chiamano “uxoricidi”, ma uxor è la moglie, non la fidanzata, l’ex fidanzata, la convivente o la ex convivente […] le parole contano, ed è pericoloso usarle con leggerezza perché possono modificare la percezione”.
Con la Bossi Fedrigotti concordò all’epoca la giornalista, scrittrice e politica Barbara Spinelli che commentò: “Il termine ‘femminicidio’ suona cacofonico, e molti a sentirlo storcono il naso, perché rimanda all’idea sprezzante della latina ‘femina’, l’animale di sesso femminile”.
A questo punto la confusione sull’uso del termine è aumentata e sono ricorso a un dizionario on-line (www.treccani.it alla voce ‘femminicidio’ di Valeria Della Valle) che spiega che il termine in questione esiste nella nostra lingua dal 2001, che “fino a quell’anno” come affermava la Bossi Fedrigotti “l’unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era uxoricidio. Ma uxoricidio […] alludeva per l’appunto solo all’uccisione di una donna in quanto moglie e veniva esteso anche agli uomini, quindi al coniuge in generale”.
Assodato dunque che la parola esiste, possiamo associare ad essa altri fenomeni sociali che determinano lo svilimento della figura femminile a tutto vantaggio del maschio? Sembrerà prosaico, ma vogliamo parlare di ‘quote rosa’? Lo faccio confortato dall’illuminato intervento della giornalista politica Angela Mauro, che, in un articolo del 2014 si dichiarava contraria alle quote rosa nelle liste elettorali perché sintomo dell’arretratezza culturale del nostro paese, perché “parità e diritti sono ancora oggetto di discussione, come se fossero discutibili, come se non avessero a che fare con il sano concetto di uguaglianza, come se fossimo ancora nel Medioevo della caccia alle streghe e non in un’epoca comunque posteriore alla Rivoluzione francese. Sostenere che abbiamo bisogno di una legge sulle quote rosa proprio per via di questa arretratezza culturale, è argomento che non mi convince. Soprattutto quando si prendono in considerazione percentuali diverse dal 50% di uomini e 50% di donne in lista.
Tutto dunque si riduce, come dice la Mauro, a uomini-donne, bianchi-neri, ricchi-poveri.
Qual è dunque il punto. Il punto è che una donna, così come un uomo, una madre così come un padre o, se vogliamo essere più cacofonici, una femmina così come un maschio, si possono uccidere in tanti modi. E qui mi viene in soccorso il recentissimo fatto di cronaca di Goro e Gorino, nel ferrarese, i cui abitanti si sono opposti all’accoglienza di dodici donne profughe di cui una incinta. Non è questo un ‘femminicidio’? Perpetrato da donne e uomini? Da cittadini. A nulla è valso, da parte di una di loro, il mostrare le cicatrici delle torture subite. A nulla è valso a chi guardava indifferente, l’essere un cittadino di un paese civile.
Il 25 novembre, si celebrerà la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Dalle pagine di questa testata giornalistica si è fatta esplicita richiesta all’attuale amministrazione, di costituire una Commissione per le Pari Opportunità ‘un importante organismo assente dall’agenda politica del Comune di Brindisi dai tempi dell’amministrazione Mennitti’, un organismo necessario che annulli tutte le dicotomie, la più faziosa delle quali è proprio quella maschio/femmina. Così come fazioso è il termine ‘femminicidio’.
Citando Virginia Woolf che già nel 1928 lo scriveva nel romanzo Orlando: “I sessi, è vero, sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti a serbare l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale”.
Ecco, quando si uccide qualcuno, uomo o donna che sia, è l’opposto che si uccide. Mentre quello che resta è la superficialità.
Angelo Rizziello
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