Rischia di perdere un braccio dopo un incidente, in Ortopedia glielo ricostruiscono

BRINDISI- Finisce con la moto sotto un camion e rischia di perdere un braccio, l’equipe del reparto di Ortopedia dell’ospedale Perrino di Brindisi glielo ricostruisce. Angelo Cisaria, 58 anni di Ostuni, può considerarsi una persona fortunata ben due volte: la prima per essere sopravvissuto ad un terribile incidente stradale, la seconda per aver recuperato un braccio le cui ossa, in pratica, non esistevano più. “Era il primo luglio del 2022 -racconta Angelo- quando in sella alla mia moto stavo percorrendo la strada che da Villanova porta ad Ostuni. Era presto, erano le 7.30 del mattino circa quando arrivato all’uscita  dell’ultima rotatoria a  pochi passi dalla città mi sono ritrovato all’improvviso davanti ad un camion parcheggiato per strada. Non l’avevo proprio visto, anche perché in curva non era possibile notarlo così  non l’ho potuto evitare”. L’impatto è violento ed Angelo finisce sotto il mezzo pesante. Nell’immediato quasi non si rende conto di quello che è accaduto ma sente un dolore lanciante al braccio, ancora stordito ma con un briciolo di lucidità resta piegato per terra , immobile ed aspetta i soccorsi. “Quando sono andato a sbattere contr il camion, l’unica cosa di cui mi sono reso conto è che mi ero fatto male al braccio- dice- Mi sono adagiato per terra ed ho cercato di non muovermi aspettando i soccorsi. Poco dopo è arrivata l’ambulanza del 118 che mi ha condotto in ospedale”. Il 58enne viene portato presso il Pronto Soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi e sin da subito i medici della Medicina di Urgenza ed Emergenza rilevano una brutta frattura scomposta, esposta e frammentata al braccio destro. “Non è stato bello sentirselo dire ma meglio così che peggio- dice con franchezza Angelo- Così mi hanno trasferito nel reparto di Ortopedia e qui mi hanno comunicato che sarebbe stato necessario operare subito  perché avendo una frattura esposta non si poteva aspettare, c’era il rischio di infezioni. In realtà poi ho dovuto aspettare qualche ora perché si era presentata un’altra urgenza ancora più grave della mia. Quando  mi hanno operato mi hanno immobilizzato il braccio con dei fissatori esterni perché sul momento l’intervento di innesto delle ossa  che ho fatto adesso non lo potevano fare. Ed invece  era necessario che i tessuti molli  e le ferite si rimarginassero”. Il post operatorio per Angelo non è stato per nulla semplice, per mesi ha dovuto convivere con dei fissatori esterni e cercare di prendersi cura si sé nonostante non potesse usare il braccio destro. “I fissatori li ho portati per quattro mesi e mezzo , poi me li hanno tolti ma ho dovuto aspettare un altro po’ per l’intervento perché anche lì si dovevano rimarginare i tessuti- racconta- Ho portato il gesso per altri due mesi e poi finalmente è arrivato il momento di fare l’intervento. Oggi mi hanno messo a posto”. L’operazione  è stata eseguita dall’équipe del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, diretto da Gianfranco Corina, un complesso intervento di ricostruzione dell’avambraccio. Come ha spiegato lo stesso Angelo, in prima battuta,  è stato applicanto il protocollo del damage control, una strategia utile a stabilizzare nell’immediato le fratture riportate per poi ritrattarle chirurgicamente in modo definitivo non appena le condizioni cliniche lo consentano. Contestualmente  la frattura pluriframmentaria dell’ulna e del radio, entrambi rotti in tre punti, è stata  trattata applicando fissatori esterni per mantenere asse e lunghezza dei frammenti ossei e far guarire i tessuti molli gravemente danneggiati. “A distanza di sei mesi dal trauma – ha spiegato il direttore del Reparto, Gianfranco Corina – i tessuti molli risultavano guariti mentre le fratture multiple delle ossa presentavano pseudoartrosi, ossia la mancata consolidazione dell’osso. Dal 2017 a oggi, nell’ospedale Perrino sono stati trattati 145 casi di mancate guarigioni ossee su pazienti provenienti da più parti d’Italia, rendendo la struttura uno dei maggiori centri regionali per il trattamento della pseudoartrosi”. La pseudoartrosi è una complicazione tardiva determinata dall’interruzione dei normali processi di guarigione della frattura. Deve essere considerata una vera e propria malattia, influenzata da problemi intrinseci del paziente (fattori metabolici, ormonali) ed estrinseci (caratteristiche del trauma e del trattamento chirurgico adottato). “La pseudoartrosi – prosegue Corina – rappresenta una sfida per il chirurgo ortopedico. La complessità della patologia può in alcuni casi portare addirittura all’amputazione del segmento scheletrico colpito”. Fortunatamente Angelo non ha avuto di queste complicanze nonostante qualche timore lo avesse. “Non ho mai avuto paura di affrontare l’intervento, l’unica remora era che trascorrevano i mesi e temevo che il braccio non potesse più tornare come prima. La gente mi diceva di andare altrove, di consultare altri medici. Ma io sono rimasto a Brindisi perché avevo fiducia nel primario e nel reparto intero- racconta- Le dita le muovevo ma non più di tanto, ancora adesso mi riesce difficile, mi sforzo. Nei prossimi giorni avrò un nuovo controllo e mi diranno se dovrò fare fisioterapia. Dall’85 lavoro come agente di commercio per la Folletto. In questi mesi inizialmente non potevo lavorare, ho imparato ad usare la mano sinistra per forza di cose. La vita di tutti i giorni si è complicata. Ma io ho sempre cercato di andare avanti e sorridere, poteva andare molto peggio, sono stato fortunato. In altri tempi  il braccio lo avrei perso ed invece  i medici sono riusciti a recuperarlo, non so come ma ci sono riusciti. So che mi hanno prelevato l’osso dal perone ed un altro di cui non so.  Voglio ringraziare il primario, persona molto professionale, l’équipe, il reparto e tutti. Secondo la mia esperienza posso dire che hanno fatto il massimo se non di più”. In realtà per Angelo è stato effettuato il trapianto eterologo , ossia con l’utilizzo un osso proveniente da un donatore, acquisito dalla Banca dell’osso di Bologna,  ed uno autologo quello si preleva un segmento scheletrico del paziente, quello che Angelo dice l’osso del perone. In particolare per questo eccezionale intervento di ricostruzione dell’avambraccio sono state applicate placche e viti in titanio, eseguendo un triplo trapianto: due trapianti eterologi ed uno di osso omologo, prelevato dal perone dello stesso paziente, per colmare una perdita di sostanza ossea dell’ulna. “Come spesso capita, grazie alla squadra che mi supporta, colleghi medici, infermieri e tutte le altre figure professionali che ho la fortuna di coordinare – ha concluso Corina – siamo riusciti in qualcosa di straordinario. Le condizioni del braccio del paziente erano molto serie e il rischio di una non perfetta guarigione elevato. La strategia adottata in questo caso ci ha permesso di ottenere un ottimo risultato, con grande soddisfazione nostra e del paziente. La sintesi stabile e il trapianto d’osso da donatore o da un altro arto dello stesso paziente rappresentano le tecniche più moderne per migliorare le proprietà meccaniche e fornire uno stimolo biologico a livello del sito di pseudoartrosi. In casi particolari come questo, i due tipi di trapianto sono eseguiti in maniera combinata nello stesso paziente”.

Lucia Pezzuto per Il7Magazine

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*